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Charles Laughton, un talento istrionico

Inglese di nascita, naturalizzato statunitense, nasce a Scarborough, nello Yorkshire, il 1° luglio 1899. Nato in una modesta famiglia di albergatori, fu mandato dai genitori a lavorare come apprendista cameriere all’hotel Claridge di Londra, ma con i soldi guadagnati riuscì a frequentare la Royal Academy of Dramatic Art. Al debutto in teatro si fece notare in piccoli ruoli in opere di Gogol e Čechov, arrivando in poco tempo a rivestire ruoli sempre più importanti e a cimentarsi anche con il teatro shakespeariano. Prima di esordire nel cinema, è il primo attore di teatro ad impersonare, nella pièce Alibi del 1928, il detective Hercule Poirot.

L’esordio nel cinema avvenne nel 1928, quasi per caso, in due film comici diretti da Ivor Montagu e ispirati da storie di H.G. Wells, Bluebottles e Daydreams. In essi lavorò al fianco di Elsa Lanchester, che nel 1929 divenne sua moglie. Nello stesso anno recitò in Piccadilly di Ewald Andrés Dupont. Nel 1931 si recò con la moglie negli Stati Uniti, dove l’anno successivo interpretò un piccolo ruolo in un suggestivo film horror, Il castello maledetto, di James Whale, regista che Laughton conosceva dai tempi londinesi degli esordi teatrali, in quanto faceva parte di un gruppo che comprendeva, tra gli altri, anche Laurence Olivier e John Gielgud.

Il suo fisico non certamente perfetto e il volto, con cui la natura non è stata molto benigna, sono stati in realtà la sua fortuna. Chiamato comunemente ad interpretare personaggi deformi o mentalmente perversi, negli anni Trenta e successivi ha costruito attorno a sé una vera leggenda, tale da portarlo, in breve tempo, ai massimi vertici della popolarità. Diventato famoso per l’istrionismo recitativo anche in contesti di carattere altamente drammatico, solo nell’ultimo decennio di carriera, grazie all’innato umorismo e alla sua forte personalità, ha cambiato stile, immergendosi in ruoli positivi, con puntigliosità e particolare perfezionismo. Nel 1931, si trasferisce definitivamente negli Stati Uniti e a Hollywood firma un lungo contratto con la Paramount.

Dopo la leggendaria interpretazione di Nerone ne Il segno della Croce del 1932, l’anno successivo impersona Enrico VIII ne Le sei mogli di Enrico VIII, che gli vale l’unico Oscar vinto; nel 1935 è il perfido capitano Bligh ne La tragedia del Bounty di Frank Lloyd e nello stesso anno interpreta l’implacabile poliziotto Javert de Il sergente di ferro di Richard Boleslawski, tratto da I miserabili. In alcuni casi seppe rendere questi personaggi ambiguamente affascinanti e perfino simpatici grazie a un sapiente uso di humour e stile.

Nel 1937 impersona con smisurato talento la figura dell’imperatore Claudio, marito di Messalina, in Io Claudio, ma il film non fu mai terminato, ufficialmente per un incidente occorso alla protagonista, ma pare piuttosto per divergenze tra Laughton e il regista. Rimangono solo alcune sequenze che vennero incluse in un documentario sul making of del film. Dopo alcuni viaggi di ritorno in Inghilterra, soprattutto per dedicarsi al teatro di Shakespeare, il primo ruolo sostenuto nel suo ultimo periodo hollywoodiano, è quello di Quasimodo nel film Notre Dame, del 1939: la sua interpretazione, frutto di estenuanti discussioni con il regista William Dieterle e il truccatore Perc Westmore, rimane secondo molti critici la sua creazione più strepitosa, certo quella che rivela maggiore virtuosismo.

Ma anche tra i 28 film che avrebbe interpretato negli ultimi vent’anni di vita e di carriera, ce ne sono molti che meritano di essere ricordati: da Questa terra è mia, del 1934, girato con Jean Renoir, ai due eccellenti noir Quinto: non ammazzare, del 1944, di Robert Siodmak e Il tempo si è fermato, del 1948, di John Farrow; e soprattutto va ricordato il frutto del suo incontro con Billy Wilder, che nel 1957 lo volle per Testimone d’accusa, dove interpreta un avvocato anziano e malandato alle prese con una causa che lo coinvolgerà anima e corpo. Nel disegnare il rapporto fra il vecchio avvocato e l’infermiera apparentemente imperiosa e bisbetica che ha il compito di assisterlo, interpretata dalla moglie Elsa Lanchester, forse Wilder ci dà un ritratto sostanzialmente fedele del rapporto che doveva esistere, al di là della finzione scenica, fra quei due vecchi coniugi e compagni di lavoro.

Malgrado il matrimonio durato 41 anni, dopo neppure dieci mesi dalle nozze, rivelò alla moglie di essere gay, maledicendosi per questa sua tendenza, tenuta rigorosamente nascosta per tutta la vita. Non sono noti i nomi dei suoi amanti, ma pare fossero tutti giovani impegnati come assistenti sui set di ripresa.
Dopo la sua morte, la moglie scrisse una stupenda e affettuosa biografia di entrambi, dal titolo Charles Laughton and I.


È stato regista una sola volta, senza apparire, per l’insolito e acclamato noir La morte corre sul fiume, del 1955, in cui è autore anche della sceneggiatura. Un film che purtroppo il pubblico non apprezzò, convincendolo a non ripetere l’esperienza dietro la macchina da presa. La pellicola è diventata poi un cult, sia per le interpretazioni degli attori, sia per la perfezione formale di una regia davvero superlativa.
Pur non essendo da meno di altri colleghi britannici come, ad esempio, Laurence Olivier, Peter Ustinov e Alec Guinness, non ha ricevuto il titolo onorifico di Sir. Probabilmente il fatto di aver acquisito la cittadinanza americana nel 1950 ne ha pregiudicato la nomina.
Ricoverato in ospedale a seguito della rottura di una vertebra dopo una caduta nel bagno di casa, scopre di essere affetto da cancro della cistifellea. Muore nel 1962 a 63 anni.

«Hollywood è un luogo bizzarro, ma a me piace. D’altronde, soltanto se sei leggermente pazzoide puoi viverci»


FONTI: cinekolossal – Treccani, Enciclopedia del cinema

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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

8 pensieri riguardo “Charles Laughton, un talento istrionico”

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