Peter Bogdanovich, il poeta della nostalgia

Nasce a Kingston (New York) il 30 luglio 1939, da padre serbo e da madre austriaca di famiglia ebrea. Grande estimatore della tradizione hollywoodiana degli anni Trenta e Quaranta, si affermò all’inizio degli anni Settanta con un cinema caratterizzato dal piacere del ricordo e della rievocazione, ma sempre con uno stile sobrio, privo di eccessi o retorica. Già all’età di dieci anni era un assiduo frequentatore di sale cinematografiche, spesso in compagnia del padre Borislav, un pittore che gli trasmise il gusto dell’arte e della cultura europea, e si dilettava nell’imitazione di attori famosi.

A quindici anni iniziò a frequentare i corsi di recitazione al Theater Studio di New York, per poi esordire, a soli 19 anni, come regista teatrale. Dal 1959 si dedicò alla critica cinematografica, scrivendo recensioni e articoli per alcuni giornali e per riviste specializzate e curando per il MOMA di New York rassegne monografiche e pubblicazioni su Orson Welles, Howard Hawks, e Alfred Hitchcock, i suoi registi preferiti, insieme a John Ford.

Il desiderio di lavorare per il cinema lo spinge, nel 1964, a trasferirsi a Hollywood, dove inizia a collaborare con Roger Corman, svolgendo ruoli diversi: sceneggiatore, attore, operatore e aiuto regista. Finalmente, nel 1968, esordisce come regista, con il film Bersagli. Prodotto dallo stesso Corman e basato sulla storia di un giovane serial killer, il cui destino si incontra con quello di una star del cinema horror, il film fu accolto con favore dalla critica, anche per il toccante omaggio a Boris Karloff, in una delle sue ultime apparizioni.

Nel 1971 raggiunge un successo unanime di critica e di pubblico, anche a livello internazionale, con L’ultimo spettacolo, pellicola in bianco e nero interpretata da un cast straordinario di giovani attori, fra cui Jeff Bridges, Cybill Shepherd e Cloris Leachman, che ottenne ben otto nominations e due Oscar. Ambientato nella provincia del Texas dei primi anni Cinquanta, il film racconta la squallida vita di provincia di cui sono prigionieri Sonny, Jacy e Duane, e rappresenta simbolicamente, attraverso la chiusura di una sala cinematografica e i continui riferimenti al western, la fine di un’epoca, quella dell’America rurale e della sua cultura.

L’anno successivo dirige Ma papà ti manda sola?, una commedia brillante ispirata allo stile di Vincente Minnelli, interpretata da Barbra Streisand e Ryan O’Neal. Ma il suo film più rappresentativo è Paper Moon, del 1973, un road movie a sfondo sociale, ispirato al cinema di Frank Capra e ambientato nell’America della Grande depressione. Seguendo il vagabondare di un venditore ambulante di bibbie e di una bambina di nove anni che lo ha adottato come padre, il film rievoca con delicata ironia miti, luoghi e atmosfere dell’epoca del New Deal.

Meno apprezzate dalla critica sono state le prove immediatamente successive, che hanno visto il regista misurarsi con la commedia sentimentale in Daisy Miller, del 1974, col musical in Finalmente arrivò l’amore, dell’anno dopo, e di nuovo con la commedia in Vecchia America, del 1976, un film sul cinema americano delle origini.

E’ poi tornato all’attenzione dei critici con Saint Jack, del 1979, e nel 1981 con la commedia E tutti risero, entrambi interpretati da Ben Gazzara. Successivamente il grande successo del 1985 con Dietro la maschera, parzialmente confermato da Texasville, nel 1990, lo ha ricollocato fra gli autori più creativi della sua generazione.

I suoi ultimi film, Illegalmente tuo, Rumori fuori scena e Quella cosa chiamata amore, nonostante la loro eleganza stilistica, sono stati accolti, invece, con sempre maggior distacco. Negli anni Novanta Bogdanovich ha lavorato anche per la televisione americana, senza tradire l’abituale ironia ed eleganza. Nel 2001 con Hollywood Confidential è tornato al tema prediletto della rievocazione del passato, soprattutto cinematografico, e della riflessione sul mito americano.

Non ha lavorato solo dietro la macchina da presa, ma anche come attore, diretto da Orson Welles, che ammirava in modo particolare, e la sua ultima apparizione è stata nel film It – Capitolo due, del 2019, in cui interpretava se stesso.
Dal 2000 ha partecipato anche a diverse serie televisive, da I Soprano a Rizzoli & Isles, da How I met your mother a The Good Wife.
Sentimentalmente è stato a lungo legato all’attrice Cybill Shepherd, e ha avuto poi una relazione con la playmate Dorothy Stratten, che fu uccisa dal marito per gelosia. Nel 1988 sposò la sorella di Dorothy, ma divorziò nel 2001.
Bogdanovich si è spento a Los Angeles, il 6 gennaio 2022, a 82 anni, per complicazioni legate al morbo di Parkinson.

«Non esistono film vecchi. Esistono solo film che hai già visto o che devi ancora vedere»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – Wikipedia


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

16 pensieri riguardo “Peter Bogdanovich, il poeta della nostalgia”

  1. “Non esistono film vecchi”

    Frase assolutamente vera, che a io avviso vale anche per i libri. Ce ne sono moltissimi che non ho visto, o letto, pubblicati molti anni fa. Ma per me saranno sempre nuovi, finché non li avrò visti o letti.

    Piace a 1 persona

  2. ah è morto qualche giorno fa, forse avevo letto che era morto un regista dal cognome impronunciabile ma non conoscendolo non ci ho fatto caso

    credo che dei suoi film mi interessino più quelli a filone storico, come l’ultimo della cui immagine sono molto intrigato

    Piace a 1 persona

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