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Joan Crawford, l’ossessione della perfezione

Il suo vero nome era Lucille Fay LeSueur. Nasce a San Antonio nel Texas: la sua data di nascita fu tenuta sempre nascosta, ma si ritiene che sia nata nel 1904. La madre, abbandonata dal marito prima della nascita di Lucille, si risposò con il gestore di un piccolo teatro di provincia a Lawton (Oklahoma). Fu proprio in questo ambiente che Lucille iniziò ad appassionarsi alla danza e maturò il desiderio di diventare ballerina. Questo sogno svanì tragicamente quando si tagliò un piede con il vetro di una bottiglia, recidendosi il muscolo e i tendini, e restando semi claudicante per tutta la vita.

Nel 1917 la famiglia si trasferì a Kansas City, dove Lucille iniziò a cavarsela da sola, ottenendo un ingaggio da 25 dollari in un locale di Chicago. Un agente teatrale la scritturò e la fece debuttare a Broadway dove venne notata da un talent scout che la presentò alla Metro Goldwyn Mayer. Qui, dopo aver superato alcuni provini, venne messa sotto contratto quinquennale. Lucille iniziò quindi la sua carriera di attrice cinematografica, prendendo il nome di Joan Crawford. Esordì nel cinema nel 1925 nel film muto Lady of the Night, come controfigura della celebre diva del muto Norma Shearer, togliendole poi, cinque anni dopo, il ruolo di protagonista in Debito d’odio.

L’attrice che partiva da zero aveva capito che per sfondare bisognava modellare la propria personalità su un immagine di donna che colpisse il pubblico. Così si impegnò in ogni modo per apparire come una vera signora di classe. Essendo una donna intelligente e molto pratica, Joan aveva capito che le dive dell’epoca erano due: Greta Garbo e Marlene Dietrich, ma entrambe rappresentavano modelli inarrivabili per il pubblico femminile. Perciò fece di tutto per trasformarsi in un modello di donna in cui il pubblico femminile potesse immedesimarsi e magari sognare di diventare come lei.

Prima di diventare una star, la Crawford fece ben 19 film, con piccole apparizioni, ma sempre accanto a grandi attori del tempo, il che le diede visibilità. Fu sempre fedele alla MGM che le forniva il lavoro e la proteggeva e quando, negli anni a seguire, il boss Louis B. Mayer fu accusato di schiavizzare le sue attrici, lei ne prese sempre le difese dichiarando di aver ravvisato in Mayer una figura paterna. La sua carriera era ormai aperta, aveva idee chiare, era ambiziosa ed ogni progetto che le veniva proposto, lo affrontava con grande professionalità. Cercò di migliorare la recitazione, andò alla ricerca di un’immagine che la rendesse unica.

Prima si fece i capelli biondi, poi fu la volta delle labbra rese carnose grazie alla pesante sottolineatura del rossetto; quindi imparò a truccarsi gli occhi in modo da farli sembrare molto più grandi. Riuscì a convincere George Hurrell, il fotografo della casa cinematografica, a farle una serie di ritratti di grande effetto, e ottenne che Adrian, il famoso costumista dei divi di Hollywood, disegnasse e cucisse un intero guardaroba solo ed esclusivamente per lei. Si fece fare degli abiti con cui mostrava le spalle nude o comunque in evidenza e giacche dalla foggia squadrata, influenzando moltissimo la moda americana dell’epoca.

Da questo momento in poi l’attrice divenne una specie di icona, e dal 1933 in poi ogni personaggio che interpretava veniva creato su misura per lei, tanto che alla fine sembrò quasi imprigionata in un certo cliché di donna, incline alla drammaticità e alle facili lacrime. Nel 1933 girò Rivalità eroica, nel 1934 Incatenata e La donna è mobile, nel 1936 Amore in corsa e l’anno dopo La sposa vestiva di rosa, tutti film in cui lavorò accanto ai migliori attori del tempo come Clark Gable, Spencer Tracy e Gary Cooper.

Quando le cose sembravano andar bene, nel 1938 qualcosa s’inceppò improvvisamente, gli incassi non erano più quelli di sempre e Joan cominciò ad essere definita “un veleno per il botteghino”. I produttori non sapevano più che parte darle, ma per fortuna Joan non era una donna che si lasciasse cadere in depressione e decise di recitare qualsiasi soggetto anche con retribuzioni minime, pur di poter tornare in vetta. Nel 1938 fece Ossessione del passato, dove interpretava una nevrotica ballerina di un night-club, nel 1939 fu una commessa arrivista che si scontra con la moglie del proprio amante in Donne, poi lavorò in Follie sul ghiaccio nel 1939 mentre ne L’isola del diavolo, nel 1940, seguiva un gruppo di evasi da un penitenziario; sempre nel 1940 fu la volta di Peccatrici folli, in cui interpretava una donna dell’alta società ossessionata dall’idea di convertire amici e familiari a una nuova religione. Nel 1941 comparve sfregiata nei panni di una criminale che vuole convertirsi in Volto di donna.

