Locandine

Il cinema francese e la Nouvelle Vague

Prima del 1914 la Francia dominava il mercato del cinema internazionale esportando il doppio dei film distribuiti da tutti gli Studios americani messi insieme. Era quindi necessaria un’enorme quantità di poster per pubblicizzare i film, e per soddisfare questa richiesta crescente nacquero nuove tipografie, fondate da litografi professionisti, illustratori e grafici.

Georges Méliès, pioniere del cinema, costruì i primi studios europei a Montreuil, dove i suoi esperimenti sugli effetti speciali culminarono nel 1902 nel suo film più famoso, Viaggio nella Luna (1902). Lui stesso disegnò personalmente la locandina, e in un diario in cui annotava le impressioni del pubblico si trova scritto: “La gente si ammassava davanti la grande luna, ma il manifesto, benché volesse far ridere, era accolto dai commenti più disparati… E’ una fesseria, una mistificazione! Credono forse che siamo delle teste di rapa? Che possiamo credere che siano andati sulla Luna a fare delle riprese?”

Dieci anni dopo, nel 1912, il poster per il suo ultimo film di successo, Alla conquista del Polo, fu progettato da Cãndido Aragonese de Faria, famoso litografo parigino, di origini brasiliane, all’epoca a capo della litografia affiliata alla Pathé, che era la casa di produzione di gran parte dei film in uscita in Francia. Faria creò un’immagine molto colorata, affascinante e surreale, affollata di macchine volanti che volteggiavano nello spazio. Ma ormai il pubblico conosceva la fantasia mirabolante di Georges Méliès, e forse si stava annoiando delle avventure che raccontava e dei suoi effetti speciali; già da qualche anno, infatti, il pubblico era diventato più esigente in fatto di coerenza e realismo delle storie raccontate.

Un cartellonista francese, famoso nel campo del cinema, fu Jean-Albert Mercier. Nato nel 1899, studiò alla Scuola Nazionale delle Arti Decorative a Parigi. Il suo primo manifesto, disegnato per il film Les Aventures de Robert Macaire (1925) di Jean Epstein, si fece notare per l’originale rappresentazione del protagonista attraverso semplici chiazze di colore, con stile quasi impressionista. Ancor più si distinse, sei anni dopo, il poster per pubblicizzare il film Fantomas (1931), dove campeggiavano due enormi occhi verde smeraldo, iniettati di sangue. I riflessi negli occhi erano dello stesso colore del titolo, che spiccava in giallo brillante sullo sfondo nero.

Uno stile particolarmente caricaturale si può trovare invece nelle locandine delle commedie di Marcel Pagnol: a sinistra, il poster illustrato da Albert Dubout, col suo inconfondibile stile ricco di colori, mentre a destra, una delle locandine di André Toé, nel suo stile caricaturale, tendente all’Art Déco.
Nello stesso periodo, il regista Jean Renoir, figlio del grande pittore impressionista, raggiungeva la fama internazionale con il film La grande illusione (1937), in cui descriveva con grande realismo la Prima Guerra Mondiale.

A sinistra, la locandina che pubblicizzava il film alla sua uscita, nel ’37. A destra, invece, il manifesto utilizzato per pubblicizzare la riedizione del film nel 1954. L’illustrazione, creata da Bernard Lancy, utilizzava lo stile cubista e futurista insieme, attraverso la metafora del soldato non più umano: una gigantesca figura scura e anonima che tiene la sua coscienza, simboleggiata da una colomba, imprigionata nel petto.

Un altro film di Renoir, French Cancan (1954), raccontava invece della nascita del Moulin Rouge. La locandina, disegnata dall’italiano René Gruau, riprendeva lo stile dei manifesti di Toulouse-Lautrec.

Gruau, che è stato uno dei più grandi creatori di immagini pubblicitarie del Novecento, disegnò le locandine di due soli film: oltre al già citato French Cancan nel 1954, nel 1981 fu chiamato a realizzare il poster per la riedizione de La dolce vita di Federico Fellini.

