Gli anni Sessanta in America e la rivoluzione culturale
Il decennio degli anni Sessanta ricopre un’importanza fondamentale nella storia del cinema statunitense. Le grandi major controllavano in modo ferreo l’intera industria, dando vita in quegli anni a numerosi nuovi film campioni d’incassi. La diffusione della televisione, infatti, spinse i registi a dedicarsi a produzioni sempre più ambiziose, investendo risorse economiche molto ingenti per attirare più spettatori possibili nelle sale. Per Hollywood ogni film doveva essere il migliore della stagione, l’unico capace di convincere il pubblico a trascurare la televisione per andare al cinema.

Questa nuova filosofia portò a grandi capolavori, ma anche a qualche passo falso. Nel corso del decennio, infatti, gli studios andarono incontro a una forte crisi finanziaria, dovuta a sempre maggiori azzardi in produzioni che a volte non si rivelavano vincenti. I grandi kolossal non sempre erano sinonimo di guadagno e, complici i cambiamenti culturali in atto, Hollywood dovette iniziare ad orientare anche altrove il proprio sguardo.

Dalla metà degli anni Sessanta, quando ormai il pubblico si stava stancando dei grandi kolossal, che erano sì spettacolari ma spesso raccontavano storie lontane dalla realtà e dai problemi più attuali, alcune produzioni a basso costo sorpresero l’industria cinematografica con i loro giganteschi incassi al botteghino. Per attirare il pubblico dei giovani, gli studios cominciarono a produrre film a basso costo sui temi tipici della controcultura.

E naturalmente le locandine erano studiate apposta per incontrare il gusto giovanile. Nel 1967 esce Il laureato, che narra le disavventure di un giovane sedotto dalla madre della propria fidanzata, affrontando il tema della seduzione senza troppi filtri. La prima locandina presentava il disegno del protagonista intrappolato sotto la gamba dell’amante, con un tratto appena accennato e quasi stilizzato. Il manifesto fu quasi subito sostituito dalla versione colorata di una posa molto simile, ma più realistica, quasi fotografica.
Ci fu quindi una vera e propria rivoluzione, perché i registi cominciarono ad avere sempre maggior controllo sui loro film, potendo così portare al cinema storie e tematiche nuove, lasciandosi ispirare dalle novità artistiche provenienti dall’Europa e introducendo anche elementi sino ad allora proibiti, come la violenza, la sessualità e molte altre idee fino ad allora considerate non ortodosse. Il cinema statunitense cambiò profondamente volto, dando vita a quella che è oggi è definita la New Hollywood.

Il cinema statunitense degli anni Sessanta fu dunque caratterizzato da produzioni e stili molto diversi tra loro: nel corso di quegli anni sono infatti arrivati sullo schermo grandi kolossal di stampo classico, come Lawrence d’Arabia o Cleopatra, insieme a film più sperimentali, come 2001 Odissea nello spazio, o riflessivi della società dell’epoca, come Un uomo da marciapiede o Indovina chi viene a cena?. E c’erano ancora commedie brillanti di stampo classico come Angeli con la pistola. Le differenze di contenuti e stili tra questi diversi modi di fare cinema si riflettono ovviamente anche nei manifesti.

Le locandine in questo decennio continuano a mantenere uno stile figurativo fatto di illustrazioni, nonostante comincino ad insinuarsi le foto dei protagonisti. Le scritte si allontanano dai caratteri tipicamente eleganti dei decenni precedenti e vengono sperimentati font deformati, sagomati e un po’ “cartoon”. Con la nascita delle neo-avanguardie, le locandine mostravano fotogrammi del film attraverso fotografie di notevole qualità artistica, ma caratterizzate anche da crudo realismo, come nel poster di Un uomo da marciapiede.

Qui sopra vediamo due locandine abbastanza classiche, sia pure in modo diverso: a destra il manifesto de La grande fuga (1963), che si rifà chiaramente allo stile degli anni ’50, puntando tutto sui nomi degli attori e su immagini che evocano sequenza drammatiche; a sinistra, invece, la locandina di 2001: Odissea nello spazio (1968) ci dice ben poco del film, se non l’ambientazione fantascientifica, che era già insita nel titolo. Questo è dovuto anche al fatto che Kubrick voleva mantenere il massimo riserbo sul film, e non poteva certo lasciare che la locandina svelasse particolari salienti.

