The illusionist (2006)

Il 2006 ha portato sugli schermi due diversi film sugli spettacoli teatrali di magia dell’epoca vittoriana. The Illusionist è uscito solo a qualche mese di distanza da The Prestige di Christopher Nolan: due film che affrontano il rispettivo soggetto in modo totalmente opposto, nella forma e nella sostanza. L’unica analogia è l’ambientazione temporale e il fatto che si parli di trucchi di magia. The Prestige cerca di demistificare la magia, senza esitare a rivelare i trucchi usati dai suoi personaggi; The Illusionist invece conserva il mistero del suo personaggio e ne accresce il fascino circondandolo di un’aura particolare.

Molto diversi anche nella distribuzione: The Prestige sembrava rivolgersi al grande pubblico, mentre The Illusionist ha girato nel circuito d’essai. Come a volte capita nel mondo del cinema, le due pellicole, uscite a distanza di pochi mesi, hanno però sorprendenti convergenze di temi: rivalità riguardanti i maghi del teatro, a cavallo tra ‘800 e ‘900, e rivalità tra due uomini per l’amore di una bella donna; in entrambi i casi la magia serve per creare un’illusione e ingannare il rivale.

Tratto da un racconto scritto dal premio Pulitzer Steven Millhauser, e sceneggiato dallo stesso regista Neil Burger, The Illusionist è innanzi tutto uno splendido affresco dell’epoca vittoriana, girato per lo più nella Repubblica Ceca, anche se la storia è ambientata in Austria. Due giovani adolescenti, divisi dalle differenze sociali, si incontrano e si innamorano. Si ritroveranno quindici anni più tardi, quando lui è ormai un illusionista affermato che si esibisce con i suoi spettacoli di magia nei migliori teatri europei, e lei è promessa sposa del principe Leopold. Decisi questa volta ad assecondare i loro sentimenti, useranno la magia per sfuggire al principe e al suo scagnozzo, l’ispettore Uhl, involontario complice della loro fuga.

Le location e le scenografie sono ricostruite perfettamente e i costumi minuziosamente curati. Tutto il film è illuminato da colori attenuati, in una calda tonalità seppia, che crea un’atmosfera autunnale malinconica e struggente. Non a caso la fotografia di Dick Pope è stata nominata agli Oscar e ha vinto altri prestigiosi premi. Il regista riunisce un cast notevole, a partire dal protagonista, Edward Norton, un illusionista enigmatico e autoironico, che affronta e umilia il principe Leopold senza scomporsi troppo, forte di una superiorità d’ingegno che lo mette al di sopra di qualunque rango sociale.

Al suo fianco la bella Jessica Biel, attrice sempre sull’orlo della grande celebrità, in un ruolo romantico per cui ha il viso giusto, e Paul Giamatti, che pur svantaggiato da una fisicità non al top, brilla per personalità e simpatia, soprattutto quando cerca inutilmente di scoprire i trucchi del mago. E poi l’antagonista, il britannico Rufus Sewell, passato dall’essere solamente un bel viso, all’essere tragicamente sottovalutato, perennemente relegato a ruoli secondari.

Sfruttando tutto quello che aveva a disposizione, dalle location ai costumi, dalle scenografie al cast, senza dimenticare il contributo delle musiche di Philip Glass, il regista non poteva sbagliare. Anche perché, con la sua sceneggiatura, cambia radicalmente il racconto originario, rendendo la storia più ricca di sogno e di mistero. Costruisce dunque un affascinante dramma in costume, trascinandoci in una romantica storia d’amore, osteggiata dai pregiudizi sociali e dalla prepotenza dei potenti, e vorrebbe distrarci, come fanno i prestigiatori, facendoci guardare da una parte, per non vedere quello che accade realmente.

Per riuscire nel suo intento, cura in modo particolare l’estetica del film, conferendogli in effetti un aspetto onirico e arcano, ma trascura la trama, che risente di una certa banalità, ed è appesantita da cliché e falsità storiche vistosamente inventate. In questo modo il trucco non riesce fino in fondo. La storia coinvolge e affascina, ma non sorprende, neppure nel finale. Manca il colpo di scena, perché lo spettatore capisce quasi subito come andrà a finire, anche se ignora il modo in cui ci si arriverà. È un po’ come il vecchio trucco della ragazza tagliata in due nel baule: nessuno si stupisce più, anche se non sa realmente come funziona, perché comunque è prevedibile. Nel complesso quindi il film è molto ben confezionato, curato nei dettagli e sicuramente godibile, uno spettacolo seducente e suggestivo, ma rimane freddo, non riesce ad appassionare più di tanto. Non riesce neppure a farci odiare fino in fondo il principe, che anzi, alla fine, ci fa un po’ pena.

Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

31 pensieri riguardo “The illusionist (2006)”

      1. A proposito del Salario della paura…
        “Il salario della paura (Sorcerer) è un film del 1977 diretto da William Friedkin, remake del film italo-francese del 1953 ‘Vite vendute’, entrambi tratti dal romanzo di Georges Arnaud Le salaire de la peur del 1950.”
        da Wikipedia

        Piace a 1 persona

      1. Meglio in Schegge di paura, allora, no? Fight Club non mi è piaciuto granché come film (scopro solo ora che è tratto da un romanzo di Chuck Palahniuk) perciò lui manco me lo ricordo. La 25ª ora: anche di quello ho ricordi ormai sfumati. Vabbe’, non sto ad annoiarti con gli altri suoi film che ho visto perché certe sue espressioni per me sono indimenticabili, ma chissà perché me le ricordo e dove le ho “immagazzinate”.

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