Tony Curtis, a qualcuno piace simpatico

Il suo vero nome era Bernard Schwartz, di nazionalità statunitense ma di origini slovacco ungheresi, nato da genitori immigrati in USA negli anni ’20. Nasce a New York il 3 giugno 1925. Proveniente da un quartiere povero del Bronx, dopo aver studiato arte drammatica a New York, fece alcune esperienze in piccoli gruppi teatrali, poi a Broadway in ruoli secondari, fino a quando venne notato e ingaggiato da impresari della Universal. Fa il suo vero esordio, non accreditato, nel noir Doppio gioco del 1949, con una breve ma incisiva apparizione nel ruolo di un gigolò, e lascia tutti sbalorditi per la grande dimestichezza che offre davanti alle cineprese.

Atletico ed esuberante, faccia da bravo ragazzo, simpatico e di bella presenza, viene subito impiegato per film avventurosi in costume di carattere esotico. Il suo esordio da protagonista avviene nel 1952 ne Il figlio di Alì Babà di Kurt Neumann e l’anno successivo, accanto alla moglie Janet Leigh, interpreta Houdini nel film omonimo diretto da George Marshall.

Attore eclettico, Curtis ha saputo avvalersi delle sue doti recitative interpretando ruoli sia drammatici che brillanti, e dimostrando che il suo valore professionale non era legato esclusivamente alla prestanza fisica. È stato interprete e protagonista di circa 130 film e la sua naturale simpatia gli ha permesso di conquistarsi un posto di prestigio nelle produzioni cinematografiche hollywoodiane degli anni Cinquanta e Sessanta.

Tra le pellicole drammatiche della sua ricca filmografia vanno ricordati il dramma Piombo rovente, del 1957, e soprattutto La parete di fango, dell’anno successivo, diretto da Stanley Kramer. In particolare questo film gli valse una nomination all’Oscar per il ruolo drammatico di un evaso violento e razzista, compagno forzato di Sidney Poitier in una fuga che li rende alleati.

Seguì nel 1968 un thriller secco e incisivo, Lo strangolatore di Boston, basato su una storia realmente accaduta. Interpretando il ruolo complesso di un operaio schizofrenico che, in preda a raptus di follia, uccide una dozzina di donne, Curtis riuscì a rendere con grande efficacia l’inquietante comportamento del personaggio, delineando la contorta psicologia di un serial killer, e a mantenere elevata la tensione emotiva della vicenda.

A partire dalla fine degli anni ’50, Curtis si distinse invece in alcuni ruoli più leggeri, in cui sfoderò il suo talento brillante.  Fu dapprima un suonatore d’orchestra squattrinato e donnaiolo accanto a Jack Lemmon e Marilyn Monroe, in quello che viene unanimemente considerato un capolavoro del cinema brillante americano, A qualcuno piace caldo, di Billy Wilder. Dello stesso anno, il 1959, è l’irriverente commedia antimilitarista di Blake Edwards Operazione sottoveste, in cui Curtis affianca un maturo ma sempre affascinante Cary Grant, facendogli da spalla seguendo il suo stile brillante e scanzonato.

Quattro anni dopo è a fianco di Gregory Peck in Capitan Newman, un curioso dramma bellico con sfumature psicologiche, a cui Curtis aggiunge un tono leggero e ironico. Diretto nuovamente da Blake Edwards, nel 1965, gira La grande corsa, commedia incentrata su una corsa automobilistica che vide Curtis di nuovo al fianco di Jack Lemmon, questa volta come suo antagonista.

Nell’ambito della produzione brillante vanno ricordati anche Chi era quella signora? e Il grande impostore, entrambi del 1960, e Ciao Charlie! di Vincente Minelli, del 1964. Il suo talento versatile, maturato attraverso una vasta gamma di esperienze recitative, portò Curtis ad accettare anche importanti ruoli in film in costume come Spartacus di Stanley Kubrick e I Vichinghi di Richard Fleischer, entrambi accanto a Kirk Douglas.

Sul finire degli anni sessanta, dirotta la sua professione in campo televisivo dove si presenta alla grande in coppia con Roger Moore nella serie Attenti a quei due e successivamente compare anche in C.S.I. – Scena del crimine. Negli ultimi anni della sua carriera Curtis si è trovato sempre più confinato in ruoli di caratterista: è apparso nell’ultimo film di Elia Kazan, Gli ultimi fuochi, del 1976, e poi in Assassinio allo specchio, di Guy Hamilton, nel 1980, accanto ad altre stelle hollywoodiane come Liz Taylor e Rock Hudson; nel ruolo di senatore patriottico ne La signora in bianco di Nicolas Roeg, tratto da un testo teatrale di T. Johnson, in cui si ironizza sulle celebrità statunitensi. Nel 1993 ha pubblicato l’autobiografia, scritta in collaborazione con Barry Paris.
Tony Curtis muore per enfisema polmonare a 85 anni, il 29 settembre 2010.

Sei matrimoni con cinque divorzi: il primo con Janet Leigh dalla quale ha avuto due figlie, oggi attrici affermate, Jamie Lee e Kelly; poi, in ordine di tempo, si è unito all’attrice austriaca Christine Kaufmann, da cui ha avuto altre due figlie, Allegra e Alexandra; dopo la separazione si è unito alla modella Leslie Allen, da cui ha avuto due figli, Nicholas morto di overdose nel 1994 e Benjamin; quindi si è sposato con l’attrice Andrea Savio, in seguito con la giurista Lisa Deutsch e in ultimo con Jill Vandenberg, sposata nel 1998 e rimastagli accanto fino alla morte.  

«Recitare è qualcosa che facciamo tutti nella vita, con i genitori, gli amici, i partner. Ci riaggiustiamo continuamente per essere accettati»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

16 pensieri riguardo “Tony Curtis, a qualcuno piace simpatico”

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