William Holden, il fascino di un sorriso

1918 – 1981

Il suo vero nome era William Franklin Beedle jr.
Interprete fra i più prestigiosi e classici del cinema hollywoodiano, nonostante fosse dotato di un aspetto perfetto per rappresentare il tipico giovane della provincia americana, riuscì con il tempo a svincolarsi da questo cliché per affrontare, sempre con grande professionalità, ruoli diversi, spesso complessi, passando dalla commedia romantica alle storie di guerra, dai film drammatici a quelli d’avventura.

Nacque a O’Fallon, in Illinois il 17 aprile 1918. Di agiata famiglia borghese, fece studi regolari, e fu successivamente scoperto da un talent scout della Paramount, che lo portò a Hollywood dove venne selezionato per il ruolo di un sensibile violinista che si trasforma in un pugile violento e spietato, nel film melodrammatico Passione ‒ Il ragazzo d’oro, del 1939.  Seguirono altri ruoli da protagonista in semplici commedie, in cui l’attore continuò a rappresentare lo stereotipo di prestante e simpatico ragazzo americano.

Subito dopo la guerra, alla quale aveva partecipato con i gradi di tenente, Holden cominciò a incrinare questo cliché, sorprendendo il pubblico con la sua interpretazione dello squilibrato omicida evaso in Pazzia – All’alba non sarete vivi (1948). L’anno dopo interpretò un losco uomo d’affari, che finisce per sposare la sua segretaria, nell’inconsistente commedia Segretaria tutto fare di Lloyd Bacon. La vasta popolarità arrivò nel 1950 con il capolavoro di Billy Wilder Viale del tramonto, al fianco della diva del muto Gloria Swanson, in cui Holden recita il ruolo dell’ambiguo sceneggiatore Joe Gillis, inizialmente previsto per Montgomery Clift.

Fu una notevole prova di bravura per l’attore che riuscì a dar vita al suo personaggio con grande sobrietà e un composto umorismo, ottenendo così la prima nomination all’Oscar. L’anno successivo ebbe modo di doppiare il suo successo nella brillante commedia di George Cukor Nata ieri, in cui è un giornalista che accetta la sfida di educare un’ingenua e poco istruita ballerina, che finirà per innamorarsi di lui. Fu ancora una volta uno scettico giornalista in Furore sulla città (1952), un architetto seduttore nella commedia, per l’epoca scandalosa, La vergine sotto il tetto (1953), e il duro capitano Roper ne L’assedio delle sette frecce.

Tornò a collaborare con Wilder in altri due lavori eccellenti: il satirico e sorprendente Stalag 17 (1953), e l’impareggiabile commedia sofisticata Sabrina (1954). Nel primo fu il contraddittorio Sefton, prigioniero di un campo nazista sospettato di essere una spia: la parte era stata scritta per Charlton Heston, ma Holden la fece propria, arrivando a ottenere l’Oscar. Tuttavia alla cerimonia di consegna arrivò in ritardo, salì sul palco, ritirò la statuetta dicendo semplicemente ´grazie´, e lasciò la sala a passo spedito. In Sabrina (1954), invece, è un affascinante playboy che contende la deliziosa protagonista (Audrey Hepburn) al fratello maggiore (Humphrey Bogart).

Negli anni successivi Holden confermò la duttilità e la versatilità del suo talento continuando ad alternare fascino e coraggio, parti da commedia, da melodramma e ruoli epici da eroe di guerra. Di questo periodo vanno ricordati L’amore è una cosa meravigliosa (1955), in cui è un corrispondente di guerra innamorato di una dottoressa di Hong-Kong, Picnic (1955) in cui Holden è un seducente vagabondo che smaschera i vizi nascosti della classe media americana, Il ponte sul fiume Kway (1957), dove interpreta un prigioniero fuggiasco incaricato di far saltare un ponte e Soldati a cavallo (1959), in cui è l’ufficiale medico pacifista che si oppone al colonnello nordista, interpretato da John Wayne.

Negli anni Sessanta la sua carriera andò incontro a un evidente declino e Holden fu scritturato in produzioni minori, fatta eccezione per Il mondo di Suzie Wong (1960) e Insieme a Parigi (1964), una divertente commedia in cui recita nuovamente accanto ad Audrey Hepburn, nel ruolo di uno sceneggiatore fallito. Fu il regista Sam Peckinpah a rilanciarlo clamorosamente nel suo western innovativo Il mucchio selvaggio (1969), in cui Holden offrì una delle sue più incisive interpretazioni. Nel 1973 tornò alla commedia interpretando con grande efficacia il personaggio di Frank Harmon, un uomo maturo che s’innamora di una giovane hippy, nel malinconico melodramma Breezy, diretto da Clint Eastwood.

Nel 1974 fu al fianco di Paul Newman e Steve McQueen nel cast all star de L’inferno di cristallo, con il personaggio del costruttore del grattacielo. Nel 1977 ottenne una nomination all’Oscar per l’interpretazione del produttore televisivo in Quinto potere di Sidney Lumet. Tornò a lavorare con Billy Wilder per la quarta volta in Fedora (1978), sempre nella parte di un produttore, e il suo ultimo film fu S.O.B. (1981), la strepitosa farsa anti hollywoodiana diretta da Blake Edwards.

È stato il primo attore di Hollywood a guadagnare 1 milione di dollari per la prestazione in un film, ed è stato anche il primo ad aver introdotto il ´contratto a rendimento´, che prevedeva oltre l’ingaggio (medio-basso), una clausola per cui avrebbe percepito circa il 20 per cento dell’incasso totale ai botteghini.

Di idee repubblicane, moderato, era stato chiamato nel 1947 a far parte della commissione contro gli artisti sospettati di ideologia comunista, ma lasciò amareggiato l’incarico, non appena venne a sapere che il suo amico, lo sceneggiatore Dalton Trumbo, era stato iscritto nella lista nera.

Assecondando la sua grande passione verso gli animali selvatici, nel 1970 aveva acquistato in Africa un vasto territorio, per trasformarlo in un vero e proprio santuario protetto, abitato da ogni specie di animali.

Cessati i trionfi, si era abbandonato all’alcol divenendone dipendente.
Il 12 novembre 1981, a 63 anni, muore dissanguato nella propria abitazione, dopo aver battuto la testa a seguito di una scivolata, probabilmente causata dal suo stato d’ebbrezza. Il suo corpo fu ritrovato solo quattro giorni dopo, per questo da alcuni la data della morte è fissata al 16 novembre. Accanto al corpo fu trovato il telefono, con cui avrebbe potuto facilmente chiamare i soccorsi e salvarsi la vita, ma non lo usò.
Secondo le sue volontà, fu cremato e le ceneri furono disperse nel Pacifico.

«Forse la recitazione dovrebbe essere considerata, più che un’arte, un lavoro dannatamente duro»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal.com


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

16 pensieri riguardo “William Holden, il fascino di un sorriso”

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