Abbandonando per la prima volta i suoi stili preferiti, in particolare il thriller, Michael Mann si getta anima e corpo nell’analisi della storia degli Stati Uniti. In effetti, dopo avere firmato film polizieschi come Strade violente e Manhunter – Frammenti di un omicidio, non ci si aspetterebbe di vedere Mann alle prese con un film storico. Ma L’ultimo dei Mohicani non è semplicemente un film in costume, è soprattutto un film d’azione, in cui si avverte in ogni inquadratura che il regista si è appropriato del romanzo di Cooper per farne un lavoro personale che produce un risultato sbalorditivo, molto al di là dell’epopea del romanzo. In realtà il suo film è solo vagamente ispirato al libro, e si basa piuttosto su un altro film tratto da Cooper, Il re dei pellerossa, del 1936. Ma ne cambia ulteriormente la storia.

Siamo in Nord America, nel 1757: mentre infuria la guerra tra francesi e inglesi per l’appropriazione dei territori indiani, un giovane ufficiale inglese, Duncan Heyward, viene incaricato di guidare due sorelle, Cora e Alice Munro dal padre. Il territorio non è sicuro e il gruppo cade in un’imboscata della feroce tribù degli Uroni, ma viene salvato da alcuni Mohicani, tra cui il bianco Occhio di Falco, rimasto orfano da bambino e allevato da Chingachgook insieme a suo figlio Uncas. I tre uomini accettano di scortare le due giovani ragazze fino alla loro destinazione.

Durante questa corsa attraverso territori selvaggi e sconosciuti, Occhio di falco e la giovane Cora avranno modo di conoscersi e di imparare a capire l’uno il mondo dell’altro, fino ad innamorarsi. Dovranno superare ostacoli di ogni genere, compresi i pregiudizi di entrambe le loro culture, e pagheranno un prezzo molto alto per la loro libertà. Ma, a dispetto di Hollywood, il vero protagonista non è tanto l’amore, quanto il percorso quasi metafisico di Occhio di Falco, che attraversando territori in cui non si può considerare a casa da nessuna parte, dovrà difendersi dal tradimento dei coloni inglesi, dall’invasione dei Francesi e dagli attacchi dei terribili Uroni, in cerca di un’identità che non riesce a trovare.

Mann realizza un film dal ritmo molto classico, nel suo alternarsi di azione e dialoghi, ma percorso da una tensione continua, espressa dal continuo movimento, attraverso la corsa, le cadute violente, gli attacchi improvvisi; pochi sono i momenti di stasi, e sempre percorsi da un senso di instabilità permanente che, in definitiva, rimanda alla condizione di Occhio di Falco, e più in generale, alla fragilità della vita umana. Anche le grandi scene d’azione, come l’attacco al forte, sembrano confuse, frammentate, impossibili da percepire realmente. In fondo il film lascia un ricordo nebuloso e confuso, di una fuga verso una luce che si ritrova solo alla fine, limpida, spettacolare, maestosa, e che si raggiunge solo a prezzo di una grande crudeltà.

La morte in fondo è il vero vincitore, come in una tragedia. Il lieto fine può esistere solo parallelamente alla distruzione dei singoli e dei popoli. Il regista è a suo agio anche nella ricostruzione molto attenta dei dettagli, che aumentano l’intensità della storia, rafforzandone l’impressione di autenticità. La musica certamente contribuisce, con la sua miscela di sinfonico e celtico, a rendere lirico l’insieme, ma è soprattutto nella messa in scena e nel montaggio che il film assume la sua piena dimensione. Mann raccoglie la sfida di soddisfare le aspettative dei grandi film d’avventura hollywoodiani, raccontando con un ritmo vertiginoso il lungo viaggio dei personaggi, alternato a imboscate, brevi ma feroci scontri nei boschi, nelle radure e tra le rocce, e la strenua difesa del forte.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, questa quarta versione cinematografica del romanzo di Cooper non è un’apologia revisionista della storia americana, come il politicamente corretto Balla coi lupi, ma un western che mescola romanticismo e avventura, combinando il respiro epico della storia con la grandiosità visiva dei paesaggi naturali, senza sopraffare la narrazione. E trova in Daniel Day-Lewis un interprete più che credibile: l’immagine accattivante dell’agile e aggraziato Mohicano bianco che corre furtivamente attraverso la foresta è il motivo ricorrente del film, mentre le sue osservazioni, occasionalmente impertinenti, sono l’unico legame del film con una sensibilità moderna.

