Locandine

Manifesti cinematografici alternativi

L’abbandono dei poster illustrati gettò nella disperazione i cinefili più accaniti, abituati a collezionare le edizioni ufficiali delle locandine. Fu allora che illustratori e grafici, mossi dalla loro passione per il cinema, oppure su commissione dei collezionisti, cominciarono a progettare e disegnare poster alternativi a quelli ufficiali, molti dei quali diventarono ben presto vere e proprie opere d’arte.

Questa nuova forma d’arte underground è diventata pian piano mainstream, tanto che i manifesti alternativi sono ora più richiesti di qualsiasi prodotto ufficiale rilasciato dagli studios. E così una nuova ondata di illustratori e grafici sta di nuovo producendo stupendi pezzi d’arte come non se ne vedevano dagli anni ’80, riprendendo le tecniche di grandi maestri come Saul Bass o Drew Struzan e rielaborandole con approcci innovativi. Che siano reinterpretazioni di vecchi classici o poster di nuovi film in uscita, le illustrazioni sono sempre innovative e la richiesta dei collezionisti superiore all’offerta. Vediamo alcune delle opere più significative.

A sinistra: Tyler Stout, Grosso guaio a Chinatown, 2007. A destra: Laurent Durieux, Pulp fiction, 2014. Il poster di Durieux è un omaggio al film di Tarantino che riassume in un’unica scena molti dei particolari della storia. In pratica l’artista ha riassunto il film attraverso dettagli che a una prima osservazione possono sfuggire, ma che gli appassionati coglieranno di sicuro: a partire dall’auto sulla destra, che lascia una scia di sangue, fino al cartellone pubblicitario, in alto a sinistra, che reclamizza le sigarette Red Apple. E i personaggi, pur essendo di spalle, sono assolutamente riconoscibili.

Olly Moss, Star Wars Trilogy, 2010. Ogni poster presenta la silhouette di uno dei personaggi iconici della saga, che contiene all’interno un’immagine dell’ambientazione. Le tinte che degradano dallo scuro al chiaro creano i vari livelli dello sfondo e danno un senso di profondità.

Da sinistra: Dani Blàzquez, Stand by me, 2013; Laurent Durieux, Lo squalo, 2014; Gzegorz Domaradzki, Mullholland Drive, 2014. Colpisce particolarmente la locandina in centro, per l’immagine tutt’altro che spaventosa scelta dall’illustratore: apparentemente una soleggiata spiaggia in un tranquillo giorno di vacanza. Tuttavia lo spicchio nero sull’ombrellone in primo piano richiama la pinna dello squalo e quindi, quasi a livello subliminale, la minaccia incombente.

Tracie Ching, Kubrick Tribute: Il dottor Stranamore, 2013 – Shining, 2014 – 2001: Odissea nello spazio, 2014. Un omaggio sobrio ed essenziale, incentrato sui personaggi principali dei film e sui titoli, con la prospettiva centrale tipica del regista.

Diverso e molto più originale il Kubrick Tribute di Tomer Hanuka, illustratore e fumettista. Da sinistra: 2001: Odissea nello spazio, 2013; Arancia meccanica, 2014; Shining, 2014. Hanuka, con il suo stile fumettistico quasi grottesco, sembra raggruppare più sequenze in un’unica composizione, utilizzando simbolismi di vario tipo e creando scene che non esistono nel film. Da notare lo stile tipografico particolarmente originale utilizzato per i titoli.

Tom Whalen, Pixar Tribute. Da sinistra: Alla ricerca di Nemo, 2012; Monsters & Co., 2012; Gli incredibili, 2012.

Tyler Stout, Le iene, 2012. L’autore è noto per usare solo gradazioni di grigio e uno o due colori al massimo. In questo caso il rosso è indispensabile per rappresentare la cruda violenza del film. Il poster ritrae in modo riconoscibile gli attori e fornisce un piccolo assaggio della storia attraverso scene salienti. L’occhio si perde tra i tanti dettagli, per poi finire sul titolo ben evidenziato in rosso su nero.

Da sinistra: Bartosz Kosowski, Lolita, 2014; Matt Taylor, Dallas Buyers Club, 2014. Il primo poster riassume in modo efficiente il tema del film e la figura di Lolita, attraverso un elemento simbolico che contiene l’essenza della pellicola. Utilizzando, infatti, il lecca lecca presente nel film, l’artista crea un’evidente illusione ottica, per cui un’immagine dall’aspetto innocente rimanda a pensieri tutt’altro che puri. Nel secondo manifesto l’artista presenta in un’unica scena l’ambientazione, i protagonisti e il titolo: i caratteri tipografici del titolo riprendono lo stile delle insegne dei motel, mentre i colori rimandano alle tonalità della pellicola.

Nelle immagini qui sopra vediamo due dei poster creati dall’illustratrice francese Malika Favre nel 2015, per i film candidati ai premi BAFTA, l’equivalente britannico degli Oscar americani. A sinistra La teoria del tutto, a destra Grand Budapest Hotel. I manifesti, caratterizzati ognuno da un colore dominante diverso, presentano tutti una doppia lettura: il disegno riassume da lontano il tema del film, ma solo da vicino si può scorgere il messaggio nascosto nel poster. In ognuno c’è una fonte di luce esterna che crea delle ombre, ed è proprio l’ombra a convogliare il messaggio.

Della stessa serie disegnata per i BAFTA dalla Favre, qui sopra vediamo i poster di Boywood e Birdman. Con uno stile che ricorda l’Art Déco e le atmosfere dei film noir, i suoi manifesti ignorano completamente gli attori, che infatti non sono riconoscibili, concentrandosi sulla storia e in particolare sui personaggi e sulla loro evoluzione. Malika Favre, famosa per il suo stile inconfondibile, è una delle più richieste illustratrici in assoluto.

Sempre in occasione dei premi BAFTA, ma nel 2016, il graphic designer ungherese Levente Szabo ha illustrato i film candidati, secondo la sua personale interpretazione. Anche in questo caso, ogni poster ha un colore dominante che si rifà al film. A sinistra The revenant, a destra Spotlight. In ognuno dei manifesti è evidenziata la silhouette di uno dei protagonisti, e al suo interno vengono presentati altri personaggi e l’ambientazione. Lo stile minimalista non rende immediatamente riconoscibili gli attori, che tuttavia sono intuibili.

Qui sopra, a sinistra Il ponte delle spie, a destra Carol. Szabo ha iniziato la sua attività progettando locandine alternative per pura passione, ed è stato poi notato dallo studio Human After All, un’agenzia di design indipendente. Le sue creazioni per i BAFTA, così come quelle di Malika Favre, hanno fatto il giro del mondo grazie alla condivisione sui social.

∞●∞●∞

La prossima volta continueremo a vedere locandine alternative e artistiche, create in occasione dei premi Oscar.

Indice della rubrica Locandine

FONTI: Alessandra Rostagnotto, Dal manifesto pubblicitario al poster da collezione – ilpost.itvariety.com


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Avatar di Sconosciuto

Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

7 pensieri riguardo “Locandine”

  1. Eccezionali.
    A livello tecnico quelli di Olly Moss sono i miei preferiti (pur essendo tutti molto belli), a livello simbolico quello di Jaws è spettacolare.

    Ad ogni modo, le locandine “cartacee” forse non esistono più (ma non ne sono del tutto certo) ma comunque ogni film ha comunque una “Locandina” in formato grafico, o sbaglio?

    Piace a 1 persona

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