Il suo vero nome era Julia Jean Mildred Frances Turner, nata a Wallace (Idaho) l’8 febbraio 1920. Dopo la morte del padre in una rapina, si trasferì con la madre in California, e a soli diciassette anni esordì sul grande schermo interpretando piccoli ruoli in vari film, primo dei quali fu È nata una stella nel 1937, in cui però non è neppure accreditata. L’incontro che dà una vera svolta alla sua carriera è con il regista Mervyn LeRoy, che le cambia nome e la fa esordire in Vendetta, la forma professionalmente, le trova il soprannome di Sweater Girl, e la mette sotto contratto per 50 dollari a settimana. Sweater girl, che significa letteralmente “la ragazza col maglione” è frutto di un’idea geniale di LeRoy che nel film le fa indossare un maglioncino particolarmente aderente, mettendo in risalto le sue forme.

Dopo le prime esperienze in film non memorabili, passa alla Warner Bros che però la utilizza in pellicole minori e in ruoli periferici. Negli anni ’40 passa alla MGM dove rimane fino al 1956, ottenendo finalmente celebrità in una serie di noir culminati ne Il postino suona sempre due volte (1946), il suo film più famoso. A partire dagli anni ‘40 la Turner poté così trasformarsi da ragazza di provincia innamorata del maturo e integerrimo marito, in donna ambiziosa in cerca di fama e vita mondana.

Divenne l’incarnazione di un divismo artificioso e platinato, anello di congiunzione tra Jean Harlow e Marilyn Monroe, e tuttavia mostrò di saper anche recitare. Anzi, le sue fortune le deve, oltre che all’aspetto, alla sua propensione drammatica: per tutta la carriera si cimenta il più delle volte in ruoli appassionanti, diventando una delle interpreti più emblematiche del melodramma hollywoodiano, grazie anche all’attenta direzione di registi come Victor Fleming, Vincente Minnelli e Douglas Sirk.

Nel 1948 è una conturbante Milady ne I tre moschettieri, tanto da dare un’impronta cupa e crudele a una vicenda solitamente vivace e scanzonata. Nel 1952 fu poi la protagonista de La vedova allegra di Curtis Bernhardt e nel 1955 confermò la sua immagine di donna seducente e contesa in due film di successo, Le piogge di Ranchipur, di Jean Negulesco e Gli amanti dei cinque mari, di John Farrow. In questo periodo, però, le migliori prestazioni sono caratterizzate dai film in costume, allora molto in voga, dove è capace di mettere a frutto tutto il proprio fascino, indossando costumi sontuosi e gioielli sfavillanti, uniti ad acconciature complesse e un trucco abbastanza pesante.

Nel 1958 ottiene la nomination all’Oscar come miglior attrice protagonista per il drammatico I peccatori di Peyton, di Mark Robson, mentre nel 1959, diretta da Sirk ne Lo specchio della vita, lascia il ruolo di seduttrice dalla dubbia moralità, per interpretare una donna non più giovane che cerca di arrivare al successo senza scendere a compromessi. Scritturata in questo periodo da Otto Preminger per Anatomia di un omicidio, trova l’opposizione di James Stewart che non la voleva assolutamente. Al suo posto fu scelta Lee Remick.

Il grande successo degli anni ‘50, si andò progressivamente affievolendo nei decenni successivi che pure la videro interprete di film come Ritratto in nero, di Michael Gordon, Ossessione amorosa, di John Sturges e Madame X, di David Lowell Rich, drammi strappalacrime che confermarono il suo innato talento per il melodramma.

Vita privata costellata di eccessi e frequentazioni poco raccomandabili, trasformatasi quasi in una sorta di estensione del personaggio cinematografico. Nel 1958 tocca il punto più basso, che la condiziona pesantemente per il resto della carriera. Nella sua villa, la figlia quattordicenne Cheryl uccide per legittima difesa il gangster Johnny Stompanato, amante della madre. La Turner piomba in uno stato di depressione che la costringe ad annullare molti contratti per film già in essere.

Vita sentimentale a dir poco movimentata: oltre a innumerevoli relazioni extra coniugali, si sposa ben 8 volte, tutti matrimoni finiti con annullamenti o divorzi. Un’unica figlia, Cheryl, che nel 1988 pubblicherà un libro sulla vita e gli amori della madre: Detour: A Hollywood Story. Nel 2008, sempre la figlia, ha pubblicato la biografia della madre, dal titolo: Lana: The Memories, the Myths, the Movies.
Lana Turner muore di cancro, a 75 anni, il 29 giugno 1995 nella sua villa a Century City in California.

«Io ho avuto una vita privilegiata, ma non perfetta, e mi ritengo fortunata, perché i momenti difficili e dolorosi, mettendomi alla prova, mi hanno rafforzato»
FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal.com
Non conoscevo la sua storia
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All’epoca fece molto scalpore, ma in fondo erano quelle vite che piacevano tanto, soprattutto ai rotocalchi.
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Si è vero tipo la Monroe
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Buon giorno 1 8 matrimoni non sono pochi. Ma quelli che la sposavano ?
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Buongiorno! Sicuramente erano abbagliati dalla sua bellezza e non vedevano altro.
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Penso che sia così per tutti, l’ho vista poche volte nei film, buona giornata.
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Penso che lei abbia superato, nel bene e nel male, molte altre colleghe. Buona giornata 🙂
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In effetti idea geniale quella del maglione. Quello non è un maglione, sono tette. Grosse. 😂😂😂
Come descrizione mi interessa sembra la femme fatale perfetta per me. Devo recuperare i noir e i costume
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Ti piacerebbero, credo. C’era una cura maniacale dei particolari, nei costumi e nelle scenografie.
Il maglioncino small l’hanno usato anche in Italia, ricordo almeno un paio di film in cui la Loren lo indossava…
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Si forse pure la Lollobrigida. Ma negli anni 50 andava molto
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Non pensavo a una vita così movimentata, la conoscevo, ma non mi pare di aver visto alcun suo film.
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In un paio di film l’ho ricordata tramite questo post, per il resto non la conoscevo. Buon proseguimento di serata cara Raffa 🌺
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Serena notte Giusy!
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