Lee Marvin, uno sguardo implacabile

Nel classico scontro tra buoni e cattivi, tanto caro al cinema hollywoodiano, la sua espressione letale dovuta ai gelidi occhi chiari a fessura, lo ha sempre collocato tra le facce patibolari, minacciose e perverse. I lineamenti marcati del volto e il portamento deciso ne hanno fatto un perfetto villain. Noto per la sua durezza espressiva, rappresentata dallo sguardo cinico e dai modi bruschi acquisiti in guerra, ha associato la sua immagine a personaggi detestabili e pericolosi, anche se, con il passare degli anni, la sua rudezza si è volta occasionalmente a fin di bene o a personaggi capaci di atti eroici. Spesso ha interpretato l’uomo d’azione solitario, che combatte in nome della legge o di una sua etica personale, contro un mondo corrotto.

Lamont Waltman Marvin, detto Lee, nasce a New York il 19 febbraio 1924. Al termine di un’adolescenza irrequieta, si arruola nel corpo dei marines e durante la Seconda guerra mondiale combatte per tre anni e mezzo, acquisendo la risolutezza di modi e la grinta che caratterizzeranno la sua intera carriera cinematografica. Nel giugno del 1944 viene gravemente ferito durante la battaglia di Saipan, nelle Isole Marianne, e rientra in patria. Figlio di un pubblicitario e di una giornalista di moda, non sa che orme seguire quando, come spesso accade, la vita sceglie per lui: tornato dalla guerra gli viene chiesto di sostituire un attore in una compagnia di giro a Woodstock. La passione per la recitazione lo riportò a New York, dove prese a studiare all’American Theater Wing e nel 1951 debuttò a Broadway.

Nello stesso anno Henry Hathaway gli offrì l’occasione di esordire nel cinema al fianco di Gary Cooper ne Il comandante Johnny. Trasferitosi a Hollywood, nel 1952 siglò un contratto per otto film con la Columbia Pictures che intendeva utilizzarlo per ruoli di criminali efferati, avventurieri e rigidi poliziotti. In questa fase Marvin si fece notare per la brutalità delle sue caratterizzazioni malvagie: dal sadico gangster de Il grande caldo (1953), di Fritz Lang, al volgare motociclista Chino, accanto a Marlon Brando ne Il selvaggio (1953). Dopo altre performances molto incisive, come L’ammutinamento del Caine (1954) di Edward Dmytryk, con Humphrey Bogart, Fred MacMurray e Van Johnson, Giorno maledetto (1955) di John Sturges, con Spencer Tracy e Robert Ryan, e Prima linea (1956) di Robert Aldrich, la sua carriera ebbe una svolta decisiva quando la NBC gli offrì la parte del detective nella serie televisiva Il tenente Ballinger (1957-1960).

Il successo del personaggio gli assicurò ingaggi prestigiosi e inaugurò il decennio in cui Marvin realizzò i suoi film migliori e raggiunse l’apice della popolarità. Dopo aver interpretato un altro paio di figure patibolari, il perverso killer de L’uomo che uccise Liberty Valance (1962), di John Ford, e l’assassino implacabile di Contratto per uccidere (1964), di Don Siegel, Marvin si affermò inaspettatamente con il western comico Cat Ballou (1965), che gli regala il suo primo e unico Oscar per il doppio ruolo di un killer e di un pistolero ubriacone e incapace; sempre per questa interpretazione si aggiudicò il Golden Globe, il premio BAFTA e l’Orso d’argento a Berlino.

Da questo momento in poi, finalmente protagonista, cominciò a delineare una figura più matura, l’eroe enigmatico, scorbutico ma incisivo ed energico, come Rico, il veterano de I professionisti (1966) o il maggiore Reisman di Quella sporca dozzina (1967). Ma forse il personaggio più incisivo fu Walker, il gangster tradito di Senza un attimo di tregua (1967): in un ambiente dove domina la violenza, Marvin disegna un individualista che si fa giustizia da solo, non per un qualche vantaggio personale, ma per una propria morale irrinunciabile. Dopo un originale film di guerra, Duello nel Pacifico (1968), negli anni ‘70 Marvin andò incontro a una serie di insuccessi commerciali per cui perse il favore del pubblico.

Nel 1980, però, Samuel Fuller gli regalò la possibilità di un ultimo splendido ruolo, il vecchio sergente protagonista de Il grande uno rosso. L’anno dopo si ritrova in Caccia selvaggia con Charles Bronson, con cui aveva interpretato Quella sporca dozzina, e ancora fa una breve ma significativa apparizione in Gorky Park (1983), accanto a William Hurt, e nel 1986 ricopre l’ultimo ruolo da duro in Delta Force (1986), accanto a Chuck Norris, testimoniando la propria grinta anche nella maturità avanzata.

Come molti altri attori interpreti di personaggi violenti e brutali, nella vita reale era una persona gentilissima e corretta, anche se con un irrefrenabile vizio del bere. Claudia Cardinale, che ha lavorato al suo fianco ne I professionisti, ha detto di lui: «Beveva sempre e tantissimo […]. Ma questo non toglieva nulla alla sua straordinaria capacità di attore e alla sua gentilezza di persona. […] La sera lo lasciavo al bar e l’indomani lo trovavo esattamente nello stesso posto. Una vera forza della natura. Anche dopo le peggiori sbronze notturne, non ha mai mancato un giorno di riprese, e neppure una battuta. Faceva una doccia e ripartiva»

Nonostante sia stato protagonista di molti film di stampo conservatore, Marvin era un convinto sostenitore del Partito Democratico e si oppose fermamente al segregazionismo razziale e alla guerra in Vietnam.
Muore il 29 agosto 1987 a causa di un infarto, all’età di sessantatré anni.
Aveva convissuto dal 1965 al 1970 con l’attrice Michelle Triola, senza sposarla. Nonostante questo, la donna aveva cambiato legalmente nome, aggiungendo Marvin al suo cognome, e dopo la fine della relazione fece causa all’attore per ottenere un assegno di mantenimento, che ovviamente le fu negato. La questione destò enorme scalpore all’epoca e finì su tutti i giornali. A parte questo episodio, decisamente poco romantico, Marvin si è sposato due volte e ha avuto quattro figli dalla prima moglie.

«Ogni volta che il pubblico vedeva la mia faccia in un film, sapeva due cose: che non avrei mai conquistato la ragazza, e che sarei probabilmente morto prima dei titoli di coda»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – agrpress.it – ciakhollywood – IMBd


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

12 pensieri riguardo “Lee Marvin, uno sguardo implacabile”

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