Lillian Gish, la first lady del muto

Fu una delle prime grandi attrici del cinema muto, celebre per il suo lungo sodalizio artistico con il regista David W. Griffith. Fu diretta da lui in ben 38 film, impersonando la ragazza fragile e indifesa, simbolo dell’innocenza di fronte alla malvagità e alle difficoltà del mondo. Sopravvissuta al passaggio dal muto al sonoro, ha avuto un’ineguagliata longevità artistica, con una carriera durata ben 75 anni, dal 1912 al 1987. Appartata, mai disponibile per la cronaca rosa, attraverso una condotta di vita molto riservata e particolarmente seria, si è distinta da altre dive del momento, anche nel carattere poco incline ai compromessi. Si dice che fosse lei a decidere le inquadrature nelle scene d’amore e che a nessun partner fosse concesso sfiorarle le labbra. È rimasto celebre il duetto con John Gilbert, suo partner ne La Bohème (1926): ci vollero oltre 50 ciak e diversi giorni di riprese, per la sequenza di un bacio di soli 3 secondi.

Il suo vero nome era Lillian Diana De Guiche. Nasce a Springfield, in Ohio, il 14 ottobre, ma ci sono molti dubbi sull’anno di nascita: molti sostengono che fosse nata nel 1888, altri nel 1896, ma la data più accreditata è il 1893, se non altro perché è scomparsa nel 1993, e non si ritiene che potesse avere più di 100 anni.
Figlia d’arte, è avviata alle scene sin da bambina dalla madre, Mary McConnell, interprete in teatro. A nove anni esordisce come ballerina e attrice, insieme con la madre e la sorella minore Dorothy; tre anni dopo già calca le scene di Broadway, dove conosce Mary Pickford. In seguito quest’ultima la presentò a Griffith, con il quale interpretò nel 1912, insieme alla madre e alla sorella, il suo primo vero ruolo nel cortometraggio An unseen enemy. Per la casa di produzione Biograph, recitò fino al 1913 in una trentina di altri corti, sempre diretti da Griffith. Quando il regista lasciò la Biograph nell’ottobre 1913, lo seguì alla Mutual, poi alla Triangle e infine alla United Artists.

Nel 1914 recitò in una quindicina di brevi film diretti da collaboratori di Griffith, e in quattro lungometraggi di quest’ultimo, prima in parti di contorno, e poi come protagonista. Nei successivi grandi film di Griffith definì ulteriormente il suo personaggio. Il suo talento si rivelò in particolare in Nascita di una nazione (1915), dove interpreta la figlia di un deputato nordista amata dal rampollo di una famiglia sudista, e in Intolerance (1916) a cui collaborò anche come assistente alla regia e al montaggio. Ma fu in Giglio infranto (1919), il più noto melodramma di Griffith, che, nella parte della piccola orfana picchiata a morte dal padre alcolista, offrì la sua migliore interpretazione.

Le sue ormai notevolissime doti furono confermate dagli ultimi due film girati con Griffith, Agonia sui ghiacci (1920) e Le due orfanelle (1922), che furono anche gli ultimi successi del regista. Del 1920 fu anche la sua unica esperienza registica: su suggerimento di Griffith diresse la sorella Dorothy in Remodelling her husband, film andato perduto. Nelle sue intenzioni doveva trattarsi di una commedia femminista (la storia di una moglie che attraverso il proprio successo nel lavoro riesce a fare cambiare idea al marito che l’ha tradita), che avrebbe messo in luce il talento creativo delle donne: si rivolse quindi per le didascalie a una nota scrittrice di professione, Dorothy Parker, e scrisse lei stessa il soggetto e la sceneggiatura, con il nome di Dorothy E. Carter. Ma trovare un’operatrice donna non fu possibile, e i conseguenti contrasti con l’operatore George W. Hill, geloso della propria competenza, portarono a un risultato qualitativamente inferiore alle aspettative, esito che, nonostante il notevole successo commerciale riscosso dal film, la scoraggiò da ulteriori tentativi.

