Philip Seymour Hoffman, l’outsider

Nasce il 23 luglio 1967 a Fairport, New York, secondo di quattro figli. Il padre era un manager della Xerox e la madre avvocato. Quando Philip ha nove anni i genitori divorziano e con i suoi fratelli da quel momento vive con la madre. Philip sogna una carriera da wrestler ma il suo desiderio viene stroncato da un infortunio al liceo. La madre in particolare ha influito sui suoi gusti, perché aveva l’abitudine di portarlo spesso a teatro. Hoffman ha raccontato in un’intervista al New York Times che rimase particolarmente colpito dalla commedia Tutti i miei figli, che vide a 12 anni. Perciò, fallito il sogno dell’atletica, comincia a studiare recitazione e si appassiona tanto da arrivare alla laurea nel 1989 alla Tisch School of the Arts di New York.

Due anni dopo appare già in un episodio della serie tv Law & Order – I due volti della giustizia. L’anno seguente ottiene un ruolo al fianco di Al Pacino in Scent of a Woman – Profumo di Donna, che gli darà molta visibilità. Nel film indossa i viscidi panni di un odioso e arrogante rampollo viziato. Sarà solo il primo di tanti personaggi negativi, spesso terribilmente antipatici, che interpreterà nella sua carriera, facendone quasi il proprio biglietto da visita, e dando sempre il meglio di sé, anche confinato in ruoli scomodi o secondari.

Nel 1996 viene ingaggiato da Paul Thomas Anderson nel thriller Sydney. Il film segna l’inizio di una fruttuosa collaborazione con il regista californiano, per il quale Hoffman gira numerose pellicole: Boogie Nights – L’altra Hollywood, Magnolia, Ubriaco d’amore. Accanto al successo ottenuto in pellicole indipendenti come Happiness, del 1998, o Il talento di Mr. Ripley, l’anno seguente, Hoffman lavora anche in grandi produzioni come Red Dragon, nel 2002, Ritorno a Cold Mountain, nel 2003, e nel 2006 Mission: Impossible III.

La grande occasione arriva nel 2005, quando l’amico Bennett Miller lo scrittura nella parte da protagonista nel biopic Truman Capote – A sangue freddo, dove l’attore conquista l’Oscar incarnando in modo divino lo stravagante scrittore statunitense, ed entrando finalmente nelle grazie della Mecca del Cinema. Per questa interpretazione ottiene anche il Golden Globe come migliore attore drammatico.

Il 2007 lo trova ad accudire il papà anziano ne La famiglia Savage, a organizzare una rapina in Onora il padre e la madre, mentre è un agente della CIA molto anticonformista ne La guerra di Charlie Wilson, prova che gli frutta una nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista. L’anno dopo è un regista teatrale ipocondriaco in Synecdoche, New York, e un sacerdote su cui pesa l’ombra della pedofilia nel dramma Il dubbio.

Nel 2011 affianca George Clooney nel drammatico Le idi di marzo, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, e l’anno successivo è sul grande schermo a fianco di Brad Pitt ne L’arte di vincere. Nel 2012 torna a lavorare con il regista che gli ha dato la celebrità, Paul Thomas Anderson ed è protagonista di The Master, ispirato alla storia del fondatore di Scientology Ron Hubbard, che gli vale la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, insieme con il collega Joaquin Phoenix.

Sempre nel 2012 interpreta il secondo violino di un quartetto d’archi nel film Una fragile armonia, accanto a Christopher Walken, mentre la sua ultima apparizione è nella saga di Hunger Games.
Nella sua vita privata, Philip Seymour Hoffman ha lottato con la dipendenza da droghe e alcol. Aveva avuto già problemi con la droga fin da ragazzo: si era fatto ricoverare subito dopo essersi laureato e da allora era rimasto pulito, fino al 2013. A maggio del 2013 era entrato in un programma di riabilitazione dalla droga per 10 giorni.
Il 2 febbraio del 2014, all’età di 46 anni, l’attore è vittima di un’overdose, sembra accidentale, e viene rinvenuto senza vita in un appartamento che stava affittando come ufficio. Philip Seymour Hoffman ha lasciato la compagna Mimi O’Donnell e i loro tre figli, Cooper, Tallulah e Willa.

Il New York Times lo aveva definito più volte “uno dei migliori attori della sua generazione” e si tratta di un’opinione condivisa nell’ambiente cinematografico: era uno di quei pochi attori in grado di attrarre da solo interesse e curiosità riguardo un film. Di lui è stato detto che “elevava qualsiasi film in cui recitasse” e a riprova del suo talento ha vinto moltissimi premi, ma ha avuto anche ruoli importanti in film per cui non ne ottenne, film che anche grazie alla sua presenza sono rimasti memorabili.

«Non vado alla ricerca di personaggi negativi, ma cerco personaggi che devono affrontare difficoltà e sono in lotta con se stessi. Trovo che siano i più interessanti da interpretare»

FONTI: mymovies – smashvillage – comingsoon


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

9 pensieri riguardo “Philip Seymour Hoffman, l’outsider”

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