Shelley Winters, la diva inaspettata

Bionda, procace e molto versatile, malgrado il suo aspetto rassicurante è stata sempre impiegata in ruoli altamente drammatici, frutto di un’innata propensione verso figure forti e spesso tragiche. Nella prima fase della carriera ha interpretato ragazze sfortunate, spesso caratterizzate da una certa volgarità, e in un periodo successivo donne mature e madri non di rado disturbate mentalmente, o addirittura criminali.

Il suo vero nome era Shirley Schrift, ed era nata a East St. Louis (Illinois) il 18 agosto 1920. Trasferitasi con la famiglia a New York nel 1933, seguì corsi serali alla New Theater School e iniziò la sua attività come ballerina. Agli inizi, non trovando spazio nel cinema, è costretta a lavori manuali di commessa in supermercati; poi tenta la strada della moda come indossatrice e in seguito inizia a frequentare il teatro. A Broadway, è scoperta dai produttori della Columbia che la mettono sotto contratto ma i primi passi non sono certo incoraggianti; viene spesso impiegata in film di routine a basso costo e senza accredito.

Doppia vita (1947)

Nel 1947 ha la sua occasione e la sfodera seppur in un ruolo marginale, ma intensamente interpretato, in Doppia vita, di George Cukor, dove interpreta una cameriera che finisce strangolata da un maturo attore. Il film è il suo trampolino di lancio e, pur priva della bellezza e del sex-appeal di altre dive hollywoodiane, da questo momento è incessantemente richiesta, in special modo per film dai contenuti molto drammatici. Interpretò personaggi dagli analoghi tragici destini ne L’urlo della città (1948) di Robert Siodmak e Il grande Gatsby (1949) di Elliott Nugent. Nel 1950 cantò nelle succinte vesti della prosperosa Coral ne La peccatrice dei mari del Sud.

Un posto al sole (1951)

L’anno dopo si iscrisse ai corsi dell’Actors Studio diretti da Elia Kazan; nello stesso anno interpretò Un posto al sole nel ruolo della sventurata Alice, amante ormai scomoda di un arrivista deciso a sposare un’ereditiera. L’interpretazione le valse una nomination all’Oscar come migliore attrice non protagonista. Nel 1955 Charles Laughton, con cui aveva recitato a teatro, la chiamò per la sua unica regia, che si rivelò un autentico capolavoro: La morte corre sul fiume, in cui ancora una volta impersonò una donna vittima della brutalità maschile.

Progressivamente passò per lo più a ruoli da caratterista, come ne Il diario di Anna Frank (1959), dove è la petulante signora Van Daan, ruolo che le vale il primo Oscar come miglior attrice non protagonista. Offrì quindi un’interpretazione straordinaria in Lolita (1962) di Stanley Kubrick, nella parte dell’asfissiante madre della protagonista, mentre in Sessualità, dello stesso anno, disegnò il ritratto accurato di una casalinga frustrata. Nel 1964 approdò in Italia per interpretare il ruolo di Lisa ne Gli indifferenti di Francesco Maselli, dal romanzo di A. Moravia: ormai sfiorita e appesantita, nelle sue caratterizzazioni, anche in quelle brillanti, cominciarono a balenare tratti aggressivi, o addirittura minacciosi.

Buonasera signora Campbell (1968)

Così ad esempio, nel film Incontro al Central Park (1965), interpretò una madre snaturata (ruolo che le valse il secondo Oscar come miglior attrice non protagonista) e in Joe Bass l’implacabile (1968) una malconcia prostituta. Si contrappose poi come massaia perfetta alla trasgressiva protagonista, interpretata da Gina Lollobrigida, in Buona sera, signora Campbell di Melvin Frank, e diede vita a una madre sanguinaria ne Il clan dei Barker (1970) di Roger Corman. Nel 1971 recitò in due horror, I raptus segreti di Helen e Chi giace nella culla della zia Ruth?.

Un borghese piccolo piccolo (1977)

Dopo un’inquietante apparizione nell’agghiacciante L’inquilino del terzo piano (1976) di Roman Polanski, nel 1977 tornò in Italia per recitare accanto ad Alberto Sordi in Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli, e interpretare la folle assassina Lea in Gran bollito (1977) di Mauro Bolognini, liberamente ispirato alla saponificatrice di Correggio. In seguito ha rallentato gradualmente la sua attività, limitandosi ad apparizioni di minor risalto, tra cui è comunque da segnalare quella in Ritratto di signora (1996) di Jane Campion.

Con Roseanne Barr in Pappa e Ciccia

Negli anni ’90 lavora anche in televisione con un ruolo ricorrente nella Sitcom Pappa e Ciccia. Nel 1999 si ritira dalle scene. Negli ultimi anni della carriera ha scritto diversi adattamenti teatrali e nel 1980 aveva pubblicato la sua autobiografia, non tradotta in italiano, Shelley Also Known As Shirley, seguita nel 1989 dalla seconda, Shelley II: The Middle of My Century.

Shelley Winters con Vittorio Gassman e la figlia Vittoria

Si è sposata quattro volte con tre divorzi; il primo marito fu Mack Paul Mayer, capitano della Army Air Force, poi, a seguire gli attori Vittorio Gassman, da cui ha avuto la figlia Vittoria, Anthony Franciosa e in ultimo, Gerry DeFord, suo compagno da lungo tempo, sposato poco prima di morire.

Shelley Winters si è spenta il 14 gennaio 2006 al Rehabilitation Centre di Beverly Hills, dove era ricoverata dal 14 ottobre 2005 in seguito ad un infarto.

«La vita è un continuo cambiamento, a volte in meglio, a volte in peggio: cambiano i sogni, gli obiettivi e talvolta perfino i valori»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal

Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

13 pensieri riguardo “Shelley Winters, la diva inaspettata”

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