Shelley Duvall, un’anima fragile

Fisico da modella, sguardo dolcissimo e disarmante, non era bellissima ma sicuramente un tipo che si faceva notare. Portava con sé una carica di freschezza e di innocenza che è raro trovare nel cinema di Hollywood. Diventata famosa per il ruolo più difficile della sua vita, l’attrice era in realtà, a detta di quanti l’hanno conosciuta e frequentata da vicino, una persona dolcissima, gentile e generosa, forse troppo fragile per l’ambiente del cinema.

Shelley Alexis Duvall era nata a Houston in Texas, il 7 Luglio 1949. Figlia di un’agente immobiliare e di un avvocato, comincia la sua carriera grazie all’incontro col compianto Robert Altman, per il quale diventerà un’attrice feticcio: Shelley infatti reciterà in ben sette pellicole del regista, che per lei non scriveva neanche i copioni, lasciandola libera di improvvisare. L’incontro con Altman avvenne nel 1969, ad una festa organizzata per il suo fidanzato dell’epoca, l’artista Bernard Sampson: Shelley, all’epoca ventenne, venne notata dal regista e ottenne il suo primo ruolo nel film Anche gli uccelli uccidono, 1970.

Ancora non convinta di intraprendere la strada del cinema, aveva tuttavia un talento innato, nonostante una goffaggine infantile e una timidezza mai superata. Seguiranno, sempre con Altman alla regia, 5 film in rapida successione, dal 1970 al 1976, fra cui vanno ricordati I compari (1971) Nashville (1975), e Buffalo Bill e gli indiani (1976). Nel 1977 incontra Woody Allen che la arruola nel suo capolavoro Io e Annie (1977). La sua interpretazione, in gran parte tagliata in fase di montaggio, lascia comunque un’ottima impressione nei panni di Pam, una giornalista di Rolling Stone che pronuncia battute aspre e ironiche.

Sempre nel 1977 Altman la dirige di nuovo in Tre donne, grazie a cui vince il premio come migliore attrice al Festival di Cannes; nel film Shelley affrontò brillantemente un ruolo tragicomico e semi-improvvisato che le conferì definitivamente lo status di attrice: una dipendente di una SPA per anziani, nel deserto californiano, che invita una collega, interpretata da Sissy Spacek, a condividere il suo appartamento, provocando una confusione di identità.

Successivamente è protagonista in Popeye – Braccio di ferro (1980), in cui interpreta la parte per cui, secondo Altman, lei era nata, cioè Olivia, la compagna di Braccio di Ferro. E in effetti la somiglianza fisica era impressionante. Purtroppo il film fu un flop, nonostante entrambi gli attori fossero fisicamente perfetti per i rispettivi ruoli. Forse il pubblico non era pronto per una trasposizione live di un personaggio dei cartoni.

Sempre in quello stesso anno recita nel suo film più difficile ma, allo stesso tempo, quello per cui è maggiormente ricordata. Stanley Kubrick la sceglie per la parte di Wendy Torrance nel terrificante Shining: Kubrick con la Duvall è durissimo (in realtà anche con Nicholson, che però ha un altro carattere e riesce a reagire): per ottenere il risultato che desidera arriva a insultarla pesantemente e a umiliarla, basti ricordare la famosa scena della mazza da baseball, che il regista le fece ripetere per la cifra record di 127 volte. Questa pellicola la segnò profondamente, mettendo a dura prova la sua salute mentale anche negli anni a venire. Nel 2016 svelò pubblicamente di avere problemi mentali e in televisione affermò anche di ricevere messaggi da Robin Williams, morto due anni prima.

Lei stessa confidò in un’intervista: “Kubrick mi ha fatto piangere 12 ore al giorno per settimane. Non darei mai così tanto per un ruolo. Se vuoi far soffrire la gente e chiamarla arte, fai pure, ma senza di me”. Nonostante ciò, lei ha sempre dichiarato che in tutta la sua carriera con nessun altro regista ha imparato come con Kubrick. Ma ricordarla solo per la pellicola di Kubrick sarebbe un errore, una prigione dentro la quale lei, soprattutto ora che non c’è più, non merita di essere relegata.

Dopo i film con Altman, Allen e Kubrick, è la volta di Terry Gilliam, che la dirige in una piccola parte ne I banditi del tempo (1981) e da questo momento in poi Shelley comincia ad alternare la carriera di attrice a quella di produttrice televisiva, ma la prima, come spesso accade alle attrici superata una certa età, comincia a declinare, ottenendo sempre più spesso parti marginali e televisive. Le sue apparizioni sul grande schermo negli anni successivi caleranno bruscamente, anche se vanno ricordate le sue prove con grandi registi come Tim Burton (Frankenweenie, 1984), Steven Soderbergh (Torbide ossessioni, 1995) e Jane Campion (Ritratto di signora, 1996).

Per interpretare il suo ruolo in quest’ultimo film, quello di una contessa italiana, Shelley imparò persino l’italiano, a testimonianza della sua grande professionalità che non è mai venuta meno. Tra le parti marginali di questi anni, la ricordiamo anche in Roxanne (1987), accanto a Steve Martin. Del 2023 è invece la sua ultima apparizione, in The Forest Hills di Scott Goldberg.

Shelley Duvall è morta nel sonno, l’11 luglio 2024, per complicazioni del diabete di cui soffriva da tempo. Il suo compagno Dan Gilroy, con cui aveva diviso oltre trent’anni della propria vita, ha così annunciato la sua morte con un toccante messaggio: “La mia cara, dolce, meravigliosa compagna di vita e amica ci ha lasciato. Lei, che ultimamente soffriva troppo, ora è libera. Vola via, bella Shelley”.

«Prendi sul serio gli eventi della tua vita, il tuo lavoro e gli affetti, ma non prendere mai troppo sul serio te stesso, o diventerai noioso e insopportabile»

FONTI: movieplayer.it – vogue.it vanityfair.it


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

11 pensieri riguardo “Shelley Duvall, un’anima fragile”

    1. Penso anch’io. Anche Nicholson ne è uscito male, La Huston, che allora era la sua compagna ha raccontato che appena tornava dal set la sera, si buttava sul letto e dormiva. Sembra che per tutta la durata del film K. lo abbia costretto a mangiare solo panini al formaggio, e lui detestava il formaggio.

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