Yul Brynner, il magnifico

Il suo nome completo era Julij Borisovič Briner, nato a Vladivostok, in Siberia, l’11 luglio 1920, da padre elvetico di discendenza mongola e da madre rumena di ceppo tzigano; gli fu poi riconosciuta la cittadinanza americana pur essendo ufficialmente cittadino svizzero. Si conosce poco del suo passato antecedente alla sua carriera cinematografica, neppure attraverso la biografia ufficiale, Yul, the man who would be king, scritta dal figlio primogenito Yul jr.

Prima di approdare negli USA è passato di nazione in nazione, Svizzera, Francia, Inghilterra, Cina, sbarcando il lunario con lavori saltuari tra cui macchinista teatrale, trapezista al circo, stunt per il cinema, e cantante nei locali. Contrariamente a quanto si possa pensare, la capigliatura, anche se non folta, era comunque presente, ma si rasava ogni qualvolta affrontava le scene. Attraverso il look della testa rasata, all’epoca innovativo, attirò su di sé l’attenzione di milioni di spettatori, che però lo abbandonavano quando recitava con il parrucchino.

Con lo sguardo penetrante e i lineamenti asiatici, Brynner si è affermato negli anni ‘50 interpretando personaggi dal fascino esotico e dalla potente fisicità, prima nei kolossal biblici di Cecil B. DeMille e King Vidor e, successivamente, in numerosi film d’avventura e spy stories. Ha interpretato molti ruoli sia brillanti, sia drammatici, mostrando di essere un artista molto versatile, e stemperando una recitazione dai toni energici in prestazioni attente anche ai sottili risvolti psicologici. Nel 1934 a Parigi iniziò a frequentare il mondo della musica e del teatro. Nel 1941 si trasferì negli Stati Uniti dove, pur continuando l’attività teatrale, si dedicò anche alla televisione.

Dopo un esordio cinematografico poco convincente, il suo talento teatrale si rivelò a Broadway nel 1951 con Il re ed io, il musical che Brynner interpretò, ricoprendo la parte del Siam Mongkut, anche nell’omonima versione cinematografica del 1956, riscuotendo un enorme successo di pubblico e di critica, e vincendo l’unico Oscar della sua carriera. Nello stesso anno si fece apprezzare nel ruolo del faraone Ramsete ne I dieci comandamenti, e nel melodramma storico Anastasia di Anatole Litvak, accanto a Ingrid Bergman.

Fra la fine degli anni ‘50 e i primi anni ‘60 affiancò all’interpretazione di personaggi storici e avventurosi, come il re Salomone in Salomone e la regina di Saba, del 1959, o il pirata Jean Lafitte ne I bucanieri, figure d’ispirazione letteraria, come Dimitri Karamazov in Karamazov, del 1958, e Jason Compson ne L’urlo e la furia, del 1959, adattamenti cinematografici degli omonimi romanzi di F.M. Dostoevskij e W. Faulkner.

Il 1960 segnò la piena maturazione artistica e il successo a livello internazionale: il suo volto è rimasto inconfondibilmente legato al personaggio del pistolero Chris Adams, ne I magnifici sette di John Sturges e nel sequel del 1966, dal titolo Il ritorno dei magnifici sette, diretto da Burt Kennedy. Se si escludono alcune interessanti interpretazioni in film minori come Invito a una sparatoria, del 1964, o Il romanzo di un ladro di cavalli, del 1971, negli anni successivi continuò a proporre, senza particolari innovazioni stilistiche, il cliché dell’eroe calvo dal fascino magnetico.

Verso la fine della carriera ha saputo trasferire con intelligenza i modi e le caratteristiche del genere western in un mondo fantascientifico e visionario. Nel 1973, ne Il mondo dei robot, esordio nella regia dello scrittore Michael Crichton, seguito nel 1976 da Futureworld 2000 anni nel futuro, offrì una magistrale e avveniristica interpretazione del pistolero robot, attrazione in un futuribile e violento parco dei divertimenti, nella sua umanizzata ribellione contro gli uomini.

Attore eccentrico, amante del lusso e di se stesso, è stato un convinto maschilista e non rinunciava, neanche in pubblico, a manifestare apertamente le sue convinzioni. Accanito fumatore di oltre 60 sigarette al giorno, si fece promotore, tramite uno spot televisivo impressionante, andato in onda dopo la sua morte, di una campagna contro il fumo, quando venne a conoscenza di essere affetto da un cancro ai polmoni. La diagnosi è del 1983 e l’attore muore il 10 ottobre del 1985 a New York, all’età di 65 anni.

Sposato quattro volte con tre divorzi: primo matrimonio con l’attrice Virginia Gilmore (un figlio, Yul jr.), poi con la giornalista Doris Kleiner (una figlia, Victoria), in seguito con la pubblicista francese Jacqueline de Croisset (due figli vietnamiti adottati, Mia e Melody), ultimo con l’attrice Kathy Lee. Ha un’altra figlia, Lark, nata fuori dal secondo matrimonio con Doris Kleiner ma ugualmente allevata dalla moglie.

«Il successo ha un rovescio della medaglia, ed è la perdita di ciò che c’è di più prezioso al mondo: la propria privacy»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal.com


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

6 pensieri riguardo “Yul Brynner, il magnifico”

  1. Un personaggio.
    Bisogna sempre distinguere tra vita professionale (che ci affascina) e vita privata (che spesso disapproviamo).
    Apprezzo la sua “redenzione”, seppure tardiva, riguardo il fumo. Possibile che ancora oggi il fumo sia così tanto diffuso, nonostante se ne conoscano i rischi?

    Piace a 1 persona

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