Lee J. Cobb, il volto umano del male

1911 – 1976

Caratterista incisivo, grazie a un fisico tarchiato e a lineamenti molto marcati, che gli conferivano un aspetto da duro, è stato spesso utilizzato in film drammatici, in cui emergeva quasi sempre in ruoli dominanti e fortemente espressivi, come cattivo brutale o come buono caparbio. Negli anni ‘50 si distinse per le interpretazioni di personaggi connotati da una fisicità aggressiva e con il suo viso dai lineamenti spigolosi e segnato da rughe profonde, contribuì a definire i tratti più tipici dell’antagonista nel cinema hollywoodiano di genere.

Il suo vero nome era Leo Jacoby, nato a New York l’8 dicembre 1911. Figlio di un compositore, prova a seguire le orme del padre e già da piccolo diventa un talentuoso violinista, ma il destino decide diversamente: si rompe un polso e deve abbandonare il violino. Si orienta così verso il teatro: dopo aver studiato al Pasadena Playhouse in California, nel 1935 iniziò a lavorare con il Group Theatre, la famosa compagnia teatrale di New York di cui facevano parte anche Elia Kazan e Lee Strasberg. Verso la metà degli anni ’30, passa al cinema. Esordisce con North of the Rio Grande (1937) di Nate Watt, un western in cui interpreta la parte del capo dei banditi, cui seguirono numerose partecipazioni senza accredito, che si riducono a interventi da figurante; poi, nel 1939 fa il suo esordio con il nome tra gli accrediti in Passione, al fianco di attori del calibro di Barbara Stanwyck e William Holden.

Nel 1941 recita con Spencer Tracy in Uomini della città dei ragazzi e dopo l’ottima prova offerta in La luna è tramontata (1943), diventa per antonomasia attore ´arrogante´ e si mette in mostra in tutta una serie di thriller e noir come Boomerang, l’arma che uccide (1947), A sangue freddo (1947), I corsari della strada (1949); ma è ugualmente efficace anche quando impersona figure normali, soprattutto quelle relative al medico in Bernadette (1943) e all’avventuriero nel kolossal Il capitano di Castiglia (1947). Dal punto di vista professionale, gli anni ’50 sono per lui il miglior periodo.

Nel 1955, diretto da Kazan, ottenne una nomination all’Oscar per l’interpretazione dello spietato boss Johnny Friendly in Fronte del porto (1954), mentre nel 1957 fu al fianco di Henry Fonda ne La parola ai giurati, diretto dall’esordiente Sidney Lumet, in cui disegna un detestabile personaggio. Sempre nel 1957 è lo psichiatra che cerca di svelare il mistero de La donna dei tre volti, accanto a Joanne Woodward. Toccò l’apice della carriera nel 1958 con il ruolo più odioso della sua carriera, quello del gangster protagonista de Il dominatore di Chicago, di Nicholas Ray, e quello del bandito folle che in Dove la terra scotta, di Anthony Mann, prima di una lunga sparatoria si sofferma a riflettere sul senso della morte, in una parentesi surreale e atipica per un film western.

Nello stesso anno ottenne la parte di Fëdor Karamazov, il dispotico padre assassinato dal figliastro, nell’adattamento del romanzo omonimo firmato da Richard Brooks, ruolo che nel 1959 gli valse la seconda nomination all’Oscar. Negli anni ’60, è da ricordare come patriarca in Exodus (1960) e ne I quattro cavalieri dell’Apocalisse (1962), breve ma determinante apparizione ad inizio film. Ricoprì poi alcuni ruoli comici in commedie, tra cui Il nostro agente Flint (1966) di Daniel Mann e il suo sequel A noi piace Flint, di Gordon Douglas, parodie delle avventure cinematografiche di James Bond. Poi, torna al western con L’oro di Mackenna (1969) e Io sono la legge (1971).

Nel periodo precedente aveva tentato le produzioni italiane ottenendo successo con Il giorno della civetta (1968) di Damiano Damiani, ma poi si era perso nei meandri insignificanti del poliziesco all’italiana, tipo La polizia sta a guardare (1973), Mark il poliziotto e Mark il poliziotto spara per primo, entrambi girati nello spazio di sei mesi nel 1975. La sua ultima interpretazione di grande spessore è per L’esorcista (1973), film di grande risonanza internazionale che lo vede nel ruolo di un ufficiale di polizia.

Oltre al cinema, è stato molto attivo anche in televisione, in particolare ha fatto parte del cast fisso de Il virginiano, serie western andata in onda dal 1962 al 1966, con 120 episodi in totale. Cobb era stato la prima scelta per interpretare il tenente Colombo, ma dovette rifiutare per precedenti impegni. In teatro, che non ha mai abbandonato, rimane famosa la sua interpretazione di Willy Loman in Morte di un commesso viaggiatore, ruolo scritto appositamente per lui da Arthur Miller, e portato successivamente in televisione sempre da Cobb con notevole successo.

Cobb è scomparso a 64 anni, l’11 febbraio 1976, a causa di un infarto. Era stato sposato dal 1940 al 1952 con Helen Beverly, da cui ha avuto la figlia Julie, e si era risposato nel 1957, dopo il divorzio, con Mary Brako Hirsch, che gli è rimasta accanto fino alla fine.

«Vorremmo tutti interpretare eroi romantici, ma visto che ho cominciato a perdere i capelli, mi sono ritrovato a impersonare rapinatori e assassini»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal – IMDb


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

10 pensieri riguardo “Lee J. Cobb, il volto umano del male”

  1. Buongiorno Raffa, ti immagini ad andare da uno Psichiatra come lui? La sua era una parte, comunque ne ha interpretati di ruoli. Meglio che il tenente Colombo lo abbia interpretato Peter Falk. Buona giornata 🌷

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