È lui che personifica la forza di principio e il fascino romantico dell’uomo di frontiera, indifferente al materialismo e all’imperialismo, ma sensibile al fascino di Cora. Lui e la Stowe, che interpreta l’esuberante figlia del generale bianco, estasiata da questo eroe di frontiera, sono una coppia che proviene da mondi diversi ma condivide un’anima comune.
Sicuramente diverso dal romanzo originale di Cooper, il film di Mann ne mantiene parte della drammaticità, ed è comunque abbastanza realistico da suscitare una reazione critica, e abbastanza romantico da ricordare che è solo un film. Ma è soprattutto spettacolare, un grande spettacolo di musica e immagini che incanta e travolge: in fondo è quello che si chiede a un film.
E per chi fosse interessato a un approfondimento sulla colonna sonora: forse non tutti sanno che…
Complimenti a Gianni del blog taqamkuk, Alessandro Gianesini ovvero loscribacchinodelweb, Francesca di faminore, Silvia di comecerchinellacqua, Antonio di austindoveblog, e Farida de la borsetta delle donne che hanno indovinato.
Grazie, adesso posso pubblicare il mio post quotidiano 😉
Buona domenica.
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Verrò a vedere, sono curiosa. Buona domenica
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Buon giorno +Bella la tua recensione. Sul film ni
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Nel senso che non ti è piaciuto?
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Non tantissimo
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E Daniel non ti ha chiesto scusa?
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Ah ah ah Ho preferito cento volte Balla coi Lupi.
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Chissà perché, me l’aspettavo
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da vedere solo al cinema
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Diciamo che Balla coi lupi, almeno una volta va visto. L’ultimo dei mohicani lo posso rivedere più volte senza stancarmi. Questione di gusti.
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L’ultimo dei mohicani o il film ?
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Rido.
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Volendo ancora
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Guarda meglio
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se puoi
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Ci sei ?
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Sì. Figlia è uscita
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bene
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anche tu
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No, non sono uscita, volendo.
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Sono ancora qui
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Nontirare attende
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A me è piaciuto il film 😉
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Anche a me
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quindi l’ultimo dei mohicani è l’orfanello?
che nome strano però, non c’entra molto con il protagonista in se
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Il nome strano sarebbe Occhio di Falco? Forse aveva a che fare con la sua mira… E comunque l’ultimo dei Mohicani è il vecchio Chingachgook, dopo aver seppellito il figlio.
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no il titolo del film intendevo xD
ah ok, nn devo aver letto la trama con molta attenzione sorry, mi sono concentrato più che altro a capire se il mohicano fosse il protagonista
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🙂
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Un film spettacolare la cui colonna sonora fa parte della mia playlist da quando è uscito.
😊
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Si può ascoltare in continuazione, senza stancarsi
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Trevor Jones è stato semplicemente Fantastico! 😊
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Me lo devo rivedere: è passato parecchio tempo dall’ultima volta…
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Ripassa ripassa…
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😜
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Videocassetta prima, DVD dopo e Blu-Ray successivamente. Questo per dire quanto questo film non mi sia piaciuto: di più. Per non parlare poi della colonna sonora assolutamente magistrale. Un vero e proprio capolavoro, almeno per quanto mi riguarda 🙂
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Concordo pienamente. Anche io ho il Blu-Ray
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Brava, si colgono meglio le scene rispetto a quanto si poteva fare con le VHS allora.
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Sicuramente
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Stupendo film (seppur con gran diversità rispetto al romanzo a cui è ispirato) e stupenda colonna sonora. Entrambi che non stancano mai. Buona domenica.
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Buona domenica anche a te.
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Bellissimo!
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Anche di più!
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Grazie per aver inserito il link al mio post. Purtroppo ha avuto un effetto negativo>: oggi il mio blog ha avuto il minor numero di visualizzazioni degli ultimi mesi… Ma non pensare che voglia dartene la colpa, tu non c’entri e io non sono superstizioso 🙂
Buona notte.
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Magari andrà meglio negli altri giorni, tanto il link resta lì. Comunque ho visto che in questi giorni non sempre gli articoli escono sul Reader, il tuo l’ho dovuto cercare.
Buona notte
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C’est un film que j’adore, et j’aime encore plus le livre de Fenimore Cooper !
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Je l’aime aussi 🙂
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