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Blake Edwards, grazia, arguzia e profondità

Il suo vero nome era William Blake McEdwards. Nasce a Tulsa, in Oklahoma, il 26 luglio 1922. I suoi genitori divorziano quando è molto piccolo e la madre si risposa con Jack McEdwards, direttore di scena e produttore esecutivo cinematografico, figlio di J. Gordon Edwards, regista del cinema muto. Trasferitosi con la famiglia a Los Angeles all’età di tre anni, Blake si diploma alla Beverly Hills High School e poi presta servizio nella Guardia Costiera. Grazie al patrigno, inizia a lavorare come comparsa, fino a ottenere un contratto alla 20th Century-Fox, dove svolge varie mansioni che gli permettono di entrare nel mondo della produzione.

Esordisce come attore nel 1942 diretto da Henry Hathaway, ma presto affianca a questa attività quella di sceneggiatore e produttore. Nel 1952 esordisce in televisione, ma è il lavoro di sceneggiatore per il cinema che lo prepara per l’esordio nella regia. Nel 1955 realizza il suo primo film da regista, Quando una ragazza è bella, la cui storia si sviluppa essenzialmente per consentire le esibizioni canore di Frankie Laine; dopo alcuni altri titoli di scarso rilievo e due serie televisive, nel 1959 dirige il primo film di un certo valore, Operazione sottoveste, divertente e rocambolesca satira antimilitarista con Cary Grant e Tony Curtis.

Ma fu dagli inizi degli anni ‘60 che Edwards trovò la sua vena più singolare, firmando una serie di film memorabili: in primo luogo Colazione da Tiffany, nel 1961, dal tono deliziosamente svagato, nell’interpretazione di Audrey Hepburn, e melanconico, che diventerà uno dei capolavori intramontabili della commedia sofisticata americana; quindi, l’anno successivo, con Operazione terrore, passa al thriller, decostruendone di fatto i meccanismi e le tipologie. Sempre nel 1962 dirige anche uno dei suoi film più personali e belli, I giorni del vino e delle rose, con una grande interpretazione di Jack Lemmon, una dolorosa e intensa storia di alcolismo.

Subito dopo torna di nuovo alla commedia, in questo caso dai toni giallo-rosa e caratterizzata da una comicità di tipo surreale, realizzando La Pantera rosa, nel 1964, che introdusse l’esilarante figura dell’ispettore Clouseau, affidata all’inimitabile comicità surreale di Peter Sellers; il personaggio verrà riproposto anche nel successivo Uno sparo nel buio, che, pur non raggiungendo i livelli del precedente, risulta tuttavia divertente e ricco di gag.

L’anno dopo, con La grande corsa, Edwards volle recuperare, in chiave comica e a tratti esilarante, il modello del film d’avventura, con espliciti omaggi al genere slapstick. Ma fu nel 1968, con Hollywood party, che raggiunse un perfetto equilibrio tra rivisitazione dei generi e accumulo di gag in stile slapstick comedy, ancora una volta affidandosi alla vena comica di Peter Sellers, che tratteggia una feroce satira di Hollywood, con i suoi stereotipi, le sue esagerazioni e i suoi pittoreschi personaggi.  

Eppure, il decennio 1965-1974 non regala al regista le attese soddisfazioni al botteghino. Edwards attribuisce l’insuccesso commerciale dei film di questi anni all’invadenza delle major cinematografiche, con cui entra in attrito al punto tale da pensare di abbandonare Hollywood. Con Operazione Crêpes Suzette (1970) il conflitto si esaspera. In questo periodo il regista aveva iniziato l’importante sodalizio artistico e sentimentale con Julie Andrews (sposata in seconde nozze nel 1969) che sarebbe diventata l’interprete principale dei suoi film successivi. Edwards aveva scritto la sceneggiatura del film per esaltare le qualità della Andrews, con l’intenzione di ribaltare la sua immagine zuccherosa, e aveva creato perciò un film di spionaggio, affidando alla moglie il ruolo di una donna senza scrupoli che, nel tentativo di carpire segreti militari, si esibisce in spogliarelli e scene di seduzione.

