Il finale di Game of Thrones

Pubblico questo articolo, che a suo tempo avevo scritto per una rivista online, quando ancora non avevo il blog. Esprimevo qui il mio punto di vista sul finale della serie, in risposta alle tante critiche, a volte assurde, spesso offensive, rivolte alla stagione finale. Ora attendo il vostro parere nei commenti.

Quando una serie ha un così vasto pubblico e un così grande successo a livello planetario, è facile che il finale deluda qualcuno, ed è praticamente impossibile che accontenti tutti, perché ognuno ha in mente un suo finale che vorrebbe veder realizzato. Anche io, sinceramente, immaginavo una cosa diversa.
Ma, detto questo, non sono assolutamente d’accordo con le critiche, a volte feroci, che sono state mosse all’ultima stagione.

Ho trovato il secondo e il terzo episodio molto coinvolgenti, emozionanti, ricchi di pathos, spettacolari e al tempo stesso realistici, per quanto ovviamente possa essere realistico uno scontro con gli zombie. La vigilia della battaglia offre momenti toccanti, con dialoghi meravigliosamente curati ed espressivi, pieni di umanità, dando il giusto risalto ad ogni personaggio e alla sua trasformazione caratteriale; ci regala momenti toccanti (come la nomina di Brienne a cavaliere), sapientemente conditi con qualche arguta battuta, che alleggerisce la tensione dell’attesa, di fronte a una morte annunciata.

La Lunga Notte, poi, è uno scontro veramente epico, dove gli autori hanno alternato abilmente coraggio e umana paura, riuscendo a declinare tutte le variabili di valore, eroismo, spirito di sacrificio e senso dell’onore, e lasciando morire in battaglia i personaggi più “sacrificabili”, ovvero protagonisti a cui eravamo affezionati, ma di cui la storia può ormai privarsi, dopo aver dato loro il giusto tributo di onori. Dire che il Re della Notte vine ucciso in “un attimo”, è un’affermazione talmente assurda che si commenta da sola.

A mio parere la cura dei particolari e l’attenzione dedicata ai dettagli dalla regia e dalla sceneggiatura, non meritano sicuramente le accuse di frettolosità o superficialità che sono state mosse alla stagione conclusiva. Tutta l’ultima stagione è un completamento perfetto di quelle che l’hanno preceduta, dove ogni personaggio porta a compimento la sua evoluzione (o involuzione come nel caso di Daenerys), grazie ad una sceneggiatura perfettamente calibrata, con dialoghi significativi e toccanti, dove ogni parola e ogni silenzio sono al posto giusto e contribuiscono a regalarci emozioni.

Basti pensare alla riunione attorno al fuoco e alla struggente canzone intonata da Podrick, alla scena nella cripta con il dolcissimo bacio di Tyrion alla mano di Sansa, al funerale collettivo dei morti in battaglia, con relativa esaltazione del loro eroismo; e ancora pensiamo al dialogo tra Sansa e il Mastino durante il banchetto, dopo la battaglia, alla scena dell’addio di Tyrion e Jaime, alla morte di Cersei, che riesce a commuoverci profondamente, nonostante la regina non fosse certo un personaggio amato; infine il gesto sprezzante con cui Tyrion getta la spilla di primo cavaliere, e naturalmente la toccante reazione di Drogon che, dopo la morte di Daenerys,  distrugge il maledettissimo trono di spade.

E parliamo allora dell’ultimo episodio e del contestatissimo finale: a parte i bellissimi dettagli stilistici, come la campana, tristemente abbandonata tra le macerie fumanti in mezzo a cui Tyrion cammina, o le ali del drago che si aprono alle spalle di Daenerys, facendola apparire come un angelo del male, bisogna indubbiamente riconoscere che ci sono alcune lacune nella storia, e un gigantesco salto temporale tra la morte di Daenerys e la riunione dei nobili di Westeros. Però il finale in sé a me è piaciuto.

Qualcuno ha obiettato che Daenerys sembra impazzire all’improvviso: in sole due puntate lei, che avrebbe dovuto liberare Westeros dalla tirannia di Cersei, è diventata una sterminatrice di innocenti invasata di potere, un’evoluzione non imprevedibile, certo, ma sicuramente affrettata.

Tuttavia gli spettatori più attenti, non distratti dai boccoli biondi e dagli occhioni di Daenerys, si saranno accorti che l’erede Targaryen non era mai stata quella liberatrice che voleva far credere. La sua missione era conquistare il mondo e farlo vivere secondo la sua legge, e chi si fosse messo in mezzo sarebbe stato eliminato. Se pensate che sia impazzita all’improvviso, è perché non avete fatto caso a come la sua fosse la logica di qualsiasi conquistatore. Ogni gesto di Daenerys era il gesto di chi ha un obiettivo in mente, che è quello di farsi regina per imporre le proprie regole.

