Fred MacMurray, il fascino dell’uomo comune

L’aspetto fisico piacevole, la caratteristica fossetta sul mento, l’ampio sorriso cordiale e lo sguardo all’occorrenza torbido, sono gli elementi fondamentali grazie ai quali ha saputo rappresentare forza e mitezza in modo equilibrato. Formidabile nella commedia, fu eccellente anche nel dramma, e seppe venare di torbide sfumature la soggezione che in molti dei suoi ruoli doveva mostrare verso figure di donne forti, come quelle interpretate da Carole Lombard o Barbara Stanwyck.

Nato a Kankakee (Illinois) il 30 agosto 1908, figlio di un violinista, Fredrick Martin MacMurray studiò al Carroll College, in Wisconsin, mentre suonava il sassofono in diverse orchestre. Dopo aver fatto la comparsa per il cinema, debuttò nel 1933 a Broadway nel musical Roberta e recitò nel vaudeville, finché fu notato dalla Paramount Pictures che gli fece firmare un contratto, dandogli modo d’avviare una delle carriere artistiche più durature di Hollywood. Poliedrico e versatile, spazia in tutti i generi, dal film di guerra all’avventura, dal noir al western, ma la sua popolarità è principalmente derivata dalle performance offerte nella commedia.

Fin dal suo esordio apparve evidente che la recitazione sorniona e la sua aria distratta raggiungevano effetti d’irresistibile comicità in contrasto con il gesticolare esagitato e l’eccessiva parlantina delle grandi dive degli anni Trenta. Erano gli anni d’oro della commedia sofisticata, e MacMurray fu uno dei suoi più degni rappresentanti, ma si fece notare anche in un film drammatico come Il sentiero del pino solitario (1936) diretto da Henry Hathaway, nel quale gareggiò in bravura con Henry Fonda, e in un film d’avventura come Presi tra le fiamme (1942) di George Marshall, in cui fa innamorare follemente due belle cugine, interpretate da Paulette Goddard e Susan Hayward.

Ma fu nel 1944 che l’attore ebbe l’occasione di sorprendere tutta Hollywood, abituata ai suoi ruoli brillanti, con la dolorosa e allucinata interpretazione di Walter Neff, agente assicurativo che perde la testa per una femme fatale ne La fiamma del peccato. Fu questa la sua più alta prova drammatica, che tuttavia non gli valse neppure una nomination all’Oscar. Successivamente gli vennero offerti quasi sempre ruoli comici, come in Io e l’uovo (1947) oppure in Abbandonata in viaggio di nozze (1948) entrambi al fianco di Claudette Colbert.

Recitò anche accanto ad attrici della generazione successiva, come Ava Gardner in Singapore (1947) e Alida Valli ne Il miracolo delle campane (1948), o ancora Lauren Bacall ne Il mondo è delle donne (1954) di Jean Negulesco, ma con nessuna di loro si creò quella magica alchimia che aveva reso effervescenti le sue baruffe con le antiche partner. La 20th Century-Fox gli offrì quindi alcuni ruoli di supporto, come ne L’ammutinamento del Caine (1954) di Edward Dmytryk, in cui la scena appare però dominata da Humphrey Bogart, interprete del capitano Queeg sconvolto dalla follia, o come ne Le piogge di Ranchipur (1955) di Negulesco, in cui interpreta Ransome, l’affettuoso testimone dell’amore infelice che la sua amica Edwina Esketh nutre per un affascinante medico indiano, interpretato da Richard Burton.

Passato alla Universal Pictures, ebbe modo di recitare ancora una volta con la Stanwyck in un melodramma di Douglas Sirk, Quella che avrei dovuto sposare (1956). Nel 1957, è la prima scelta per impersonare il celebre ´Perry Mason´ televisivo, ruolo poi andato a Raymond Burr. Diede quindi vita a un personaggio decisamente negativo nell’amaro L’appartamento (1960) ancora di Wilder, quello di un cinico e arido uomo d’affari deciso a portare avanti senza alcuno scrupolo l’ennesima avvilente relazione con una sua impiegata.

Walt Disney gli offrì poi d’interpretare alcune spassose commedie di sua produzione, tra le quali Un professore fra le nuvole (1961) e Professore a tutto gas (1963), entrambe dirette da Robert Stevenson, che gli regalarono una seconda giovinezza. A partire dal 1960 e fino al 1972 fu inoltre protagonista della serie televisiva di enorme successo My three sons, in cui interpretava un vedovo che doveva occuparsi dei suoi tre figli. Alla fine degli anni Settanta, dopo aver partecipato al fantascientifico The Swarm (1978) di Irwin Allen, MacMurray si ritirò dall’attività cinematografica. Dopo una lunga battaglia contro la leucemia, MacMurray muore di polmonite il 5 novembre 1991, a 83 anni.

Inizialmente sposato alla ballerina Lillian Lamont (due figli adottati, Susan e Robert), deceduta nel 1953, si risposa l’anno dopo con l’attrice June Haver, con cui adotta due gemelle, Katie e Laurie.
E’ considerato, non a torto, uno degli attori più ricchi di Hollywood, non solo perché guadagnò moltissimo, ma perché sembra fosse estremamente parsimonioso.

«Ho recitato in quattro film accanto a Barbara Stanwyck: nel primo l’ho denunciata, nel secondo l’ho uccisa, nel terzo l’ho lasciata per un’altra donna e nel quarto l’ho spinta giù da una cascata. Per fortuna che in tutti questi film eravamo innamorati, se no chissà che cosa avrei potuto farle»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – mymovies – cinekolossal


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

14 pensieri riguardo “Fred MacMurray, il fascino dell’uomo comune”

  1. Forte la citazione finale. anch’io lo ricordo per aver visto molti anni or sono “Un professore tra le nuvole” e altri film da te menzionati non ricordo di averne visti in special modo quando era giovane mentre invece, ho apprezato molto la foto con i ricciolini non sembrerebbe neppure lui da adulto 😉 Buona serata cara Raffa 🍁

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