Judy Garland, una stella bruciata troppo presto

Cresciuta nello Star System hollywoodiano, Judy Garland divenne un mito appena adolescente conquistando le platee di tutto il mondo, ma per brillare pagò un forte tributo sia nella vita pubblica che in quella privata. Il suo vero nome era Frances Ethel Gumm e nacque in una piccola città del Minnesota, il 10 giugno 1922, da genitori artisti di varietà. Già da piccola si esibiva assieme alle due sorelle maggiori in spettacoli musicali organizzati dalla madre, che sperava di farle approdare al cinema. A 11 anni cambiò nome, su consiglio del presentatore George Jessel, e nel 1934 ottenne un’audizione alla MGM.

Si racconta che la sua vivacità e spontaneità colpirono così tanto la segretaria di Louis B. Mayer, da chiamare immediatamente il pianista dello studio e lo stesso Mayer per assistere a questo talento naturale. In pochi giorni ottenne un contratto e Judy passò alla storia come la prima attrice della MGM a raggiungere questo risultato in così poco tempo. Parte così la sua avventura cinematografica e a soli 13 anni, con due film anonimi, riesce ad emergere immediatamente ed è subito soprannominata The little girl with the great big voice.

Fa il suo esordio nel 1936 in Every Sunday, al fianco di Deanna Durbin, grande star del periodo, dove riesce a rubarle la scena, con grande disappunto dell’attrice. Prestata alla Fox per Follie di Broadway, nel 1938, fa ritorno alla MGM e nel 1939 ottiene il ruolo di protagonista nel famoso musical Il mago di Oz. Qui si esibisce in numeri musicali notevoli e lancia quella che sarà la canzone della sua vita: Over the Rainbow. Il film le valse un Oscar speciale e la celebrità della Garland decollò definitivamente.

Fu questo film a consolidare il suo mito, in quanto vi appare come incarnazione della fanciulla eternamente ingenua, dall’aria assorta, di cui la canzone Over the Rainbow, anch’essa premiata con l’Oscar, divenne l’emblema più duraturo. Il suo modo di cantare, con gli occhi spesso persi nel vuoto o rivolti all’insù, accompagnato da una gestualità ampia e vivace, divenne una costante espressiva e caratteriale. Gli Studios volevano mettere a frutto la sua improvvisa celebrità e la sfruttarono incessantemente per commedie e musical, praticamente a gettito continuo.

La ragazza inizia a risentire dello stress che sarà, negli anni a seguire, un tormento, sfociato poi in vero male cronico. Nel periodo, alterna l’attività di attrice del grande schermo con spettacoli e riviste personali e spesso si esibisce anche in radio. La sua vitalità piaceva al pubblico, era sempre allegra, spontanea, generosa e soprattutto amichevole, ma nella sua vita privata c’erano numerose tensioni che sfociavano in un appetito incessante; la MGM, però, voleva corpi longilinei e forme bellissime e in particolare Mayer la sorvegliava e la manteneva a dieta.

In seguito Judy scoprì che il suo amico, con il quale condivideva l’appartamento, era una spia appositamente pagata dalla MGM, che aveva il compito di riferire tutti i dettagli della sua vita. E pare che anche la madre della Garland fosse spiata in continuazione. All’epoca non c’erano farmaci sicuri, così per ridurre la fame dell’attrice si decise di somministrarle un medicinale al tempo molto in uso, la benzedrina, che doveva essere controbilanciata dai sonniferi. Di giorno doveva essere sveglia e scattante, e la sera non riusciva a dormire senza sonniferi. Questa terapia la portò alla dipendenza dei farmaci, fino a divenire un incubo per tutto il resto della sua vita.

La ragazza tuttavia era ormai un’icona per il pubblico e la MGM non esitò, pur sapendo le sue condizioni di salute, a sfruttarla fino in fondo. Quando si sposò nel 1941 con il direttore d’orchestra David Rose, sia Mayer che la sua casa di produzione non approvarono tale scelta, né fecero nulla per aiutarla al momento del divorzio. Dopo altri musical interpretati nei primi anni ’40, nel 1944 la Garland interpreta Incontriamoci a Saint Louis, e per la prima volta dimostra di saper anche recitare, con uno stile recitativo che mai si era visto prima, una forte drammaticità e un’espressione affinata e sicura di ottima fattura.

