Dopo aver letto il meraviglioso romanzo di Saramago, ero curiosa di vedere come il brasiliano Meirelles lo aveva trasposto in un film e non sono rimasta delusa: potente almeno quanto il romanzo, inizia nello stesso incrocio trafficato in cui un uomo, improvvisamente e senza apparenti motivi, perde la vista e non è più in grado di guidare la sua auto. Un passante si offre di aiutarlo, ma il suo gesto si rivela ben presto un inganno per rubargli la macchina. In questo incipit così crudele c’è già riassunto tutto il succo della storia, lo sguardo amaro e disilluso su un’umanità allo sbando che invece di scoprire i valori della solidarietà, diventa sempre più egoista e opportunista.

La cecità comincia a diffondersi come una malattia contagiosa quanto misteriosa, di cui non si conoscono le cause né le possibili cure. I malati vengono confinati in strutture fatiscenti, non per essere curati o assistiti, ma semplicemente mantenuti in vita tramite la somministrazione dei pasti, con l’ordine perentorio di uccidere chiunque cerchi di fuggire da questi lazzaretti.

I contagiati sono costretti ad autogestirsi, facendo fronte da soli alle evidenti difficoltà pratiche della loro condizione; sembra quasi che la società si disinteressi di loro, senza tuttavia avere il coraggio di eliminarli, ma tollerandone la presenza a patto che rimangano confinati, e non costituiscano quindi un pericolo per i sani. Nella confusione generale, c’è un’unica eccezione: la moglie di un oculista, uno dei primi contagiati, che, nonostante sia stata esposta al contatto, non ha perso la vista.

Quando il marito viene prelevato per essere portato in una delle strutture adibite al ricovero dei malati, lei si finge cieca per seguirlo. All’interno del ghetto in cui vengono rinchiusi, sarà lei, unica vedente, a cercare di aiutare tutti gli altri, pur non dichiarando mai la propria condizione, almeno all’inizio. Cercherà di organizzare una parvenza di vita civile, ma non riuscirà a impedire che prevalga la legge della giungla.

Sarà ancora lei a difendere le donne dalla violenza degli uomini, e a guidare il gruppo nella fuga dall’ospedale quando l’intera struttura andrà a fuoco. Sarà proprio al momento della fuga che si accorgerà con terrore e raccapriccio che tutto il mondo ormai è diventato cieco, e con la cecità gli esseri umani hanno perso ogni freno, regredendo allo stato di selvaggi, e vivendo in una condizione di completa anarchia.

Riuscirà a guidare il gruppo di sopravvissuti fino a casa sua e qui, dopo una notte finalmente tranquilla, al mattino inizieranno uno dopo l’altro a recuperare la vista, esattamente come l’avevano perduta. Non cercate una spiegazione, perché non c’è: non si sa come e perché è iniziata, e allo stesso modo non è dato sapere perché finisce. Alla fine, non è poi così importante. Forse ho raccontato troppo della storia, ma in realtà c’è molto di più, ed è un film che andrebbe guardato con attenzione, fermandosi a riflettere su quasi ogni fotogramma.

Ho visto molti film di genere catastrofico, in cui l’umanità deve cercare di sopravvivere con ogni mezzo a una situazione di emergenza, ma in nessun altro ho visto un abisso di degradazione e violenza come in questo: ci sono scene che si fa fatica a guardare, le stesse che Saramago aveva descritto, nel suo romanzo, con assoluto realismo e un’incredibile assenza di partecipazione emotiva. E Meirelles ci restituisce quello stesso realismo in immagini crude e a tratti insostenibili, ma nello stesso tempo riesce a regalarci momenti di un delicato lirismo, che non possono essere descritti né raccontati.

È chiaro che il libro di Saramago è una potente metafora sulla degenerazione dei valori umani di fronte all’istinto di sopravvivenza, che è di per se stesso animalesco, e quindi prescinde dal grado di civiltà della società. L’egoismo che, in assenza di regole, prevale su qualunque altro valore: questo il messaggio della vicenda. Dunque sarebbe superfluo cercare nel film la coerenza della trama, l’assoluta esattezza dei particolari, o ancora una collocazione temporale precisa. Quello che spicca della pellicola del regista brasiliano Meirelles è il modo visivamente raffinato con cui mette in scena la storia: la sua cecità, scusate il gioco di parole, è una gioia per gli occhi, basata sul contrasto tra scene chiarissime, quasi sovraesposte, e altre invece molto scure o completamente buie.