Dal momento in cui usa Khal Drogo per eliminare il fratello, legittimo erede al trono, la ragazza ha sempre avuto una visione. Neanche una lacrima per Viserys, non un momento di debolezza quando lega la fattucchiera alla pira funebre di Drogo. Daenerys non è mai stata pazza, solo sottovalutata. Chi ha pensato che il regno di una ragazza-drago potesse essere placido e basato sul consenso, ha ragionato male.

Non è vero dunque che Daenerys impazzisce all’improvviso, ma alla fine mostra la sua vera natura di tiranna, mai del tutto nascosta; basti pensare all’uccisione ignobile del padre e del fratello di Sam, bruciati vivi solo perché non avevano voluto inchinarsi a lei, o alla morte del povero Lord Varys. Se solo Jon avesse avuto gli attributi, l’avrebbe uccisa molto prima. E anche questo dimostra come non fosse degno del trono, e non avesse la stoffa del sovrano: troppe esitazioni, scarsa capacità decisionale, troppo facilmente influenzabile.

So che qualcuno lo avrebbe voluto sul trono, e ha interpretato il finale come una punizione per lui, ma Jon è un uomo normale, lo è sempre stato, così come è sempre stato più uno Stark che un Targaryen (persino Tyrion, quando alla fine gli parla di Sansa e Arya, le chiama “le tue sorelle”, ben sapendo che lui le considera tali). Tuttavia alla fine è lui l’eroe della storia, colui che ha saputo rinunciare all’amore per il dovere. Lui è il vero liberatore che dà al nuovo mondo la possibilità di nascere e, speriamo, di continuare ad esistere in pace. E questo è molto più importante che sedere sul trono. Non ditemi che alla fine non avete invidiato più Jon, che cavalca libero nella natura selvaggia, rispetto a Bran confinato tra i corridoi del Palazzo… Dunque, nessuna punizione per l’eroe tanto amato.

La soluzione di Bran, come re saggio e privo di brame di potere, dovrebbe garantire la pace del regno e il bene del popolo, in fondo quello che voleva Lord Varys e a suo modo anche Daenerys (anche se il suo metodo era sbagliato!). Sansa è perfetta come Lady del Nord, e Arya come avventuriera alla scoperta di altri mondi. Jon Snow ritorna da dove era partito, chiudendo la serie con un meraviglioso dettaglio stilistico, che forse a qualcuno è sfuggito: le ultime immagini dell’ultima puntata si chiudono con la barriera che si apre e i guardiani della notte che escono nella neve, esattamente come si era aperto l’inizio della prima stagione.

E’ chiaro che dopo 8 stagioni di lotte, tradimenti, battaglie, duelli e avvelenamenti per quel maledetto trono, si resta un po’ delusi vedendo quel gruppo di personaggi (alcuni dei quali mai visti prima!) seduti tranquillamente a decidere chi debba essere il re. Ma forse il senso sta proprio nel fatto che alla fine gli uomini sembrano aver imparato dai propri errori, e compreso l’assurdità delle loro lotte. Dopo anni passati a tagliarsi gole, sembrano aver finalmente capito la lezione.

Concludo citando le parole di Edoardo Rialti, traduttore italiano di George R. R. Martin: «Dopo il fuoco e il sangue, chi sopravvive ingrigito e spezzato deve uccidere sogni che diventano incubi e affrontare la cenere. Speravo che Game of Thrones si concludesse con quel sentore d’inesorabile che hanno le cose vere. Secondo me, ci sono riusciti».


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

39 pensieri riguardo “Il finale di Game of Thrones”

      1. Beh, in realtà un’accelerazione della “follia” (congenita) c’è stata e quindi forse una puntata o due in più avrebbero smorzato la cosa.
        Sul resto, forse l’abnegazione di John verso Daenerys è sembrata enfatizzata, soprattutto in virtù di quanto sapeva e dell’amicizia con Tarly; stesso discorso per quella di Jamie: ok che l’amore può rendere ciechi, ma idioti fino in fondo? due su due? Secondo me quella è stata un’altra forzatura e un dietrofront nel processo di evoluzione del personaggio (Jamie).

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          1. Sì, sì. Però è stato un bel dietrofront… Vediamo che decide di fare Martin con i libri: qualcosa in comune c’è (Jon Snow – prima scritto erroneamente con l'”h” – sarà proprio un Targaryen, a quanto ha dichiarato), ma il resto non credo finirà come nella serie…

            Ah, sulle prime puntate, non l’ho detto, ma concordo con la tua disamina.