All’inizio del 1922 ebbe termine il sodalizio artistico con Griffith, il quale, in difficoltà finanziarie, non poteva più permettersi di pagarle i contratti che richiedeva il suo status di diva. La sua carriera non ne risentì: ormai all’apice della popolarità, sviluppò e affinò con altri registi (da lei scelti con cura) le tecniche apprese con Griffith, confermando di avere raggiunto un grado di professionalità che non scadeva mai nella routine, ma le consentiva anzi un costante approfondimento.

Con King lavorò in due drammi romantici, La suora bianca (1923), che riscosse un enorme successo, e Romola (1925), il suo ultimo film insieme alla sorella. Con la MGM girò cinque film, tra cui La Bohème (1926) diretto da King Vidor, con John Gilbert, in cui è una convincente Mimì, e soprattutto La lettera scarlatta (1926) e Il vento (1928), entrambi con l’attore svedese Lars Hanson, dove, pur ricoprendo i consueti ruoli tragici, si orientò verso un registro meno melodrammatico.

A partire dal 1930 si dedicò di nuovo al teatro dove ebbe successo in parti sia drammatiche sia leggere, mentre sul grande schermo interpretò in quegli anni solo Una notte romantica (1930) di Paul L. Stein, il suo primo film sonoro, e His double life (1933) di Arthur Hopkins. Tornò al cinema nel 1942, ma ormai non più come protagonista. In quegli anni recitò tra l’altro in Duello al sole (1946) di Vidor, per il quale ottenne una nomination all’Oscar, e ne Il ritratto di Jennie (1949) di William Dieterle. Negli anni ’50 e ‘60 continuò a recitare in teatro e anche nel cinema, benché sempre più di rado, comparendo in almeno tre film memorabili, La morte corre sul fiume (1955) di Charles Laughton, La tela del ragno (1955) di Vincente Minnelli e Gli inesorabili (1960) di John Huston.

Apparve ancora, tra gli altri, nel film di Altman Un matrimonio (1978) e, per l’ultima volta, ne Le balene d’agosto (1987) di Lindsay Anderson, accanto ad altre due vecchie glorie, Bette Davis e Vincent Price: degna chiusura di una vita artistica davvero unica. Ha fatto anche qualche apparizione in televisione, in particolare è apparsa come guest star, in un episodio di Love boat.

Nel 1971 ha ricevuto l’Oscar alla carriera e nel 1979 il Crystal Award Women in film, un premio dedicato alle donne che, attraverso l’eccellenza del loro lavoro, contribuiscono a espandere il ruolo femminile nel mondo dello spettacolo. L’American Film Institute ha inserito la Gish al diciassettesimo posto tra le più grandi star della storia del cinema.

Non si è mai sposata e non ha avuto figli. La lunga collaborazione con il regista Griffith fece pensare che i due avessero una relazione sentimentale, ma lei ha sempre smentito, e per tutta la vita si è sempre riferita a lui chiamandolo Mr. Griffith. Nel 1969 ha scritto e pubblicato un’autobiografia, The Movies, Mr. Griffith and Me, dove racconta il suo intenso rapporto di amicizia e stima reciproca con il famoso regista.
Lillian Gish si è spenta per cause naturali il 27 febbraio 1993. Considerata una vera istituzione e quasi un mito del cinema americano, ogni anno nella ricorrenza della sua nascita, vengono proiettati nelle più importanti sale cinematografiche statunitensi, per una settimana di fila, i suoi film migliori e anche quelli poco conosciuti.

«Quando ho debuttato nel cinema, Lionel Barrymore interpretava mio nonno. Più tardi ha interpretato mio padre e infine ha interpretato mio marito. Se fosse vissuto ancora, sono certa che avrei interpretato sua madre. È così che funziona a Hollywood: gli uomini ringiovaniscono mentre le donne invecchiano»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – cinekolossal


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

8 pensieri riguardo “Lillian Gish, la first lady del muto”

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