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L’uomo che uccise Liberty Valance (1962)

Siamo nel 1961 quando John Ford convince James Stewart e John Wayne, che non avevano mai lavorato prima insieme, a interpretare questo western rivoluzionario e crepuscolare, mettendo in scena una profonda riflessione sul mito e sull’epopea di quel West che lui stesso aveva esaltato con i suoi capolavori. Il film è costruito come un lungo flashback, raccontato in prima persona dall’anziano senatore Stoddard, tornato nel piccolo paesino di frontiera in cui aveva vissuto anni addietro, per il funerale di Tom Doniphon, un vecchio cowboy semisconosciuto. Al direttore del giornale locale, in cerca di uno scoop, e curioso di sapere come mai un senatore degli Stai Uniti, che è stato governatore e ha sfiorato la presidenza, sia venuto a rendere omaggio ad un semplice e anonimo mandriano, Stoddard racconterà tutta la storia della sua vita e di come quel semplice mandriano l’avesse cambiata.

Vedremo quindi come la sua ascesa politica fosse iniziata da un episodio che lo aveva reso celebre, l’uccisione del bandito Liberty Valance, che spadroneggiava in città, tiranneggiando gli abitanti con soprusi e violenze, nella totale incapacità dello sceriffo locale di fronteggiarlo. Stoddard era all’epoca un giovane avvocato squattrinato in cerca di fortuna, arrivato in questo piccolo villaggio di frontiera, e aveva dovuto subito fare i conti con la prepotenza del bandito. Proprio il mandriano Tom Doniphon aveva spiegato a Stoddard che in paese le leggi di Washington non esistono e l’unica che conta è la legge della pistola.

Quando la violenza di Valance era arrivata a colpire il giornale con cui il giovane collaborava, e con cui cercava di diffondere alfabetizzazione e democrazia, lo scontro armato si era fatto inevitabile. Stoddard sembrava destinato a soccombere, per l’inesperienza nell’uso delle armi, ma proprio Doniphon aveva finito per difenderlo durante il duello, colpendo di nascosto il temibile fuorilegge. La verità dunque è che tutta la fama e la carriera politica di Stoddard sono state costruite su una bugia, perché non è lui l’uomo che uccise Liberty Valance.

Il film è anomalo come western per diversi motivi. Intanto si assiste ad un’inversione di ruoli tra l’eroe vero e quello presunto: Doniphon, l’eroe vero, quello che uccide il bandito salvando di fatto la comunità, il tipico eroe da film western che ragiona a colpi di pistola, rimane nell’ombra, si fa da parte, rinunciando alla gloria e alla donna che ama, per far prevalere l’uomo nuovo, Stoddard, il politico pacifista, che neanche sa tenere in mano la pistola, ma combatte a colpi d’istruzione e democrazia per migliorare la comunità. Il momento saliente è proprio quando Doniphon racconta a Stoddard la verità, e lo convince a tacere, perché capisce che lui è una figura necessaria e assolutamente positiva, che può essere utile al benessere della comunità.

È il paradosso la forza di questa pellicola, la novità che la rende un capolavoro.

Stoddard, che non a caso ha il volto pulito di James Stewart, è l’eroe positivo, quello che serve alla comunità, eppure non c’è epica nelle sue azioni, è un semplice lavapiatti, che affronta il duello decisivo con addosso il grembiule, mentre Doniphon, che indossa il cinturone come solo John Wayne riusciva a fare, rappresenta l’eroe tragico, necessario per uccidere il cattivo, ma che poi deve farsi da parte, consapevole che la sua era è ormai tramontata. E con questa consapevolezza, disperato e ubriaco, dà fuoco al suo ranch, quasi a voler distruggere la propria identità e tutto quello che rappresenta. Il terzo incomodo, il villain di turno, è un Lee Marvin prepotente e disgustoso più del solito, e accanto a lui Lee Van Cleef, ormai accreditato come perfetto scagnozzo dai tempi di Mezzogiorno di fuoco.

C’è un altro momento fondamentale nel film, ed è quando il vecchio senatore Stoddard, dopo aver raccontato tutta la verità al direttore del giornale locale, gli chiede se ha intenzione di farci uno scoop, rivelando come sono andate davvero le cose. A lui il giornalista risponde con una battuta rimasta famosa, dopo aver platealmente stracciato i fogli sui quali aveva preso qualche appunto: «Non lo scriverò. Questo è il West, signore: quando la leggenda supera la realtà, scriviamo la leggenda.»

Tra i tanti protagonisti maschili, l’unica figura femminile, interpretata da Vera Miles, rimane decisamente in disparte, ben lontana da quelli che furono i ruoli di Grace Kelly e Katy Jurado in Mezzogiorno di fuoco. In un west che non ha più spazio per gli eroi, tanto meno può trovare posto un’eroina.
In fondo L’uomo che uccise Liberty Valance ci dice che il genere western si è ormai esaurito, almeno nel suo significato classico: mancano i grandi spazi aperti, le praterie e la Monument Valley, mentre il film è quasi claustrofobico, la maggior parte delle scene sono girate in interni, tra il saloon, il ristorante dove lavora Stoddard e la sede del giornale, che rappresenta il nuovo che avanza; perfino il duello, che è il momento decisivo, è ripreso da Ford con un’inquadratura del tutto nuova, diversa da quella tradizionale, necessaria del resto per mostrare l’intervento di Doniphon.

Una pellicola quindi nuova, con un messaggio rivoluzionario, in cui i toni non sono quelli baldanzosi e trionfalisti tipici del western che Ford ha contribuito a plasmare, e persino i momenti salienti mancano della tipica euforia che ci si aspetterebbe. Un film permeato da un’atmosfera nostalgica, che mostra il passaggio dall’America selvaggia del west all’America civile della legge e della democrazia.
Forse quello che Ford vuole dirci è che l’America è davvero un Grande Paese, ma dopo tutto non così leggendario come si vuole credere.

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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

8 pensieri riguardo “L’uomo che uccise Liberty Valance (1962)”

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