Qui sopra le locandine di due film usciti nello stesso anno, il 1964, che testimoniano la coesistenza sugli schermi di due modi diversi di fare cinema: a sinistra la locandina di My fair lady, commedia musicale spensierata e romantica, legata ancora al modo di fare cinema degli anni Cinquanta; a destra, invece, la locandina de Il dottor Stranamore di Kubrick, film di satira politica contro il nucleare. Mentre il manifesto di My fair lady ricorda ancora le illustrazioni del decennio precedente, quello disegnato da Tomi Ungerer per il capolavoro di Kubrick, presentava in modo satirico e con un tratto stilizzato, di stampo fumettistico e molto moderno, gli oligarchi responsabili del destino della Terra.

Nel 1969, ormai alla fine del decennio, uscì Easy Rider, un road movie in cui i protagonisti attraversavano gli Stati Uniti in moto. La pellicola, insieme a Il laureato, contribuì a restituire vitalità all’industria cinematografica di Hollywood, che dopo gli anni d’oro era piombata in una crisi profonda, con le sale semideserte. Lo stile del manifesto ufficiale si adattava benissimo all’estetica a basso costo del film, utilizzando un solo colore. Tra l’altro il giallo, vedremo più avanti, diventerà nelle locandine il colore caratteristico dei film indipendenti. Nonostante non fossero presenti moto nella composizione, la combinazione della giacca del protagonista e dello stile tipografico del titolo, era sufficiente a richiamare l’idea della motocicletta, mentre gli spazi stilizzati nello sfondo rappresentavano efficacemente il viaggio dei protagonisti.

Molto più esplicito e suggestivo sarà il poster non ufficiale, disegnato da Theobald nel 1970, che con i suoi colori vagamente allucinanti diventò manifesto dell’arte psichedelica: qui la moto, simbolo di libertà e della ribellione giovanile, non solo è presente, ma addirittura replicata, a occupare tutto lo spazio disponibile, mentre l’effetto psichedelico dei colori e dell’immagine richiama l’uso dell’LSD, droga molto diffusa in quegli anni tra i giovani americani.

Qui sopra, invece, la locandina italiana del film: a parte il disegno molto più classico, opera dei nostri cartellonisti, è curioso notare come il nome di Jack Nicholson abbia più risalto degli altri due nella locandina, e il suo volto ne sia addirittura l’unico protagonista. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che all’epoca, in Italia, Peter Fonda e soprattutto Dennis Hopper, erano praticamente sconosciuti.
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La prossima volta faremo un breve giro per l’Europa, e daremo un’occhiata allo stile dei manifesti cinematografici di alcune nazioni europee.
Indice della rubrica Locandine
FONTI: cinefilos.it – pixarprinting.it – Alessandra Rostagnotto, Dal manifesto pubblicitario al poster da collezione
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Mi piace davvero tanto questo viaggio nelle locandine.
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Mi fa piacere che ti sia gradito ^_^
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Pensa, pur non avendo ancora visto il tuo commento, io ho detto praticamente la stessa cosa 😉
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^_^
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buon giorno 1 da locandina
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Buongiorno a te
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Bellissimo articolo Raffa! grazie!
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Grazie a te per essere passata. Buona giornata!
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Le ricordo quasi tutte
Quella a colori del Laureato è favolosa e intrigante
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Pensa che la gamba che si vede in primo piano non è di Anne Bancroft, ma di una controfigura. L’ha raccontato lei stessa.
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Davvero??? Questo non lo sapevo
Grazie per questa ulteriore informazione e buona giornata 💙💙💙
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Wow, che “viaggio”!!!
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Personalmente nelle locandine ci sguazzo, bello s3mpre questo viaggio nel passato che ci proponi 😊 Buon pros3guimento di serata cara Raffa 🌹
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È vero! In qualche modo ci lavori…
Serena notte Giusy 🌹
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molto interessante! poi le locandine sono proprio la parte pittorica, o lo sono state.
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il poster di my fair lady è un capolavoro **
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Giusto per il film.
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