1899 – 1978
Dotato del naturale fascino francese, fu interprete ideale di melodrammi appassionati e romantici, ma nello stesso tempo si dimostrò capace di ironizzare, in alcune riuscite commedie, su quegli stessi ruoli che gli avevano garantito il successo. Con il passare degli anni i personaggi che gli vennero affidati furono quasi costantemente quelli del maturo seduttore, che scelse di interpretare rovesciando il fascino di un tempo in una parodia garbata e, a tratti, malinconica.

Nato a Figeac, in Francia, il 28 agosto 1899 da una famiglia agiata, sin da bambino mostrò una profonda attitudine per la recitazione. Dopo aver compiuto gli studi secondari, si trasferì a Parigi nel 1918 per frequentare i corsi di filosofia alla Sorbona. Ben presto, però, trascurò gli studi universitari per seguire le lezioni di Roger Düflos al Conservatorio d’arte drammatica. Debutta in teatro (che resterà la sua grande passione), ottenendo notevoli successi, ma il talento e la simpatia accattivante, che sulle scene gli avevano consentito di stabilire un immediato contatto con il pubblico, gli permisero ben presto di affermarsi anche al cinema, soprattutto con l’avvento del sonoro che valorizzò la sua voce dai toni caldi e sensuali, aprendogli le porte di Hollywood.

Malgrado i primi film interpretati non fossero particolarmente significativi, il pubblico statunitense, in particolare quello femminile, venne conquistato dalla sua galanteria garbata che univa al fascino dello ‘straniero’ un’ironia raffinata. Fu così il protagonista di storie d’amore dolorose e tormentate dai tradimenti. Era capace di padroneggiare la scena, ma anche di arretrare in secondo piano per lasciare spazio alle partner più carismatiche, come fece al fianco di Marlene Dietrich e Greta Garbo rispettivamente in Anime del deserto (1936), dalle esotiche atmosfere, e Maria Walewska (1937) in cui impersonava Napoleone Bonaparte.

Lo scoppio della Seconda guerra mondiale lo aveva sorpreso in Francia: l’attore dapprima si arruolò nell’esercito per combattere contro i tedeschi, ma poi, di concerto con lo stesso governo francese, tornò negli Stati Uniti per svolgervi un’azione diplomatica. Quindi, di nuovo a Parigi, con l’occupazione della Francia da parte di Hitler abbandonò la città per raggiungere De Gaulle a Londra nel giugno del 1940. Tornato a Hollywood proseguì la sua attività di mediazione culturale e di impegno politico. Tra i film interpretati in quegli anni spicca Angoscia (1944) di George Cukor, al fianco di Ingrid Bergman, in cui Boyer offrì un’intensa prova ammantando di ambiguità ogni gesto nella parte del marito premuroso, in realtà deciso a far precipitare nella spirale della pazzia la ricca moglie.

In quel periodo volle infatti conferire uno spessore più drammatico alle sue interpretazioni, come nel caso del cupo e claustrofobico Arco di Trionfo (1948), di nuovo accanto alla Bergman. Nello stesso tempo fu perfetto nella commedia di Ernst Lubitsch Fra le tue braccia (1946), nel disegnare la figura dell’intellettuale esule politico polacco, accentuando sino al sarcasmo i toni ironici. Negli anni Cinquanta recitò sempre più di frequente in solide parti di caratterista in cui, dietro i consueti modi garbati, affioravano spesso lievi punte di cinismo. In seguito continuò ad alternare parti più decisamente drammatiche come ne La prima legione (1951) di Douglas Sirk, La tela del ragno (1955) di Vincente Minnelli, e I quattro cavalieri dell’apocalisse (1962), sempre di Minnelli, ad altre lievi e sorridenti come in Paris, Palace Hôtel (1956) di Henri Verneuil, Come rubare un milione di dollari e vivere felici (1966), di William Wyler, e A piedi nudi nel parco (1967) di Gene Saks.

Di notevole rilievo le sue due ultime interpretazioni. Alain Resnais volle infatti affidargli una figura chiave nel suo Stavisky, il grande truffatore (1974), offrendogli il ruolo del conte Raoul, tenacemente legato al protagonista (Jean-Paul Belmondo), ma anche suo significativo e amaro doppio. Fu invece Minnelli tre anni dopo a dirigerlo nel crepuscolare Nina (1976), dopo tanto tempo nuovamente accanto a Ingrid Bergman. E questa fu la sua ultima apparizione sullo schermo.
Uomo di notevole cultura, era anche poliglotta: oltre a parlare perfettamente inglese e francese, conosceva bene il tedesco, lo spagnolo e l’italiano.

In preda a una crisi depressiva, derivata inizialmente dalla perdita dell’unico figlio, morto suicida nel 1965 per una delusione amorosa, e poi dalla morte per cancro dell’amatissima moglie, Charles Boyer si suicidò il 26 agosto 1978, due giorni dopo la scomparsa della moglie, e due giorni prima del suo settantanovesimo compleanno.

«Che proprio io mi sia innamorato a prima vista, è stata la vendetta più deliziosa della vita su uno sciocco supponente»
FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal
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Buongiorno 1 Vado a recupere Angoscia
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Bravo, mi raccomando.
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Una vita così colorata, ed un finale così tragico.
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Davvero sfortunato purtroppo.
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Buongiorno Raffa…..che vita eh?
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Buongiorno Paola.
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Con una vita così intensa, probabilmente, invecchiare solo e senza interessi non gli interessava. E io lo capisco…
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Ci sono dolori che non si riescono a sopportare, non da soli almeno. Lo capisco anch’io.
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Eh purtroppo la perdita di un figlio credo sia davvero insopportabile se poi arriva anche la perdita della moglie… si sarà sentito troppo solo a sopportare anche il perso dei suoi anni che avanzavano… Buon proseguimento di giornata cara Raffa 🌺
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Buona serata, Giusy, e grazie del passaggio 🏵️
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