Gene Hackman, cattivo suo malgrado

Stempiato fin da giovane, con una fronte perennemente corrugata, piccoli occhi azzurri, un naso ingombrante e un mento leggermente sporgente, ma un sorriso che trasmetteva simpatia e dolcezza. Queste le caratteristiche esteriori di un ineccepibile maestro dell’arte drammatica, che pure avrebbe tanto voluto far ridere.  Ma Hollywood lo ha frequentemente utilizzato in ruoli negativi o per lo meno ambigui, per via dei tratti duri del suo volto e di una fisicità adatta soprattutto ai film d’azione. E Hackman ha sempre lasciato il segno della sua presenza, anche nei ruoli secondari, grazie al suo sguardo che lasciava affiorare continuamente le emozioni e i cambiamenti di umore dei suoi personaggi.

Eugene Allen Hackman nasce il 30 gennaio 1930 a San Bernardino, in California. A 13 anni suo padre abbandona la famiglia e il giovane Eugene cresce con la madre. A 16 anni si arruola nei Marines e partecipa a numerose spedizioni, anche in Cina e in Giappone. Lasciati i Marines, fa molti lavori. Si interessa anche al giornalismo e alla televisione per poi decidere, intorno ai 30 anni di iscriversi alla Pasadena Playhouse per studiare recitazione. Gli inizi furono difficili. Recitò in alcuni spettacoli off-Broadway mentre contemporaneamente lavorava per un’impresa di traslochi, come commerciante di calzature, autista di camion e cameriere. Esordì sul grande schermo in Lilith, la dea dell’amore (1964) di Robert Rossen, ma fu con il ruolo di un fuorilegge in Gangster story (1967), di Arthur Penn, che ebbe i primi riconoscimenti, ottenendo una nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista.

Dopo altri ruoli minori, sempre da caratterista, interpretò il suo personaggio più rappresentativo, quello dell’agente della narcotici Doyle, dai modi bruschi e risoluti e dalla rabbia trattenuta a fatica, ne Il braccio violento della legge(1971), di William Friedkin. Per questo ruolo vinse l’Oscar come miglior attore protagonista, ma da allora in poi, per un bel pezzo, continuarono a essergli offerti solo personaggi violenti, dentro e fuori la legge. Nonostante fosse grato per le opportunità che i produttori gli offrivano, ammise che la natura dei suoi ruoli tendeva a far sì che Hollywood lo vedesse solo in un certo modo e, con grande dispiacere, sentì di essere stato etichettato come uno di quegli attori che riuscivano a far bene solo personaggi che usavano la brutalità per raggiungere i propri scopi. Per questo motivo, si pentì di non aver esplorato a sufficienza altri generi.

Forse l’unica e vera variazione fu la sua sorprendente interpretazione del vecchio eremita cieco, all’interno della pellicola di Mel Brooks, Frankenstein junior, del 1974.  Personaggio che il pubblico adorò per la feroce, intelligente, e divertentissima parodia dell’eremita dei film gotici.
Cogliendo di sorpresa tutti quanti, Hackman diede vita a una delle più spassose scene del cinema comico, tra zuppe calde rovesciate sul grembo del mostro di Frankenstein e pollici che vanno a fuoco al posto dei sigari. E dire che fu Hackman stesso a candidarsi per quel ruolo, desideroso di provare a far ridere veramente gli spettatori, tanto che recitò gratis pur di far parte del cast. Impensabile che sotto quella parrucca e quella folta barba si nascondesse in realtà l’eroe del Poseidon e il silenzioso investigatore privato de La conversazione di Francis Ford Coppola.

In seguito i suoi personaggi, apparentemente forti e virili, sono apparsi sempre più disincantati e malinconici, come il cowboy di Stringi i denti e vai! (1975) di Richard Brooks e il detective privato di Bersaglio di notte (1975) di Arthur Penn. È apparso poi tra i protagonisti del film bellico Quell’ultimo ponte, di Richard Attenborough, prima di caratterizzare, con volontari eccessi mescolati a un tocco di autoironia, un cattivo da fumetto, il folle Lex Luthor antagonista di Superman, in tre film della saga, dal 1978 al 1987. “Ho adorato lavorare in quella saga, perché mi è stato permesso di interpretare un personaggio dalla cattiveria comica eccezionale” dirà a proposito di quell’esperienza.

