Maureen O’Hara, la regina del Technicolor

Così era stata soprannominata per i suoi splendidi capelli rossi e gli occhi verdi, che testimoniavano le origini irlandesi di cui è sempre stata fiera. Carattere caparbio e insofferente, sullo schermo come nella vita privata, contraddistinta da varie turbolenze sul piano sentimentale, qualche matrimonio sbagliato, parecchio alcool e un incessante sforzo di promozione della natia Irlanda, alla quale fu legata da un amore senza fine, acuito dalla nostalgia. Con i capelli al vento, un seno prosperoso sempre ben evidenziato, labbra sensuali che promettevano baci di fuoco e uno sguardo indomito e ribelle, negli anni ’40 era diventata l’eroina prediletta dei film d’avventura spesso ambientati su vecchi galeoni, assaliti da pirati e bucanieri; successivamente si era dimostrata perfetta anche come affascinante borghese, fresca di parrucchiere e impegnata a gestire zuccherose disavventure familiari.

Maureen FitzSimons nasce a Ranelagh, in Irlanda il 17 agosto 1920. Seconda di sei figli, crebbe in una famiglia cattolica irlandese molto unita: suo padre, Charles, era un uomo d’affari e sua madre, Marguerita, un’affermata attrice teatrale e cantante lirica. Maureen mostrò una propensione per la recitazione fin da piccola, quando allestiva spettacoli per la sua famiglia, e a scuola si dedicava al canto e alla danza. Ancora adolescente, si iscrisse alla prestigiosa Abbey Theatre School di Dublino, dove studiò recitazione e musica. Dopo il diploma, nel 1937, decise invece di cimentarsi nella recitazione cinematografica. Si trasferì quindi a Londra, dove fece un provino per un film inglese. Non fu scelta, ma la sua straordinaria audizione catturò l’attenzione di Charles Laughton. Dopo aver convinto Maureen a cambiare il suo cognome in O’Hara, Laughton contribuì a lanciare la sua carriera raccomandandola per il ruolo dell’orfana Mary nel film di Alfred Hitchcock La taverna della Giamaica (1939).

Nonostante le recensioni deludenti del film, O’Hara fu notata per la sua convincente interpretazione. Firmò quindi un contratto con la RKO, e si trasferì a Hollywood nell’estate di quell’anno, debuttando nel cinema americano nei panni dell’affascinante zingara Esmeralda, al fianco di Quasimodo, interpretato da Laughton, ne Il gobbo di Notre Dame. Due anni dopo offrì un’interpretazione toccante nei panni della figlia di una famiglia di minatori nel dramma Com’era verde la mia valle, che segnò la sua prima collaborazione con il leggendario regista John Ford. La dirigerà altre quattro volte nel corso degli anni ’50: in Rio Bravo (1950), Un uomo tranquillo (1952), La lunga linea grigia (1955) e Le ali delle aquile (1957). Ford la definiva «la miglior maledetta attrice di tutta Hollywood» mentre lei etichettò sempre i set del regista come «il paradiso di un grande artista che hai voglia di ammazzare ogni cinque minuti».

Negli anni ’40 fu scritturata al fianco dei principali attori di Hollywood in una serie di film di avventure marinaresche, di cui fu l’eclettica eroina: l’aristocratica Lady Margaret Denby, oggetto del desiderio del filibustiere Tyrone Power ne Il Cigno Nero (1942) di Henry King; la contessa Francesca, perdutamente amata dal pirata olandese Paul Henreid, in Nel Mar Dei Caraibi (1945); la rivale di Douglas Fairbanks jr. in Sinbad il Marinaio (1947) e la vendicativa figlia di uno sceicco arabo in Bagdad (1949), accanto a Vincent Price. In particolare, in Contro tutte le bandiere (1952) dimostrò di essere un’ottima schermitrice, come già nel precedente I figli dei moschettieri, dello stesso anno, dove era la degna figlia del prode Athos, pronta a ripeterne le gesta.

Sempre alla ricerca di ruoli che le consentissero di offrire opportuno spazio al suo carattere forte e determinato, diede comunque prova di una notevole versatilità, spaziando in generi diversi. Tra un film d’azione e l’altro, ebbe un ruolo nel classico natalizio del 1947 Miracolo nella 34ª strada, in cui interpretava una madre single le cui forti convinzioni razionali vengono messe in discussione da Babbo Natale. Nel 1950, entrò in una nuova fase della sua carriera quando fu scelta per interpretare la moglie separata di John Wayne nel romantico western di John Ford Rio Bravo. O’Hara condivise una grande alchimia cinematografica con Wayne e fu protagonista in una serie di film negli anni successivi: dopo Un uomo tranquillo e Le ali delle aquile, diretti entrambi da John Ford, seguirono McLintock (1963), vagamente ispirato alla Bisbetica domata di Shakespeare, e Il grande Jack (1971).

All’inizio degli anni ’60, diede prova della sua affascinante voce in una serie di apparizioni televisive, dischi e nel musical di Broadway Christine (1960). Più tardi, nello stesso anno, apparve al fianco di Alec Guinness nell’originale adattamento cinematografico del romanzo di Graham Greene Il nostro agente all’Avana, in cui dimostrò di avere anche talento per la commedia. Seguirono diversi ruoli più leggeri in film per famiglie, tra cui Genitori in trappola del 1961 con Hayley Mills e Brian Keith, e il successivo Mr. Hobbs va in vacanza, del 1962, con James Stewart. Dopo il già citato Il grande Jack, a fianco di John Wayne, O’Hara si ritirò a St. Croix, nelle Isole Vergini, con il suo terzo marito, l’aviatore Charles F. Blair, che aveva sposato nel 1968.

Dopo una pausa di 20 anni, tornò al cinema con un ruolo nella commedia agrodolce Cara mamma, mi sposo (1991), diretta da Chris Columbus a fianco di John Candy. Per il resto degli anni ’90, ottenne parti minori in una serie di film per la televisione, l’ultimo nel 2000, The last dance, in cui interpreta un’insegnante in pensione. Pur essendo stata più volte nominata per diversi premi, non ha mai ricevuto l’Oscar, fino a quello onorario, per la sua carriera cinematografica lunga sette decenni, arrivato nel 2014, e ritirato in sedia a rotelle, a 94 anni, l’anno prima di morire.

Il 24 ottobre 2015, Maureen O’Hara morì nel sonno nella sua casa di Boise, in Idaho.
Si era sposata a soli 18 anni con George Hanley Brown, nel 1938,  ma il loro matrimonio fu annullato nel 1941. Più tardi, nello stesso anno, sposò il regista William Price. La coppia ebbe una figlia, Bronwyn Price, prima del divorzio nel 1953. Il terzo matrimonio di O’Hara con l’aviatore Charles F. Blair si concluse tragicamente con la morte di Blair in un incidente aereo, il 2 settembre 1978.

 «L’aspetto peggiore della celebrità è vedere che i propri problemi personali, i dolori e le difficoltà,  diventano oggetto d’intrattenimento per il pubblico»

FONTI: suonalancorasam.com – iodonna.it – buscadero.com


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Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

6 pensieri riguardo “Maureen O’Hara, la regina del Technicolor”

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