In realtà non è una cecità intesa come assenza totale di visione, ma più come una visione sfocata, quasi un accecamento da troppa luce. Un modo molto poetico e suggestivo di rappresentarla, che riproduce fedelmente la descrizione di Saramago: una cecità bianca, non buia, ma proprio per questo ancora più fastidiosa. Ma è anche una cecità del cuore e dell’anima, prima ancora che degli occhi, per questo il film rimane una storia cruda, dura e opprimente, pur resa incantevole dalla fotografia suggestiva e valorizzata dalle intense interpretazioni del cast.

Julianne Moore in particolare rende con grande energia la forza del suo personaggio, la sua incrollabile volontà di fare del bene anche davanti alla disumanità della situazione. Il messaggio del film, dunque, è che l’uomo sta morendo, soffocato dal proprio egoismo e sembra potersi salvare solo chi, come il personaggio della Moore, nonostante l’oscurità e il male che la circonda, preserva la propria umanità, traducendola in altruismo. Arrivando anche a compiere il gesto più estremo per il bene comune.
Un film suggestivo e coinvolgente, che ha a che fare con la natura umana, la lotta costante tra l’istinto e la coscienza, la nostra arroganza e la nostra vulnerabilità; un film che è a tratti sorprendente, uno sguardo sull’anima dell’uomo che tocca fin nel profondo e non lascia indifferenti.
Complimenti a Francesca di faminore.blog, Austin Dove di austindoveblog, Liza di solochezmoi e Silvia di comecerchinellacqua che hanno indovinato.
Da oggi parte anche il mio nuovo blog Solorecensioni. Se volete dare un’occhiata, magari trovate qualche vecchia recensione che vi è sfuggita.
Bene, ogni tanto li conosco 😉
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È un film che temo. Il libro è troppo bello, il rischio delusione concreto.
Però da quello che hai scritto deduco che si possa provare.
Grazie.
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A me è piaciuto molto, però non mi assumo responsabilità…
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Come sei brava
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Grazie.
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meritatissimo.
Torno ai campi
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ma ci sei ancora ?
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bravi noi
sembra un film molto interessante, poi lei mi piace molto; ecco, ho fatto fatica a cercarlo perke avevo inteso subito l’attrice ma non avrei mai collegato il titolo a un’epidemia
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Se non lo conoscevi, sei stato ancora più bravo
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ma non conosco quasi mai i film che proponi
oppure non li ho visti
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🙂 Hai visto che ho messo il link del nuovo blog?
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ah no LOL ora guardo
ero andato direttamente alla trama che in effetti era troppo estesa
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Non avrei mai potuto indovinare il film: mai visto, né sentito…
Più tardi/nei prossimi giorni passerò a vedere il nuovo blog; nel frattempo ti seguo! 🙂
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Grazie, tanto per ora c’è solo una recensione.
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Visto (di sfuggita). 🙂
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Vorrei vederlo. Ho visto la protagonista in un paio di film (ogni tanto guardo anche qualcosa che non sia animato) e l’ho sempre apprezzata.
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Per me lei è molto brava, in questo film regge quasi tutto da sola, letteralmente. Però ti avverto che è un film molto cupo, duro e violento. Diciamo che non dà serenità, ma fa riflettere.
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Grazie per l’avvertimento. Se lo trovo disturbante lo interromperò.
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Mi sembra giusto.
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Quanto sei brava Raffa! Onorata dell’appellativo di “coll…trice”
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Ma dai… mi diverto più che altro. Si vede?
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Ti appassioni!
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Sì, mi appassiono proprio. Per questo non scrivo mai di film che non mi sono piaciuti.
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Mai visto. Onestamente ignoravo pure l’esistenza del libro 😅
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Almeno servo a qualcosa 🙂
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😉🙂🙂
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L’ho visto tempo fa. Spesso cerco le trasposizioni cinematografiche dei libri che ho letto e attacco a guardarli subito dopo averne terminato la lettura per ricercarne ulteriori interpretazioni o altri spunti di riflessione. Ricordo che questo film era piaciuto molto anche a me, riuscendo a esprimere molto bene l’intensità del romanzo. Buon pomeriggio 😊
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Grazie, è la stessa impressione che ho avuto anch’io. Buon pomeriggio 🙂
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