Ma la Paramount, volendo sfruttare il successo dei musical interpretati dalla Andrews, impone al regista di inserire nel film sequenze musicali che poco hanno a che vedere con il soggetto scritto dal cineasta. Il risultato al botteghino è assai deludente, ed Edwards decide, così, di abbandonare Hollywood. Dopo un periodo in Gran Bretagna, dove nel 1974 dirige il film di spionaggio Il seme del tamarindo, affiancando alla moglie l’attore Omar Sharif, Edwards torna in vetta al botteghino, realizzando tre sequel della Pantera rosa, sempre con Peter Sellers come protagonista.

Lo straordinario successo della serie permette a Edwards di portare sullo schermo la sceneggiatura che fino a poco tempo prima i produttori rifiutavano, perché la trovavano troppo audace. Il film è 10, ricco di un caustico umorismo, ed è uno dei più grandi successi degli anni ‘70: lancia la modella Bo Derek, come icona pin up, inaugura la carriera hollywoodiana di Dudley Moore e soprattutto spinge in avanti i confini della commedia sexy. Il film successivo suona come una vendetta nei confronti delle major cinematografiche.

Con S.O.B., del 1981, ricchissimo di invenzioni comiche e dialoghi scoppiettanti, Edwards realizza uno dei suoi film più personali, un’opera dalle forti tinte autobiografiche su una Hollywood cinica e spietata. L’anno successivo il regista firma quello che molti considerano il suo capolavoro assoluto e per il quale riceve la sua unica nomination agli Oscar, quella per la migliore sceneggiatura non originale. Victor Victoria, che ottiene numerosi riconoscimenti negli Stati Uniti e in Europa, rielabora una storia già portata sullo schermo nel 1933, ed è una pungente riflessione sul tema del doppio e dell’ambiguità.

In seguito il cineasta dirige opere considerate crepuscolari, la maggior parte delle quali non incontra i favori del grande pubblico. Tra queste le più importanti sono Così è la vita, del 1986 e Appuntamento al buio, l’anno dopo. La prima è una commedia agrodolce, molto personale, in cui, grazie a un Jack Lemmon in stato di grazia e un cast interamente composto da amici e familiari, Edwards svela le sue paure più recondite, mettendo in scena la storia di un sessantenne di successo che deve fare i conti con il cancro. Il secondo, invece, è la storia di una donna che a causa dell’alcool perde tutti i freni inibitori e trascina nella catastrofe l’uomo che l’ha ingaggiata come compagna per una cena importante. Il film ottiene un notevole successo al botteghino, lanciando Bruce Willis al cinema e mostrando Kim Basinger in una veste insolita.

Il genere prevalente dei suoi ultimi film rimane la commedia, come ne I miei problemi con le donne (1983), Micki & Maude (1984), Skin Deep – Il piacere è tutto mio (1989) e Nei panni di una bionda (1991), opere in cui continua a parlare dei rapporti uomo-donna con quello spirito satirico che è sempre stato il suo marchio di fabbrica. Il suo ultimo film, del 1993, è Il figlio della pantera rosa, in cui Benigni veste i panni del figlio dell’ispettore Clouseau. Questo è l’ottavo episodio della celebre saga, ma delude sia la critica che il pubblico.

Ormai fiaccato dalla sindrome da fatica cronica, Edwards si ritira dalla regia. Dopo un meritato Oscar alla carriera nel 2004, il sipario si chiude definitivamente su di lui il 15 dicembre 2010, quando Edwards si spegne, a 88 anni, per le complicazioni sorte in seguito a una polmonite.

«Non mi piacciono i film che pretendono solo di veicolare un messaggio. Credo che l’elemento cardine di un film debba essere il divertimento e che le due cose non  si escludano»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – mymovies

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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

18 pensieri riguardo “Blake Edwards, grazia, arguzia e profondità”

    1. Di sicuro ce ne sono tanti, ma credo che lui volesse dire il contrario, cioè che possono esistere film divertenti che hanno anche qualcosa da dire. In ogni caso è sempre questione di gusti. Buona giornata 🙂

      Piace a 1 persona

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