Stanley Kramer, la coscienza di Hollywood

1913 – 2001

Stanley Earl Kramer, è stato un regista e produttore statunitense, uno dei pochi che ha saputo equilibrare le istanze intellettuali con l’attivismo imprenditoriale tipico di Hollywood. I film da lui prodotti e poi diretti erano sostanzialmente rivolti ad un pubblico non elitario, ma nello stesso tempo affrontavano con schiettezza temi legati a questioni sociali, come il razzismo, ed erano film molto non convenzionali. Kramer ha spesso trattato temi che di solito non venivano affrontati da altri produttori e registi cinematografici di Hollywood: non aveva paura di affrontare questioni come l’annientamento nucleare, il razzismo o gli effetti dell’Olocausto, anzi, spesso i suoi film venivano realizzati per trasmettere al pubblico messaggi di tipo sociale. 

Nasce a New York il 29 settembre 1913. Fin da bambino frequenta l’ambiente del cinema poiché la madre lavorava presso la Paramount Pictures di New York. Dopo aver studiato alla New York University, si trasferisce a Hollywood. Sarebbe arrivato tardi alla regia, per la volontà di conoscere ogni settore dell’industria cinematografica. Fu infatti montatore alla Metro Goldwyn Mayer (1935-1938) e quindi sceneggiatore alla Columbia Pictures, alla Republic Pictures Corporation e poi di nuovo alla MGM fino al 1943.

Nel corso dell’attività di produttore, Kramer fu sempre ben attento a evitare il condizionamento dei gruppi finanziari e questo gli permise di scegliere in modo indipendente i soggetti che riteneva rispondessero alle esigenze sociali e psicologiche del momento, di farli sceneggiare evitando facili stereotipi, di affidarsi a registi di fiducia e di scegliere attori fisicamente aderenti ai personaggi.

Produsse così una serie di opere di forte impegno ed elevata qualità, ma anche di grande successo commerciale, quasi tutte sceneggiate da Foreman: Il grande campione (1949) di Mark Robson, fra i migliori film sul pugilato, in cui Kirk Douglas ebbe la sua prima parte di protagonista; l’antirazzista Odio, dello stesso anno e sempre diretto da Robson; Il mio corpo ti appartiene (1950) di Fred Zinnemann, che rivelò le notevoli potenzialità di Marlon Brando nel ruolo di un soldato rimasto paralizzato in guerra; Morte di un commesso viaggiatore (1952) di László Benedek, con Fredric March; il noir Nessuno mi salverà (1952) di Edward Dmytryk; il western Mezzogiorno di fuoco (1952) di Zinnemann.

In seguito si associò alla Columbia, a causa della ristrettezza delle proprie basi finanziarie, ma anche della campagna persecutoria intrapresa dalla Commissione per le attività antiamericane che coinvolse molti dei suoi più vicini collaboratori, come Robson, Zinnemann e soprattutto Foreman, che dovette abbandonare gli Stati Uniti. Benché la Columbia avesse assicurato per contratto a Kramer larghi margini di autonomia, le sue scelte furono inevitabilmente condizionate e tra i film che produsse fino al 1954 si ricorda Il selvaggio (1953) di Benedek, con Marlon Brando, e L’ammutinamento del Caine (1954) diretto da Dmytryk, con Humphrey Bogart.

Dopo il suo primo film diretto oltre che prodotto, Nessuno resta solo (1955), la parte più consistente della sua attività di regista è racchiusa in una decina d’anni (1958-1967) e comprende sette film (che riuscirono a raccogliere nelle diverse categorie ben 41 nominations e nove Oscar), annoverando alcuni dei risultati più interessanti del cinema classico americano, che confermano il suo spirito progressista e l’impegno morale delle sue scelte produttive. Si va da una metafora sul razzismo, con La parete di fango (1958), a una meditazione sulla concreta possibilità di un olocausto nucleare, con L’ultima spiaggia (1959), fino a un’intensa apologia della tolleranza verso teorie ritenute scomode con … e l’uomo creò Satana (1960); nel 1961, con Vincitori e vinti, Kramer rievoca uno dei processi di Norimberga, mentre nel 1963 anticipa addirittura lo stile demenziale in chiave comico grottesca con Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo, facendo una spietata analisi della commedia umana che riprenderà, con toni melodrammatici, ne La nave dei folli (1965); infine l’ennesima apologia della tolleranza nel 1967 con Indovina chi viene a cena?.

La particolare attenzione al messaggio, la costruzione solidamente ancorata a sceneggiature molto curate e la partecipazione di attori di fama e mestiere prettamente hollywoodiani hanno fatto sì che i film di Kramer diventassero modelli di buon cinema. Con la morte di Tracy, avvenuta nel 1967, poco dopo l’uscita del suo ultimo film, Kramer perse una collaborazione di grande successo, e la sua carriera conobbe un inesorabile declino.

Negli anni ’70 la sua attività come regista si chiuse con prodotti che, sebbene conservino buona fattura, efficacia di ritmo e di tensione, nonché senso dello spettacolo, non aggiungono molto al suo cinema, e consistono in indagini psicologiche e sociali all’interno dei diversi generi, come il western I duri di Oklahoma (1973), o il fantapolitico Il principio del domino: la vita in gioco (1977). Nel 1997 pubblicò l’autobiografia A mad, mad, mad, mad world: a life in Hollywood. Nel complesso, i 35 film di Stanley Kramer hanno ottenuto un totale di 85 nomination agli Oscar, con la vittoria di 15 premi, nessuno dei quali è andato a lui. Invece i suoi film hanno fatto ottenere consensi di critica e premi agli attori che ha diretto.

Tuttavia i suoi lavori furono molto apprezzati e spesso onorati al di fuori degli Stati Uniti, in particolare nel circuito cinematografico internazionale. Tra i numerosi premi, Kramer ha ricevuto 3 British Academy Awards, 2 David di Donatello, 3 premi al Festival Internazionale del Cinema di Berlino, e pure al Festival Internazionale del Cinema di Mosca.
Dopo una breve battaglia contro la polmonite, Kramer si è spento serenamente nel sonno il 19 febbraio 2001, a 87 anni.

«Se devo essere ricordato per qualcosa che ho fatto nella mia professione, vorrei che fosse per i quattro film in cui ho diretto Spencer Tracy»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – IMDb


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

6 pensieri riguardo “Stanley Kramer, la coscienza di Hollywood”

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