Locandine

Gli anni ’80 in America

Questo è il decennio in cui compaiono i manifesti simili a quelli cui siamo abituati oggi. L’evoluzione degli effetti speciali negli anni ’80 ha avuto un forte impatto sul tipo di immagine da usare a fini pubblicitari. I grandi sfondi fotografici spopolano, ma le scritte e le immagini sono più equilibrati rispetto ai decenni precedenti; convivono tecniche di illustrazione diverse, ma molti dei maggiori blockbuster sono ancora caratterizzati da locandine disegnate: è il caso per esempio delle trilogie di Indiana Jones e di Ritorno al futuro.

Dal 1980 in poi l’audience cinematografica stava diventando sempre più giovane, e si credeva che il successo di una pellicola fosse determinato dalle reazioni degli adolescenti che si accalcavano al botteghino, nella prima settimana di uscita del film. Per questo motivo gli studios produssero una valanga di film con adolescenti come protagonisti o che potessero comunque interessare a un pubblico di giovanissimi. Steven Spielberg in particolare cavalcò questa tendenza, firmando blockbuster di alto livello, come I predatori dell’arca perduta e E.T. – L’extraterrestre.

Per il manifesto de I predatori dell’Arca perduta, Spielberg si affidò a Richard Amsel (1947-1985), illustratore, graphic designer e cartellonista statunitense, tra i più importanti della sua generazione nonostante una carriera brevissima, stroncata precocemente dalla malattia, ad appena 37 anni. Il suo stile riusciva ad evocare epoche passate e a creare nello stesso tempo immagini iconiche senza età. I manifesti dei film successivi furono invece disegnati da Drew Struzan, omaggiando lo stile di Amsel, prematuramente scomparso. Con le locandine della saga di Indiana Jones prende anche piede l’abitudine di associare un font e un colore particolari a un determinato titolo, in modo che diventi immediatamente riconoscibile nei sequel. Qui sotto due illustri esempi di titoli dalla grafica particolare: Terminator e Ritorno al futuro, entrambi del 1985.

Tornando ad Amsel, va detto che aveva una straordinaria capacità di catturare le sembianze di un attore, anche in forme semplici, e il suo senso della composizione non aveva eguali, come si può vedere fin dai suoi primissimi lavori. Fu un talento molto precoce, tanto che il suo primo incarico importante lo ottenne mentre era ancora uno studente poco più che ventenne al Philadelphia College of Art. All’epoca la 20th Century Fox stava cercando nuovi talenti per la realizzazione della locandina della commedia musicale Hello, Dolly! (1969).

Fu indetto un concorso nazionale e Amsel inviò la sua idea, che strizzava l’occhio sia alla psichedelica che all’Art Noveau. Già in questa sua prima opera si può notare la sua incredibile capacità di cogliere con pochi tratti l’essenza dei volti, ed è ancora più evidente nella locandina di Assassinio sull’Orient Express (1974), dove, non solo tutti gli attori sono perfettamente riconoscibili, ma Amsel prende quello che altrimenti avrebbe potuto essere un montaggio confuso di volti, e lo trasforma in un’intelligente forma di narrazione, attorno a un pugnale di cui il treno stesso forma l’impugnatura.

Diverso fu il discorso per E.T. – L’extraterrestre: era un film rivoluzionario, che voleva introdurre un nuovo concetto di alieno, non più cattivo o invasore, ma debole, indifeso e bisognoso di aiuto. Inoltre era un film per ragazzi, con anche una certa dose di umorismo. Spielberg non voleva la solita composizione formata da scene del film, né tanto meno dischi volanti come per Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), ma qualcosa di nuovo.