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  1. L’ultima stagione a noi è piaciuta molto e anche il finale. La battaglia con gli zombie è stata una delle parti più belle di tutta la serie, anche se le scene erano molto buie e a volte si faceva fatica a capire cosa stesse succedendo. Le critiche sono state davvero esagerate, anche molti nostri amici hanno detestato il finale, ma se Jon Snow fosse salito sul trono sarebbe stato un po’ scontato! E poi, come dici tu, lui è sempre stato uno spirito libero. Daenerys sembra essere impazzita nelle ultime puntate, ma forse perché tutti pensavano fosse meno pazza dei suoi parenti e hanno visto male. Comunque il trono di spade ha sempre regalato forti emozioni!😍

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  2. D’accordo con te in ogni particolare, del resto lo sapevi già.
    Secondo me – magari esagero, non so – chi critica il finale, considerato il tono delle critiche, ha dimenticato che i due autori della sceneggiatura sono persone profondamente imbevute di cultura classica. Fra gli aspetti che ho maggiormente apprezzato in GoT c’è appunto il continuo riferimento a opere fondamentali nella storia della cultura occidentale, dai poemi omerici e dalle tragedie greche (Jaime non poteva non tornare da Cersei) fino a Dante, a Rabelais, a Tolstoj, e soprattutto ai capisaldi della letteratura in lingua inglese, Milton, Shakespeare (Jon è Amleto, né più né meno) e anche Dickens, Stevenson, Melville, perfino Poe. Volendo – e avendone la voglia e il tempo – si potrebbe riesaminare l’intera serie al fine di sottolineare le citazioni: mi viene in mente anche la vendetta di Arya sui Frey, episodio che si rifà palesemente al Tito Andronico (hai visto la versione cinematografica della tragedia di Shax, quella con Jessica Lange e Anthony Hopkins?).

    Per il resto, uno spettacolo mai visto prima in tv, tanto di cappello a chi ha saputo realizzarlo così bene. Aggiungo che il finale non avrebbe comunque potuto deludermi perché non avevo aspettative di alcun tipo, ma solo voglia di godermi la rappresentazione.
    E per quanto riguarda il famoso terzo episodio dell’ultima stagione, sapevo che le scene sarebbero state particolarmente buie e oscure, eravamo stati avvertiti. Ragion per cui alle 2:30 di quel lunedì, prima di assistervi, ho modificato i parametri video del mio tv in modo da non perdermi nulla 🙂

    Buona serata.

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    1. D’accordo con te sulle citazioni. Anch’io avevo pensato al Tito Andronico, ma non ho voluto dirlo perché poi… Mi hai capito, sì? Ho visto la versione con la Lange. Tornando a GoT, ho visto lo speciale su Sky dove diceva che la lavorazione della Lunga Notte ha richiesto da sola quasi 30 giorni di riprese, tutte in esterno, con il freddo e la neve. Sono stati tutti dei gran professionisti e non meritavano di essere criticati, soprattutto presi in giro. So che qualcuno c’è rimasto molto male.

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          1. Mi ricordo di un ragazzo che, molti anni fa, prese parte a un seminario sulla letteratura cavalleresca nell’ambito del corso di filologia romanza all’Università di Torino. I partecipanti erano poco numerosi e, forse grazie a questo, i rapporti interpersonali degli studenti fra loro e con la docente erano presto diventati molto cordiali. Un giorno la prof partendo da un certo dettaglio dell’argomento principale, fidandosi della familiarità creatasi con gli studenti, iniziò a parlare a ruota libera, collegando al dettaglio di partenza una gran quantità di particolari di opere letterarie dei secoli successivi e cercando di evidenziarne i caratteri comuni. Tutto (quasi) bene fino a quando non cominciò a parlare della letteratura di fine Ottocento, i poeti maledetti, Lautréamont eccetera. Vedo dalle vostre espressioni che non mi seguite più, disse a quel punto. In effetti era così, nessuno era ferrato sull’argomento. La prof nascose la delusione e fece buon viso a cattivo gioco, interrompendo (con dispiacere) il suo excursus. Più tardi, terminata la lezione, il ragazzo di cui sopra a mo’ di saluto all’insegnante citò un breve passo dei Canti di Maldoror. Lei lo guardò, sorpresa, e poi gli disse: Ma allora tu sai di che cosa parlavo, perché non l’hai detto? Lui rispose: Non mi andava di fare la figura del saputello. Al che l’insegnante partì con un pistolotto di dieci minuti buoni, con il quale dimostrò all’allievo che il dovere di chi sa è proprio quello di condividere sempre le proprie conoscenze. Penso che lui non l’abbia mai dimenticato.
            Scusa, come al solito sono stato prolisso.

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