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Codice d’onore (1992)

Questo film aveva fin dall’inizio tutte le carte giuste per essere un successo di critica ma soprattutto di pubblico: la scelta di attori tutti famosi e, all’epoca, all’apice del successo, tutti bravi e bellocci (Nicholson a parte), esaltati dalle divise e diretti da un regista in gamba, certamente non poteva nuocere. A questo si aggiunge una storia intrigante e la giusta tensione che tiene sospesi fino all’ultimo: anche se il finale poteva essere in qualche modo prevedibile, il modo in cui ci si arriva è davvero spettacolare. La scena finale in cui il giovane avvocato inesperto e insicuro riesce ad incastrare il baldanzoso e insopportabile colonnello, è entrata a buon diritto tra le migliori della storia del cinema.

Riassumo la storia, per chi non la conoscesse. Due marines della base navale di Guantánamo a Cuba sono accusati davanti alla corte marziale dell’omicidio di un commilitone. Fin dall’inizio sembra che si cerchi una sbrigativa condanna dei due militari: la difesa viene infatti affidata a tre giovani avvocati, tra cui una donna e un novellino che non ha mai visto un’aula di tribunale. Ma saranno proprio questi ultimi ad incastrare astutamente il colpevole.

Quasi subito comprendono infatti che l’omicidio è stato in realtà un incidente causato dall’applicazione di un “codice rosso”, la norma non scritta che impone dure punizioni ai commilitoni che non si dimostrano all’altezza della divisa; ed è chiaro anche che il codice rosso deve essere stato ordinato dall’alto. Cercheranno quindi di impostare la difesa dei due imputati proprio sull’assenza di responsabilità da parte loro, in quanto non hanno agito di loro iniziativa, ma per eseguire un ordine. Il difficile sarà costringere il responsabile ad ammettere di aver impartito quell’ordine.

Ci riusciranno con l’astuzia, facendo leva sulla sua presunzione, e provocandolo fino a fargli abbassare ogni difesa. Alla fine la sentenza sarà salomonica, perché, oltre all’arrogante colonnello che ha dato l’ordine, anche gli esecutori, pur giustificati dal rispetto delle gerarchie militari, pagheranno caro l’aver messo a tacere la propria coscienza.

Non credo di aver rivelato troppo, sia perché il film è molto conosciuto, sia perché la sua bellezza sta nelle dinamiche che si creano tra i personaggi, nei dialoghi e soprattutto nel finale, che va assaporato parola per parola.

Al di là di ogni altra considerazione, il film è un ottimo legal thriller, sostenuto da un ritmo incalzante e da una sceneggiatura brillante, oltre che dall’eccellente recitazione degli interpreti e da una regia accurata che li supporta adeguatamente. Tuttavia i pregi estetici e artistici della pellicola non possono far dimenticare le tematiche che propone, a cui nel finale cerca di dare un risposta inequivocabile.

Tra i sorrisetti ammiccanti di Cruise e gli sguardi languidi della Moore, il film cerca anche di far riflettere, perché affronta tematiche spinose, care all’ambiente militare, come la necessità di una rigida disciplina all’interno dell’esercito, soprattutto in tempo di guerra, laddove se uno sbaglia, qualcuno muore.

E’ l’eterno dilemma tra la cieca obbedienza agli ordini dei superiori o alla propria coscienza, e prima ancora è un problema di attribuzione della responsabilità, tra chi dà un ordine ingiusto e chi lo esegue senza discutere.

Ma c’è anche un’ulteriore questione, posta proprio dal colonnello, convinto delle proprie ragioni, quando si vede sotto accusa, ed è la necessità che qualcuno faccia il lavoro sporco pur di mantenere la pace, quella pace che a tutti piace godersi, ma che nessuno vuol sapere come sia stata conquistata.

Certo non è Full Metal Jacket né tanto meno Orizzonti di gloria, ma a suo modo riesce a far riflettere, anche se resta un film commerciale, che sfrutta la notorietà di Tom Cruise dopo Top gun e le grazie della Moore, che più avanti rimetterà la divisa per Soldato Jane. Non c’è mai stata una conferma ufficiale, ma sembra che Codice d’onore abbia ispirato la serie televisiva Jag – Avvocati in divisa.

Ottima prova di tutti gli attori, ma il film passerà alla storia per la gara tra Kevin Bacon e Kiefer Sutherland al peggior taglio di capelli. A parte gli scherzi, il duello verbale tra Cruise e Nicholson nella scena finale, in cui il colonnello Jessep è inchiodato sul banco dei testimoni, vale da solo tutto il film e, comunque la si pensi, quel Tu non puoi reggere la verità! urlato dal militare al giovane avvocato, risuona in tutta la sua potenza nelle coscienze di ognuno di noi.

Complimenti ad Alessandro Gianesini di World of Sphaera Austin Dove de Il Blog di Tony  Farida Hakim de la borsetta delle donne e la new entry Centoquarantadue che hanno indovinato.

Per chi vuole rivedere la scena finale.

SPUNTI DI CINEMA: Legal movies: brividi in tribunale

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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

21 pensieri riguardo “Codice d’onore (1992)”

  1. Bel film, ben interpretato e con un cast di tutto rispetto (e poi io adoro Jack Nicholson, anche se non conosco tutta la sua filmografia).
    Sull’argomento, però, come hai ben detto tu, Full Metal Jacket è una potenza di fuoco superiore, per stare in tema.

    Piace a 2 people

  2. All’epoca (avevo circa 18 anni) impazzivo per il cinema di serie A e i “filmoni con gli attoroni”, e addirittura potevo fregiarmi di star assistendo alla nascita di “nuove leve”, cioè attori di prima scelta che salivano di livello. Una roba mai più successa, visto che l’intero cast di questo film è ancora lì, 25 anni dopo, senza alcuna nuova leva a sostituirli, visto che gli esordienti partono bene e poi si perdono. Va be’, sto divagando…
    All’epoca in famiglia avevamo il canale a pagamento Tele+1 e appena il film arrivò dal cinema eravamo tutti lì, in prima serata, a gustarcelo. Il giovane rampante Cruise, la nuova leva, che osa affrontare il mostro sacro Nicholson: era uno spettacolo che abbiamo adorato! Colpevolmente non credo di averlo rivisto, non mi è più capitato, ma ora quasi quasi… 😛
    All’epoca il legal thriller spaccava, John Grisham era la versione legal di Stephen King, uscivano più film e serie TV con avvocati che di altri generi, quindi forse non c’era bisogno di “Codice d’onore” per far nascere “JAG” ma di sicuro è stata un’ottima ispirazione. In fondo Cruise e Moore sono perfetti antenati di Rabb e MacKenzie 😉

    Piace a 1 persona

      1. Di sicuro gli attori del Duemila si sono trovati in un cinema totalmente diverso, giusto delle rovine fumanti che ricordavano a malapena cos’era stato in passato. Gli spettatori paganti sono solo i ragazzini, quindi è scomparso ogni tentativo di fare film adulti – ad eccezione di case indipendenti che per fortuna ci regalano ancora qualcosa di buono – quindi pensare che una grande casa tiri fuori un film con attori con più di vent’anni e una tematica adulta è fuori discussione. E così esce solo robbetta veloce e superficiale dimenticata già il giorno dopo, grazie ad una distribuzione totalmente assente, che non investe più in pubblicità. (Credono che mettere il trailer su YouTube sia pubblicità…)

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