Si affidò a John Alvin (1948-2008), che nello stesso anno disegnò anche la locandina per Blade Runner. Nel manifesto di E.T. Alvin si ispira chiaramente alla creazione di Adamo disegnata da Michelangelo, e riassume perfettamente l’incontro tra l’alieno e il bambino, che è al centro del film. Il tocco delle dita, illuminato dalla luce azzurra emanata dalla scritta del titolo, crea un effetto che conferisce al manifesto un sapore magico. Per Alvin il progetto aveva anche un significato personale: la mano del bambino nel poster appartiene a sua figlia, Farah.

Se E.T. ha solleticato l’immaginazione di tutti i bambini, Blade Runner ha posto inquietanti interrogativi agli adulti. Per la locandina, che Alvin stesso ha sempre considerato tra le sue migliori, la composizione è decisamente più convenzionale, ma pone l’accento su uno degli aspetti più seducenti del film, ovvero la città futurista, rappresentando l’oscuro e il pericolo della tecnologia insito nel film.

Le sue opere d’arte uniche e dipinte a mano, in particolare il suo uso di luci e ombre, erano così distintive che il suo nome finì per definire uno stile: Alvinesque. Ancora oggi viene emulato nonostante i cambiamenti significativi nella tecnologia e nella moda. Sopra tre delle sue opere, per Victor Victoria (1982), Gremlins (1984) e Il colore viola (1985).

Lo stile di Alvin si basava sulla sua capacità di suscitare emozioni e nostalgia attraverso le sue immagini, quindi venne naturale alla Disney rivolgersi a lui per le locandine di molti classici animati, che sono caratterizzate da un’aura quasi magica. Tra esse anche le locandine de La Bella e la Bestia e Alladin. La Disney ha riconosciuto più volte che il successo dei suoi film fu dovuto in gran parte alle locandine di Alvin.

Un altro disegnatore statunitense conosciuto a livello internazionale è Drew Struzan (1946), i cui poster cinematografici devono aver fatto mostra di sé nelle camerette di milioni di adolescenti: sua è la locandina di Ritorno al futuro, e di tutta la saga di Indiana Jones dopo il primo film, di cui ho parlato prima, ma anche quella de I Goonies (1984), oltre a molte tra le locandine della saga di Star Wars. E’ entrato nella leggenda il manifesto creato in sole 24 ore per il film La cosa di Carpenter: il regista lo contattò senza dare nessuna indicazione, ma dicendo solo che si trattava di un horror in cui il nemico era sconosciuto. Struzan progettò, disegnò a mano e consegnò il poster nel giro di un giorno, creando un manifesto quanto mai efficace nel cogliere il mistero e il terrore che il film voleva trasmettere.

Per creare le sue illustrazioni, oltre l’aerografo, era solito utilizzare le matite colorate per dettagli e punti luce, cosa che lo distingueva parecchio dai suoi colleghi. Inoltre viene ricordato per la sua velocità nella produzione, dote considerata molto preziosa nel suo campo. Il suo poster per Harry Potter e la pietra filosofale (2001) è purtroppo uno degli ultimi poster illustrati di tutta la produzione cinematografica di questi ultimi anni.

∞●∞●∞

La prossima volta vedremo alcune iconiche locandine che si sono ispirate a opere d’arte di celebri pittori.

Indice della rubrica Locandine

FONTI: Alessandra Rostagnotto, Dal manifesto pubblicitario al poster da collezione – reddit.comgalacticgallery.com


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

17 pensieri riguardo “Locandine”

  1. Questo è il periodo del quale, per ragioni anagrafiche, ho i primi ricordi di queste locandine. Ritorno al futuro è iconica, specialmene per il font bicolore inclinato. Di Indiana Jones ho preferito la locandina al film. Per quanto riguarda la Disney, secondo me fu una scommessa quella di distaccarsi dalle locandine stracolme di personaggi coloratissimi, ma da La Sirenetta in poi, questo minimalismo sembra aver pagato. Un film che ha cambiato la storia dell’animazione, con una locandina che ugualmente si distaccava (abbastanza) dalla massa. Grazie per questo viaggio nella storia, dove la tua passione per il cinema si respira tra queste parole.

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