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Marilyn Monroe, candle in the wind

Il suo vero nome era Norma Jean Baker Mortensen.
Di origini ignote, figlia illegittima e cresciuta tra un orfanotrofio e un altro, probabilmente violentata quando aveva soli 10 anni, lascia il liceo dopo un solo anno di frequenza.
A 20 anni diventa una sex-girl e compare su molte copertine di riviste specializzate, dove posa in ´foto artistiche´, per l’epoca molto licenziose, riprese dal fotografo internazionale Milton H. Greene.


Dopo alcune prove minori, si fa notare grazie a un piccolo ruolo in Giungla d’asfalto di John Huston. La MGM non crede in lei ed è allora la Fox a metterla sotto contratto; l’attrice però rifiuta sistematicamente i ruoli a lei assegnati, considerandoli futili, e si trasferisce a New York dove studia recitazione all’Actors’ Studios. Al ritorno da New York prova ad associarsi alla Columbia, ma il contratto con la Fox non è rescindibile e Marilyn è costretta, pur di lavorare, a mettersi a disposizione dei produttori. Successivamente riesce a ridiscutere le clausole contrattuali e ottiene il vincolo di poter scegliere lei stessa i registi.


Diventa una vera star a partire dal 1953 quando, dopo aver interpretato Il magnifico scherzo di Howard Hawks e soprattutto Niagara di Henry Hathaway, diventa improvvisamente la nuova diva, regina incontrastata della commedia brillante e rivale di due grandi attrici come Ava Gardner e Rita Hayworth.

È proprio del 1953 Gli uomini preferiscono le bionde, film che interpreta accanto a Jane Russell, dando anche ottima prova delle proprie abilità canore.


Nel 1955, insieme al fotografo Milton Greene e allo sceneggiatore Arthur Miller fonda la Marilyn Monroe Production, una casa di produzione indipendente che dovrebbe consentirle di scegliere personalmente i film da interpretare. Ma la casa cinematografica ha vita breve: si scioglie in poco tempo per contrasti interni e produce un solo film, Il principe e la ballerina, dove Marilyn recita al fianco di Laurence Olivier, che pare non potesse soffrirla per la sua scarsa professionalità. Tuttavia, alla fine del film, ne elogiò la performance.


Con il tempo, l’insofferenza all’ambiente del cinema, i continui e monotoni contatti sempre con gli stessi personaggi, le procurano più di un esaurimento nervoso, e il quadro clinico va peggiorando di anno in anno. La puntualità sul set diventa un optional, le durate delle riprese dipendono dai suoi capricci, la recitazione è sempre meno curata. L’uso prolungato di psicofarmaci le deteriora l’aspetto fisico, causando spesso anche vuoti di memoria e portando a continui litigi con registi, attori e produttori. Nel 1950 tenta per la prima volta il suicidio.


Nel 1959, sul set di A qualcuno piace caldo, deve ripetere per ben 59 volte una semplice battuta: “dov’è il bourbon?”. Nel 1960 inizia le riprese de Gli spostati, film crepuscolare e considerato maledetto per i fatti tragici a cui è legato: alla fine delle riprese Clark Gable fu colpito da infarto e poco tempo dopo anche Montgomery Clift morì per un attacco di cuore. La sceneggiatura di quel film era stata scritta per lei dal marito Arthur Miller, come regalo di San Valentino, ed era intesa a far risaltare il suo personaggio. Quando però le riprese iniziarono, i due si erano già separati. Per giudizio unanime della critica, Gli spostati fu il film in cui Marilyn offrì la sua miglior performance. Tuttavia fu il suo ultimo film completato. Durante le riprese di Something’s Got to Give di George Cukor del 1962, per i continui e prolungati ritardi agli appuntamenti quotidiani con le prove, viene licenziata sul set dal produttore Henry Weinstein (nessuna parentela con il famigerato omonimo). La cosa non fa altro che aggravare ancor di più lo stato psichico dell’attrice, ormai con i nervi totalmente a pezzi.


