Ambientato nel 1987, il film è incentrato sulla vita apparentemente perfetta di Carol White, una casalinga molto benestante, le cui giornate si consumano tra lezioni di aerobica, shopping con le amiche e sesso occasionale quanto noioso con un marito distratto ed egoista. Le cose si complicano improvvisamente quando inizia a sperimentare strani sintomi. Tosse improvvisa e incontrollabile mentre è in autostrada, il naso che sanguina mentre si fa la permanente dal parrucchiere. Un attacco di convulsioni in lavanderia, finché durante una riunione a casa di amiche, improvvisamente, non riesce più a respirare.

Si sottopone quindi a numerosi controlli medici, ma tutti i test risultano negativi. Il medico di fiducia le consiglia uno psichiatra e le dice di abbandonare la sua dieta a base di frutta. Alla fine le viene diagnosticata una sorta di sensibilità chimica multipla, o “malattia del XX secolo”, una specie di reazione allergica a tutte le sostanze chimiche immesse in qualunque modo nell’ambiente.

Questo la porterà ad un auto isolamento in casa, cercando di rendere il proprio ambiente più asettico possibile, evitando contatti con il mondo esterno, e quindi anche con le persone. Ridotta in uno stato fisico e mentale ormai al limite, cercherà rifugio a Wrenwood, in una clinica isolata nel deserto.
Qui Peter, un guru in perfetto stile new age, guida sessioni di terapia di gruppo utilizzando la dottrina del pensiero positivo: la colpa non è dei prodotti chimici, ma sono i pazienti stessi responsabili della loro malattia, e l’amore per se stessi è la cura.

In un primo momento sembra che il ritiro possa darle un po’ di sollievo. Ma ben presto Carol si rende conto di essere ancora isolata, anche se è circondata da persone che più o meno hanno il suo stesso malessere. Il finale, anche volendo, non si può spoilerare, perché il regista non sceglie nessun finale: non c’è guarigione, miglioramento o peggioramento, c’è solo una bravissima, incommensurabile Julianne Moore, che ci mostra tutta la devastante solitudine del suo personaggio di fronte a uno specchio che rimane il suo unico interlocutore.

Quando usci, Safe era un film forte, crudo e visionario, tanto che richiamava in alcuni momenti le atmosfere inquietanti di Cronenberg, anticipando in tempi non sospetti, il mondo che ancora doveva venire e che oggi è quello in cui viviamo, ci muoviamo e nel quale ci ammaliamo.
Il film può essere letto secondo me in diversi modi: come vicenda fine a se stessa, la storia di Carol e della progressiva agorafobia che la divora, o come metafora dell’incapacità di accettare la vita contemporanea. O ancora vi si può intravedere un messaggio ecologista, una critica impietosa alla società consumistica, ripiegata su se stessa e indifferente ai danni che arreca al pianeta. Per certi versi può essere anche un film dell’orrore, solo che il mostro che minaccia non è visibile né individuabile, e quindi ancor più temibile.

Il film è diviso in due parti abbastanza distinte: nella prima, più narrativa, il regista descrive la quotidianità tranquilla e noiosa dell’alta borghesia americana, e la freddezza dei rapporti tra Carol e il marito, mentre nella seconda ci mostra il calvario della protagonista, che sperimenta tutte le possibili cure psicologiche e farmacologiche cercando invano di guarire. Il regista crea magistralmente un’atmosfera gelida, infondendo in ogni scena un senso di disagio, per evidenziare come anche la cosa più banale in qualche modo rappresenti una minaccia per la protagonista. Aumenta l’effetto anche l’uso di luci e colori molto freddi.

I personaggi sono per lo più inquadrati in campo lungo, con riprese lunghe e statiche, a sottolineare la distanza emotiva tra loro e accentuando l’isolamento di Carol, nella sua bellissima ma gelida casa alla moda. E la colonna sonora alterna silenzi prolungati e inquietanti rumori dissonanti. Insomma un film disturbante in ogni senso, ma a mio avviso emozionante, non fosse altro per l’interpretazione sofferta e maestosa della Moore, che trasmette perfettamente l’angoscia del suo personaggio, incarnandone la progressiva disintegrazione fisica e psicologica.
Un film particolare, sicuramente fuori dagli schemi, che allora poteva essere visto come una curiosità, quasi un film di fantascienza, e oggi è tragicamente attuale.
Complimenti a Paol1 di Un futuro per i nostri figli, Matilde di Cucinando poesie, Jo di Film Serial, OmbreSulCuore, e Austin Dove di Il Blog di Tony che hanno indovinato.
Non ce l’avrei mai fatta! 😅
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La prossima volta…
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😉
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Penso che me lo ricorderò questo film
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Rispetto a cosa?
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Spiritosa
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Toc toc… Buon pranzo.
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Grazie ops sparisco
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Notte da qui, scoppiato.
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Immagino.
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Buon risveglio e buona giornata
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Grazie
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non lo conoscevo ma mi hai stra incuriosito!!
deve fare molta angoscia
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Ti dirò, in certi punti fa quasi ridere, o almeno lo faceva allora. Adesso, col senno di poi, è un po’ angosciante.
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sì ora è molto attuale
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E’ incredibile che questo film abbia trovato un produttore…sono piacevolmente sorpreso…c’è ancora speranza per film di sostanza.
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Assolutamente sì. Non ricordo sinceramente chi, ma qualcuno ha detto che produce film commerciali, per potersi permettere, ogni tanto, di produrre anche film impegnati.
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