River Phoenix, bello e dannato

Considerato il James Dean degli anni ’90, si è distinto per un talento non comune e una maturità espressiva incredibile per la sua giovane età; ribelle nello sguardo e nella gestualità, proprio come Dean, ha purtroppo condiviso con lui il triste destino di una prematura scomparsa.
River Jude Phoenix, nasce il 23 agosto 1970 a Madrus, in Oregon; figlio di una coppia di hippies, trascorse i primi anni di vita viaggiando tra il Messico e il Venezuela, insieme alla setta religiosa di cui i genitori facevano parte, Children of God.

La sua era una famiglia decisamente anticonvenzionale: la madre abbandona il marito e un impiego da assistente a Manhattan per fuggire a Los Angeles, dove chiede casualmente un passaggio in macchina al futuro papà di River, John Lee Bottom. I novelli sposi vissero nelle comunità hippie, dove cambiarono il cognome da Bottom in Phoenix, in riferimento all’Araba Fenice, creatura mitologica che rinasce dalle proprie ceneri. In seguito i due decisero di diventare missionari a favore della setta religiosa Children of God, che operava in giro per il mondo.

Quando nasce il loro primo figlio, lo chiamano River, che significa fiume e si ispira al corso d’acqua della vita del romanzo Siddharta di Herman Hesse. Come secondo nome aggiungono Jude, dal brano dei Beatles, Hey Jude. A lui si aggiungeranno tre sorelle, Liberty, Summer e Rain, e un fratello, Joaquin, che più tardi farà parlare molto di sé. Dopo aver scoperto che la setta inganna e sfrutta i propri discepoli, i Phoenix la abbandonano e si stabiliscono in America nel 1977, dove la mamma è assunta come assistente nell’emittente televisiva NBC.

Sommersi da problemi economici e vedendo nei figli buone doti artistiche, li spingono a partecipare a concorsi di recitazione. I ragazzini vengono così notati da Penny Marshall, conoscente di un caro amico di famiglia, che scrittura River per la Paramount. Dopo aver esordito in un paio di serie televisive, nel 1985 approda al cinema con Explorers di Joe Dante, avventura fantascientifica che mette subito in evidenza le sue doti. Al fianco di un Ethan Hawke in erba, interpreta un ragazzino geniale che insieme a due compagni costruisce un’astronave per entrare in contatto con gli alieni.

L’anno successivo buca lo schermo incarnando abilmente l’adolescente problematico Chris Chambers, nel commovente Stand by me – Ricordo di un’estate di Rob Reiner, basato su un soggetto di Stephen King. Nello stesso anno recita accanto a Harrison Ford in Mosquito Coast, mentre due anni dopo si confronta con Sidney Poitiers in Nikita – Spie senza volto.

Ottiene poi un grande successo con Vivere in fuga, film in cui seppe dar vita a un giovane travagliato, scisso tra il desiderio di crescere e il timore di vedere i genitori latitanti catturati. Diretto in questo film da Sidney Lumet, ottiene la nomination all’Oscar e al Golden Globe.

Ormai considerato un attore a tutto tondo, nonostante la giovane età, viene scelto da Steven Spielberg per rappresentare la giovinezza del suo eroe più celebre, nel film Indiana Jones e l’ultima crociata, del 1989, ruolo che gli calza a pennello. Dopo la commedia di Lawrence Kasdan Ti amerò… fino ad ammazzarti, nel 1990, l’anno successivo Phoenix partecipò al film più importante della sua breve carriera, Belli e dannati.

Qui offrì un saggio esemplare della sua maturità espressiva con il personaggio di Mike Waters, giovane tossicomane gay e narcolettico, tormentato dalla ricerca di sé stesso e della madre scomparsa, e ridotto dalla necessità alla prostituzione. La sua interpretazione gli valse la Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia. L’eccezionale talento naturale unito a un’espressione sensuale di creatura angelica e maledetta, fanno di lui una stella planetaria, amata dal pubblico e contesa dai maggiori produttori.

Ormai lanciato, fece parte del cast stellare de I signori della truffa, nel 1992, per poi lavorare con Peter Bogdanovich nel film sentimentale Quella cosa chiamata amore, del 1993. Sempre in quell’anno River interpreta con particolare intensità un giovane sconvolto dalla morte dell’adorata moglie nel film di Sam Shepard Silent Tongue, e inizia le riprese di Dark Blood, film che rimane incompiuto per l’improvvisa scomparsa di Phoenix.

Brillante, intelligente, ma anche romantico e sognatore, a un certo punto della sua vita l’attore si trova intrappolato nel tunnel della droga. Nella notte di Halloween del 1993, il divo si reca con Rain e Joaquin al Viper Room, locale di proprietà dell’amico Johnny Depp. Dopo essere stato visto a colloquio con alcuni spacciatori, River esce dal locale in condizioni preoccupanti, mentre Depp sta suonando sul palco insieme a Flea, bassista dei Red Hot Chili Peppers; River avrebbe dovuto esibirsi con loro (tra le altre cose era anche un valente musicista) e quando non lo vedono rientrare i due si precipitano fuori, trovando l’amico sul marciapiede in preda a convulsioni. La sorella Rain cerca di praticargli la respirazione bocca a bocca, mentre il fratello Joaquin chiama il 911. Purtroppo i soccorsi non arrivano in tempo e, quando l’ambulanza giunge sul posto, River è in arresto cardiaco. La corsa all’ospedale e i tentativi di rianimazione sono inutili: River Phoenix è dichiarato morto all’1:51. Aveva 23 anni. L’autopsia rivelò in seguito un’overdose di eroina e cocaina, sotto forma di speedball, oltre a tracce di cannabis. Le sue ultime parole rivolte a un reporter che tentò di aiutarlo furono “Niente paparazzi, voglio l’anonimato”. Ma quel desiderio non gli è stato concesso. La telefonata al Pronto Intervento fatta dal fratello viene diffusa in tutte le radio e tv. Come se non bastasse, durante il funerale, un cronista irruppe a casa Phoenix, immortalando le sue ceneri: la foto è stata venduta al National Enquirer per la somma di cinquemila dollari. Le sue ceneri sono ora sparse in Florida, nella fattoria di famiglia.

L’attore è ricordato anche per i suoi interventi umanitari e ambientalisti. In tempi in cui non faceva notizia come ora, Phoenix aveva acquistato 800 acri di foresta pluviale in Costa Rica, per salvarla dalla distruzione. Dopo la sua morte, la famiglia ha proseguito il suo impegno. E 10 anni fa è stata costituita una Onlus che porta il suo nome e che si occupa di sensibilizzare sui temi della pace e della sostenibilità globale.
Il 23 agosto di quest’anno, giorno che avrebbe segnato il suo cinquantaduesimo compleanno, la madre lo ha ricordato pubblicando su Instagram un breve messaggio, e una bellissima foto che li ritrae insieme.


«Anche se non posso fermare la crudeltà verso tutte le creature del pianeta, posso essere gentile con ogni creatura vivente che incontrerò nella mia vita»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – mymovies – iodonna.it


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

15 pensieri riguardo “River Phoenix, bello e dannato”

    1. Io credo che, al di là dell’ambiente (considerando la famiglia in cui è cresciuto era tutt’altro che inaspettato il suo interesse per le droghe), il problema è sempre la volontà individuale. Difficile aiutare chi non vuole essere aiutato.

      Piace a 1 persona

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