Negli anni ’50, in Francia, ebbero un discreto successo i film comici di Jacques Tati e del suo personaggio Monsieur Houlot. Sotto vediamo due delle locandine disegnate per queste commedie: a sinistra il poster di René Peron, per il film del 1951 Le vacanze di Monsieur Houlot, dove il personaggio viene tratteggiato con uno stile già antiquato per l’epoca, a sottolineare il legame del protagonista col passato; a destra, invece, il poster per Mon oncle (1958), disegnato da Pierre Etaix, in cui la figura di Monsieur Hulot è rappresentata con un semplice schizzo caricaturale.

Alla fine degli anni ’50 emerse la nouvelle vague, con un’esplosione di film sperimentali girati da giovani registi, tra cui Claude Chabrol, Jean-Luc Godard e François Truffaut. La nouvelle vague ha innovato radicalmente il modo di pensare e girare i film, proponendo uno stile che usciva dagli schemi classici hollywoodiani, in favore di una narrazione più libera, che guardava alla vita quotidiana.

I film di questo periodo sono estremamente vari, così come le loro locandine, che presentavano stili e formati diversi, dall’illustrativo al fotografico. Per comunicare quella nuova moda, la grafica creò un linguaggio nuovo, libero, che mischiava disegno, collage, fotografia, strisce di colore e caratteri tipografici. In alto a sinistra la locandina di Ascensore per il patibolo (1958), di Louis Malle, film drammatico rappresentato qui con una schematizzazione che ricorda la capacità di Saul Bass di condensare in immagini metaforiche gli elementi essenziali della trama. A destra, invece, il manifesto di Fino allultimo respiro (1960) di Jean-Luc Godard, che utilizza un fotogramma dei due protagonisti per sottolineare la storia d’amore al centro del film. Il tocco di originalità, per uscire dagli schemi, è dato dal titolo scritto lateralmente in verticale.

Una delle più famose pellicole della nouvelle vague è I 400 colpi (1959), film in parte autobiografico di Truffaut: si narrano le disavventure di un ragazzino che, trascurato dai genitori, finisce per darsi alla delinquenza. A tutt’oggi rimane una delle più riuscite pellicole sul disagio giovanile. Per la promozione del film furono prodotte più versioni della locandina, una fotografica in bianco e nero, e una illustrata a colori, che presentava lo stesso fotogramma in stile pittorico. La seconda versione, sembra voler dare speranza al personaggio per un lieto fine.

Altri due locandine diversissime nello stile. A sinistra il manifesto de Il testamento di Orfeo (1960), di Jean Cocteau, disegnato dal regista stesso. Il film, che è la parte finale di una trilogia autobiografica e autocelebrativa, definita dalla critica “interessante, ma un po’ presuntuosa”, è una pellicola criptica e piena di simbolismi, mentre la locandina riassume in pochi tratti essenziali i riferimenti a Orfeo e alla Grecia antica. Interessante notare che non viene citato nessun interprete, a parte lo stesso Cocteau, nonostante nel film compaiano Claudine Auger, Charles Aznavour, Lucia Bosè, Yul Brinner e persino Picasso, sia pure in un cameo. A destra, invece, la locandina di Jules e Jim, diretto da Truffaut due anni dopo: la storia era incentrata su due amici che si innamorano della stessa ragazza, la seducente Catherine, su cui si focalizza il manifesto realizzato da Christian Broutin. L’illustrazione, che mescola fotografia e disegni, mette in risalto la bellezza della protagonista (Jeanne Moreau), ma allude anche alla sua spregiudicatezza: l’intento è di rappresentare il carisma del personaggio come pure i suoi lati negativi.

Per finire, due locandine realizzate da René Ferracci (1927-1982), uno dei creatori di manifesti cinematografici più prolifici della Francia della seconda metà del secolo scorso. Con uno stile rivoluzionario, colorato e moderno, caratterizzato da un’aura surrealista ma sempre dotato di eleganza formale, ha rappresentato con le sue locandine il legame tra tradizione e nuove tendenze, aprendo la strada alla nuova generazione di cartellonisti cinematografici che sarebbe fiorita negli anni ’80.

∞●∞●∞

Dopo questa breve parentesi nel cinema europeo, la prossima volta torneremo negli Stati Uniti, e daremo un’occhiata ad alcuni dei più famosi blockbuster degli anni ’70.

Indice della rubrica Locandine

FONTI: Alessandra Rostagnotto, Dal manifesto pubblicitario al poster da collezionevogue.it


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Autore: Raffa

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13 pensieri riguardo “Locandine”

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