Glenn Ford, il duro dal cuore tenero

Specializzato in ruoli complessi e ricchi di sfumature, ha interpretato con sobrietà ed efficacia eroi spesso al confine tra il bene e il male. La spontaneità della sua recitazione, le doti di simpatia, eleganza e ironia, oltre a un aspetto piacevole, anche se non propriamente bello, gli hanno permesso di essere interprete suggestivo anche di commedie sofisticate, melodrammi e storie di violenza metropolitana. Ma nella sua lunga carriera, in quasi 100 pellicole, ha toccato tutti i generi, dal western al film bellico, dalla commedia al dramma, mostrandosi sempre capace di immedesimarsi con maestria nell’uomo comune costretto ad affrontare una situazione insolita.

Il suo vero nome era Gwyllyn Samuel Newton Ford. Nasce in Canada, a Sainte-Christine (Québec), il 1° maggio 1916. A otto anni si trasferisce con la famiglia in California, a Santa Monica. Prima di arrivare al cinema, è stato cantante in molti spettacoli e riviste, poi attore teatrale con debutto nel 1935. Inizia la carriera nel cinema partecipando nel 1937 a un corto musicale, ma deve aspettare il 1939 per ottenere un ruolo di rilievo in un lungometraggio. Nello stesso anno diventa cittadino americano e, dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, si arruola volontario nella Marina. Al ritorno in patria nel 1946, al termine del conflitto, Bette Davis lo vuole accanto a sé ne L’anima e il volto. Sempre nel ‘46 la sua interpretazione nel ruolo di Johnny Farrell in Gilda, accanto a Rita Hayworth, gli dà fama internazionale. Ford resse l’arduo confronto con una sfolgorante Hayworth, aggiudicandosi così, per qualche anno, il ruolo del ‘bel tenebroso’.

Ne Gli amori di Carmen (1948), Vidor valorizzò di nuovo la felice intesa dei due attori, sfruttata poi anche da Vincent Sherman in Trinidad (1952), con una passionale storia d’amore, odio e morte che ricalca lo schema del film precedente. Con la stessa attrice girerà in tutto cinque film come coprotagonista. Dopo alcune pellicole minori, torna di nuovo al successo con il noir Il grande caldo (1953), una delle migliori prove di Lang negli Stati Uniti. Storia di un poliziotto che indaga sull’ambigua morte di un collega, il film è una riflessione sui limiti della legalità e sulle ingiustizie sociali, in cui Ford interpreta la parte dell’uomo comune costretto a farsi giustizia da sé. Lavorò ancora con Lang l’anno dopo ne La bestia umana, in cui è un macchinista ferroviario coinvolto in una torbida vicenda d’amore e gelosia.

A distanza di un anno ottenne un nuovo successo personale con Il seme della violenza, nel ruolo, per lui inconsueto, del professore di una scuola della periferia newyorkese che affronta una classe ostile, frequentata da immigrati di diverse etnie, riuscendo alla fine a conquistarne il rispetto. Dopo aver impersonato, in una serie di western, il prototipo dell’eroe silenzioso, deciso, pronto ad affrontare con forza e onestà la dura legge del West, diede un’ottima prova della sua versatilità prima in Gazebo (1959), una commedia dal ritmo rocambolesco in cui è uno scrittore di gialli che viene ricattato e decide di uccidere il suo ricattatore, e in Angeli con la pistola (1961), ultima opera di Frank Capra, in cui impersona un ironico gangster dal cuore tenero, che aiuta una vecchia mendicante a far credere alla figlia di essere una ricca signora.

In una continua alternanza di generi interpretò il melodrammatico I quattro cavalieri dell’Apocalisse (1962) e la commedia Una fidanzata per papà (1963), entrambi di Vincente Minnelli, il divertente Tre donne per uno scapolo (1964), con Angela Lansbury, per tornare poi al western con Sfida oltre il fiume rosso (1967). Dopo circa dieci anni di attività prevalentemente televisiva, è tornato al cinema, partecipando a film di varia fortuna e genere: La battaglia di Midway, nel 1976; Superman (1978) di Richard Donner, nel ruolo di padre adottivo del protagonista; il catastrofico Ultimo rifugio: Antartide (1980), in cui interpreta il presidente degli Stati Uniti alle prese con una pandemia; Compleanno di sangue (1981), un horror slasher in cui ha il ruolo di uno psicologo. A distanza di anni è apparso ancora nella mediocre produzione italiana Casablanca Express (1989) di Sergio Martino e nel thriller Intuizioni mortali (1991) che segna la sua ultima apparizione sullo schermo.

In quell’anno si ritira dalle scene in seguito a un infarto. Dal 2005 si era trasferito a vivere con la famiglia del figlio Peter, a Beverly Hills, dove si è spento il 30 agosto 2006, all’età di 90 anni. Sposato quattro volte con altrettanti divorzi. Inizialmente con la ballerina Eleanor Powell, da cui ha avuto l’unico figlio, Peter, che diventerà anche lui attore; poi con le attrici Kathryn Hays e Cynthia Hayward, infine con Jeanne Baus.

Nel 2011 il figlio Peter ha pubblicato una biografia del padre, Glenn Ford: A Life, in cui racconta, tra l’altro, il lungo amore durato decenni tra Ford e la Hayworth: i due attori si sarebbero amati a distanza, vedendosi saltuariamente e senza la possibilità di convivere, perché entrambi sposati o legati ad altre persone. Ma il sentimento che li univa, a detta del figlio di Ford, era per loro più importante di ogni altro rapporto.

«Io ho bisogno di lavorare con calma. Se qualcuno cerca di mettermi fretta, dico sempre che conosco solo un’altra velocità: ancora più lentamente»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal.com – cinematografo.it


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

10 pensieri riguardo “Glenn Ford, il duro dal cuore tenero”

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