Il regista di quest’opera era Vincente Minnelli, che Judy sposò finalmente con l’approvazione della MGM nel 1945, e l’anno successivo diede alla luce una bambina, che diventerà famosa con il nome di Liza Minnelli. Il parto però non le giovò, anzi peggiorò la sua crisi di salute, le condizioni psicologiche iniziavano ad avere alti e bassi continui e preoccupanti, ma ancora una volta la MGM non l’aiutò, non comprese la sua malattia, non accettò i suoi ritardi sui set e spesso anche i suoi scatti nervosi, che si andavano accentuando sempre di più.

Nel 1948, mentre girava Il Pirata, altro musical diretto da Minnelli, si ammalò gravemente e al termine delle riprese fu costretta al ricovero forzato. Nel 1950 decise di preparare tutte le canzoni per il film Anna prendi il fucile, ma alla fine fu sostituita perché ritenuta poco affidabile. Tentò il suicidio, ma fu salvata in extremis. L’anno successivo viene chiamata per sostituire June Allyson, che stava per partorire, in Sua Altezza si sposa: anche qui incise le canzoni, ma poco prima di cominciare si ammalò. La MGM che l’aveva vista crescere, decise che era il momento di abbandonarla per sempre, e ruppe così il contratto.

Nei successivi quattro anni le cose cambiarono, si dedicò al varietà e ai concerti inaugurando la stagione al Palladium di Londra e per diciannove settimane si impiegò in un programma musicale al Palace di New York. Queste fatiche la fecero cedere ancora una volta, ma si riprese. Divorziò da Minnelli e sposò Sidney Luft, ebbe altri due figli, Lorna e Joey, e mise su una casa di produzione indipendente. Con questa sua creatura nel 1954 produsse per la Warner Bros E’ nata una stella, remake del film del 1936, diretto con grande maestria e spessore da George Cukor, che riuscì a darle finalmente quella dignità che le era stata tolta negli ultimi anni, accennando anche a qualche momento biografico dell’attrice.

Judy Garland tornò alla ribalta come star di prima grandezza. Questo però fu il film di chiusura della sua carriera come attrice. Riuscirà a dare altre prove di talento in Vincitori e vinti nel 1961, sotto la direzione di Stanley Kramer, per cui fu candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista; nel 1963 ne Gli esclusi e sempre in questo stesso anno in Ombre sul palcoscenico, ma ormai non aveva più motivi per rimanere nel cinema. Si dedicò così ai concerti nei quali il pubblico l’amava, l’acclamava e le dava quel calore che le serviva per continuare.

Ma la salute ormai l’aveva abbandonata, spesso saltava i concerti, mentre il matrimonio fallito con Luft e un altro matrimonio questa volta con Mark Herron, da cui si separò 5 mesi dopo le nozze, divennero ben presto un motivo per i giornali per parlarne male e diffondere pettegolezzi. Purtroppo la sua vita arrivò alla fine in un momento inaspettato quando, appena sposata con Mickey Deane, sembrava tutto tornato alla calma: fu trovata dal marito morta nell’appartamento londinese, a causa di un avvelenamento da sonniferi. Era il 22 giugno 1969, Judy aveva solo 47 anni.

Così finì la sua sofferenza, dopo aver dato tutto al cinema, quel cinema non la ricambiò mai di nulla. James Mason, protagonista con lei di È nata una stella, disse giustamente al suo funerale: “Judy è stata una donna che ha dato così tanto e generosamente sia al suo pubblico sia agli amici, che non c’era moneta con cui poterla ripagare. E lei aveva tanto bisogno di essere ripagata, aveva bisogno di devozione e di amore in misura tale da superare le risorse di ognuno di noi”.

«Nel silenzio della notte, ho desiderato più volte di sentire poche semplici parole d’amore, dette da un solo uomo, piuttosto che il fragore degli applausi di migliaia di persone»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – ciakhollywood – cinekolossal


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

20 pensieri riguardo “Judy Garland, una stella bruciata troppo presto”

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