Anatole Litvak, anima cosmopolita

Il suo nome completo era Anatole Michael Litwak, ed è stato un regista e sceneggiatore che ha firmato film diventati celebri, senza però entrare nell’Olimpo hollywoodiano. Probabilmente molti non hanno mai sentito il suo nome, ma quasi sicuramente conoscono, almeno di fama, film come La fossa dei serpenti, Il terrore corre sul filo, Anastasia, Le piace Brahms? o La notte dei generali. Come regista non ebbe mai uno stile propriamente definito, ma seppe abilmente adattarsi alle esigenze produttive e agli stili di ogni paese in cui si trovò a lavorare. Viaggiò molto, lavorando fra gli anni ’20 e ‘30 nelle due capitali del cinema europeo, Berlino e Parigi, quindi a Hollywood, dove si svolse la stagione più importante della sua carriera, e poi di nuovo in Europa. Litvak si dimostrò capace di mescolare esperienze, linguaggi e identità culturali, così da meritare l’appellativo di cineasta cosmopolita.

Nasce a Kiev il 21 maggio 1902, quando ancora la città apparteneva all’impero zarista, da una famiglia ebrea di commercianti, e dopo gli studi in filosofia a San Pietroburgo, frequenta la scuola teatrale di Mosca. Passa quindi a lavorare nel cinema come scenografo e aiuto regista e dirige il suo primo film, Tatiana, nel 1923, ad appena 21 anni. Nel 1925 si trasferisce in Germania, dove lavora come scenografo e montatore e gira alcuni film per la UFA. In seguito entra a far parte del gruppo dei cineasti russi che, fuggiti dopo la rivoluzione, lavoravano tra Berlino, Parigi e la Gran Bretagna.

Con l’avvento del sonoro, grazie alla sua buona conoscenza delle principali lingue europee, divenne uno dei registi più ricercati per la realizzazione delle cosiddette versioni multiple (film girati contemporaneamente in inglese, francese e tedesco). Tra i suoi maggiori successi di questo periodo vanno ricordati i due melodrammi realizzati in Francia: L’equipaggio (1935) e Mayerling (1936). Quest’ultimo in particolare ebbe molto successo e lo proiettò verso gli Sati Uniti.

A Hollywood, è messo sotto contratto dalla Warner Bros, ottiene la cittadinanza americana e dirige all’inizio film di ambientazione europea o rifacimenti hollywoodiani di commedie che avevano avuto successo in Europa, come Tovarich (1937), e successivamente film noir a sfondo sociale. Anche in seguito, peraltro, Litvak mantenne la tendenza a girare film di sapore europeo, spesso ambientati a Parigi (che amava particolarmente) o a Londra, ricostruite scenograficamente a Hollywood, e a servirsi di attori di origine europea, come Charles Boyer e Ingrid Bergman. Sono del 1940 sia Paradiso proibito, con Charles Boyer e Bette Davis, sia La città del peccato con Ann Sheridan e James Cagney.

Allo scoppio delle ostilità, partecipa alla Seconda Guerra Mondiale; sui campi di battaglia realizza una serie di documentari bellici, prodotti da Frank Capra, riordinati sotto il titolo Why We Fight. Terminato il conflitto, vive il miglior periodo della sua carriera. Ottiene infatti il meritato riconoscimento per due film noir di spessore, La disperata notte (1947) e Il terrore corre sul filo (1948) e per il drammatico La fossa dei serpenti (1948), film ambientato in un manicomio descritto con toni insolitamente realistici, che ottiene 5 candidature insperate all’Oscar. Tre anni dopo dirige I dannati, ritenuto dalla critica il suo capolavoro, una spy story che ha per protagonisti alcuni prigionieri tedeschi reclutati dagli angloamericani come spie, e inviati tra i nazisti a raccogliere informazioni.

La sua esperienza in Francia e Germania gli aveva insegnato a riconoscere l’importanza del soggetto, e dunque a sottrarsi, quando possibile, alle modalità del classico regista da studio hollywoodiano, obbligato a mettere in scena copioni senza conoscerli o apprezzarli. Non è un caso che due dei suoi film più celebri abbiano alla base un soggetto che lui stesso insistette per comprare, adattare e dirigere: uno è La fossa dei serpenti, adattamento del romanzo omonimo su una tematica controversa e decisamente non hollywoodiana; l’altro è Il terrore corre sul filo, ricavato dal radiodramma di L. Fletcher, un thriller psicologico in cui una donna ricca e malata scopre che il marito sta progettando di ucciderla.

Era inoltre molto esigente, tanto che si era fatto la fama di far ripetere le scene anche cento volte, finché non era assolutamente sooddisfatto del risultato, e prestava un’attenzione quasi maniacale ai dettagli.

Questo suo perfezionismo portò fortuna alle attrici che diresse: in Paradiso proibito, Barbara O’Neil fu candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista; ne Il terrore corre sul filo Barbara Stanwyck fu candidata come miglior attrice protagonista e lo stesso accadde a Olivia De Havilland per La fossa dei serpenti. Per Ingrid Bergman, addirittura, Litvak segnò una nuova rinascita, dopo che era caduta in disgrazia per le sue vicende sentimentali con Rossellini: la scelse come protagonista di Anastasia (1956), per il quale vinse l’Oscar e rientrò così nelle grazie del pubblico americano. Negli anni ’60, prima del ritiro definitivo, dirige ancora la Bergman nel romantico Le piace Brahms? (1961) e il kolossal bellico La notte dei generali (1967).

Litvak era stato sposato per due anni, dal 1937 al 1939 con l’attrice Miriam Hopkins. Dopo il divorzio si era unito alla costumista Sophie Steur, che lavorò ad alcuni suoi film, ed è rimasto con lei fino alla morte, avvenuta il 15 dicembre 1974, in Francia, dove negli ultimi anni si era trasferito.

«Non esiste una scena così ben girata che non possa essere migliorata rigirandola. Magari si potesse fare anche nella vita»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal – IMDb


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

18 pensieri riguardo “Anatole Litvak, anima cosmopolita”

      1. Eh, un po’ difficile immaginare cosa sia “straniero” per gli americani, con tutte le ondate migratorie che hanno avuto ai primi del Novecento (ebrei, polacchi, italiani, irlandesi, ecc.).
        In Europa mi sembra strano: abbiamo acclamato registi da ogni luogo, direi…

        "Mi piace"

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