Tutte queste parti misero in luce un’attrice che non si arrendeva davanti a nulla, ma alla MGM si resero conto che stava invecchiando e cercarono di liberarsi di lei.  “Esco dalla porta di servizio” fu la dichiarazione della Crawford quando lasciò la Metro Goldwyn Mayer per approdare alla Warner Bros. Quest’ultima casa di produzione, appena la ebbe sotto contratto, decise assurdamente di farla diventare rivale dell’altra sua star, Bette Davis.

Il grande ritorno al successo di botteghino arrivò con Il romanzo di Mildred nel 1945, diretto con maestria da Michael Curtiz. L’attrice recitò talmente bene che ottenne l’Oscar. Era tornata al suo fascino di sempre, la parte le calzava a pennello e la sua interpretazione fu davvero superba.  A questo successo seguirono altri film dello stesso genere come Perdutamente, Anime in delirio, Viale Flamingo, e I dannati non piangono, tutti girati dal 1946 al 1950. Con l’arrivo della televisione perse molto del suo pubblico, ma nel 1952 diede ancora una volta saggio della propria forza in So che mi ucciderai e, di ritorno alla MGM nel 1953, ebbe modo di riscattarsi del passato in La maschera e il cuore, mostrandosi anche fisicamente perfetta.

Nel 1954 fu Vienna in Johnny Guitar diretta da Nicholas Ray, che la inserì in un insolito western psicologico dove la sua presenza riusciva a dominare l’intero film. A seguire però pochi altri film degni di nota. Soltanto nel 1962 riuscirà ancora una volta a tornare alla ribalta internazionale grazie al regista Robert Aldrich, che la mise in coppia con la sua rivale alla Warner, Bette Davis, in Che fine ha fatto Baby Jane?. Di lei ha detto Bette Davis: “La più grande soddisfazione della mia vita fu quando buttai giù dalle scale Joan Crawford durante le riprese di Che fine ha fatto Baby Jane?
In seguito non ci furono più successi, e nel 1977 l’attrice morì per un cancro al pancreas, lasciando un vuoto incolmabile a livello artistico.


D’indole instabile, anche violenta, ha sempre cercato di surclassare i partner maschili o femminili, in qualsiasi produzione, tanto da attirarsi l’inimicizia delle più grandi star di Hollywood.
Fu sempre accompagnata da ossessioni di vario tipo, a cominciare da quella della pulizia. Durante i party nella sua villa, era solita, personalmente e ogni 10 minuti, ripassare con stracci le maniglie di porte e finestre, bicchieri, stoviglie e qualsiasi altro oggetto toccato dagli ospiti. Non ha mai fumato una sigaretta offerta da altri anche se presa dal suo pacchetto. Ha sempre dormito con un pigiama color bianco e senza alcun ornamento; in questa maniera, al risveglio, poteva osservare se la stanza o il letto era privo o meno di polvere. Durante i soggiorni in albergo era solita farsi disinfettare e sterilizzare il bagno in camera e tale operazione, che poteva durare anche ore, avveniva sempre sotto il suo sguardo vigile. In tutta la sua esistenza, non è mai entrata in una vasca da bagno e ha sempre usufruito della doccia.

Faye Dunaway nei panni di Joan Crawford in Mammina cara

Cinque matrimoni e quattro divorzi hanno caratterizzano la sua vita coniugale. Ha adottato quattro figli: Christina, Christopher, Cynthia e Cathy. I primi due furono diseredati; le sue considerevoli sostanze furono lasciate alle altre due, una coppia di gemelle adottate fuori dal matrimonio con Phillip Terry. Mommie Dearest (Mammina cara) è il titolo della sprezzante biografia scritta dalla figlia adottiva Christina nel 1978, che fu soggetto del film omonimo del 1981, interpretato da Faye Dunaway, dove la Crawford viene dipinta come una donna isterica ed estremamente egoista.

Il suo volto ha ispirato quello della strega Grimilde del film Disney Biancaneve e i sette nani e Crudelia De Mon nel film a cartoni La carica dei 101.

«Non esco mai se non come Joan Crawford, la Star del cinema. Se volete vedere la ragazza della porta accanto, allora andate alla porta accanto.»

FONTI: cinekolossal -ciakhollywood

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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

24 pensieri riguardo “Joan Crawford, l’ossessione della perfezione”

  1. Non conoscevo questi particolari del suo carattere e della sua vita privata.
    Ne esce un quadro tutto sommato molto onesto: una donna che cerca costantemente di migliorarsi, grazie ad un carattere forte ed a una volontà di ferro. Una tensione ad essere sempre brava, sempre all’altezza del compito, ad apparire – oltre ad essere – sempre perfetta.

    Piace a 1 persona

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