Muore a 36 anni a Brentwood, ufficialmente per suicidio, ma ancora oggi non esistono spiegazioni certe sulla causa del decesso. Lascia un patrimonio di circa 2 milioni di dollari, molti dei quali per sua espressa volontà andarono in beneficienza.

Soprannominata “la bionda esplosiva”, icona del divismo hollywoodiano, simbolo incarnato di una femminilità luminosa e tormentata; la sua bellezza fece impazzire i fans di mezzo mondo, generando un mito che ancora oggi sopravvive.
Il nome Marilyn fu scelto per lei, ai tempi della Fox, dall’attore Ben Lyon per la profonda ammirazione che nutriva verso l’attrice del muto Marilyn Miller.

Pur non avendo conseguito alcun diploma per aver abbandonato gli studi, era comunque una persona discretamente colta, che ha sempre coltivato molti interessi: nella sua casa possedeva una biblioteca privata di più di 400 volumi su argomenti che vanno dall’arte alla storia, dalla psicologia alla filosofia, ma anche letteratura, religione e poesia.

Il famoso abito color carne, soprannominato JFK, era talmente stretto che fu necessario cucirlo su lei stessa: lo indossò al ricevimento in occasione del compleanno di John F. Kennedy. Nel 1999, fu venduto all’asta Christie’s per 1 milione di dollari.

Marilyn ha interpretato un solo personaggio che nel film muore: in Niagara, noir a colori del 1953.

Ossessionata dall’idea che sul suo volto potessero nascere brufoletti o anche macchie impercettibili, si lavava il viso in media 18-20 volte al giorno.

Ha scritto un’autobiografia, dal titolo My Story, pubblicata in 12 lingue, compresa l’edizione in italiano.

Ufficialmente sposata tre volte: con il documentarista James Dougherty, con il campione di baseball Joe DiMaggio e infine con il commediografo Arthur Miller, matrimoni conclusi con altrettanti divorzi. Nel 1956, sei anni dopo aver tentato il suicidio, si convertì alla religione ebraica: il solo caso nella storia delle grandi star di Hollywood. Il suo terzo matrimonio, con lo scrittore Arthur Miller, si celebrò due volte nello spazio di tre giorni; prima in rito civile e poi in quello giudaico.

Ma c’è chi sostiene che si sia sposata altre due volte: in segreto, con lo sceneggiatore Robert Slatzer conosciuto sul set di Niagara e in gioventù, con un noto avvocato di San Francisco. Non ha avuto figli ma un numero imprecisato di aborti; l’ultimo, durante l’unione con Arthur Miller, le chiuse definitivamente ogni possibilità di eventuali future maternità.

Innumerevoli storie d’amore circondano la leggenda di Marilyn. Tra amanti, avventure, flirt e tradimenti, veri o presunti, si ricordano relazioni sentimentali con Robert Mitchum, Frank Sinatra, Marlon Brando, James Dean, Mickey Rooney, Yul Brynner, George Sanders, Dean Martin, Ives Montand, Tony Curtis, Ronald Reagan, e Robert Wagner, con i registi John Huston e Elia Kazan, oltre a quelle tempestose, circondate da mistero, con il presidente USA John F. Kennedy e suo fratello Robert.

Hollywood è un luogo dove ti danno 1000 dollari per un bacio e 50 centesimi per la tua anima”

FONTE: cinekolossal

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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

43 pensieri riguardo “Marilyn Monroe, candle in the wind”

        1. Come bellezza, secondo me, siamo lì. Diciamo che ci farei la firma su tutte e due. La Bardot è un’attrice europea, e quindi sottratta alla pessima influenza di Hollywood. Marylin è stata sfortunatissima, fin dall’infanzia, sfruttata dagli uomini, che probabilmente non l’hanno mai amata davvero. La Bardot mi sembra che abbia più sfruttato lei gli uomini, che il contrario.

          "Mi piace"

  1. Una icone, un mito.
    Bellissima, idolatrata ma forse mai amata veramente, e terribilmente triste.
    La sua figura merita approfondimenti, perché non era una persona superficiale (da quanto ho letto), ma molti volevano che lei lo apparisse.

    Piace a 1 persona

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