Oltre alla commedia, Hackman avrebbe voluto provare un altro grande genere di Hollywood: il dramma romantico. Ma ancora una volta si scontrò con le barriere dei produttori, che volevano per quei film solo i bellocci di quegli anni. Colleghi con volti da fotoromanzo come Warren Beatty, Robert Redford, o Ryan O’Neal. Riuscì nell’impresa solo quando gli proposero di interpretare un operaio siderurgico, tentato da una relazione extraconiugale, nel film del 1985 Due volte nella vita. Anche negli anni ‘80 la sua attività è continuata senza soste. Dopo un ruolo secondario in Reds (1981) di Warren Beatty, ha alternato figure positive ad altre negative: tra le prime vanno ricordati il colonnello che con i suoi soldati cerca di liberare il figlio in Fratelli nella notte (1983); il giornalista che si trova in Nicaragua alla vigilia della rivoluzione in Sotto tiro (1983); l’ex agente della CIA al quale viene rapita la moglie in Target ‒ Scuola omicidi (1985); il tenace allenatore di basket in Colpo vincente (1986) e soprattutto il risoluto federale antirazzista di Mississippi burning – Le radici dell’odio(1988).

Tra i ruoli negativi rientrano l’uomo d’affari che trascura il figlio maggiore in Incompreso ‒ L’ultimo sole d’estate (1984) o il segretario della Difesa di Senza via di scampo (1987). Sempre legato a personaggi d’azione, come in Power (1986) di Sidney Lumet, Bat 21 (1988), e Uccidete la colomba bianca (1989), è tuttavia entrato con estrema disinvoltura nel clima introspettivo del cinema di Woody Allen con Un’altra donna (1988), in cui ha interpretato il ruolo dello scrittore un tempo innamorato della protagonista. E ha sempre caratterizzato ogni ruolo in maniera originale e convincente, senza mai riprodurre i suoi personaggi in maniera stereotipata. Tranne rare eccezioni, come il biografico Cartoline dall’inferno (1990), dagli anni ‘90 il suo volto è stato spesso utilizzato nel cinema di genere, senza tuttavia alcuna preferenza particolare.

Lo abbiamo visto, ad esempio, nel filone giudiziario: in Conflitto di classe, del 1991, dove è l’avvocato che ha come avversario la propria figlia in un’aula di tribunale, ne Il socio, del 1993, accanto a Tom Cruise, dove interpreta l’ambiguo e disonesto avvocato di cui ha saputo rendere anche la redenzione, e nel drammatico L’ultimo appello, del 1996, dove è il nonno di un giovane avvocato, che cercherà di salvarlo dalla condanna a morte. Si è distinto anche nel genere western: è stato lo sceriffo de Gli spietati nel 1992, guadagnandosi Oscar e Golden Globe, il generale di Geronimo (1993), il padre di Wyatt in Wyatt Earp (1994) e il padrone despota, nonché esperto pistolero della cittadina di Redemption, in Pronti a morire (1995). Ci ha regalato due fantastiche incursioni nella commedia, con il regista di film insignificanti di Get shorty, del 1996, e il politico conservatore di Piume di struzzo, dello stesso anno.

Ma la sua vocazione principale rimane per l’action movie: interpreta il viceprocuratore che viene inseguito, con la sua testimone, da alcuni killer in Rischio totale (1990), il capitano del sommergibile in Allarme rosso (1995), e l’ex spia in Nemico pubblico (1998) di Scott. Verso la fine del millennio ci regala due interpretazioni in cui riesce a conferire al suo personaggio un’ambiguità nascosta e un senso di disprezzo anomali rispetto ai suoi ruoli abituali: il presidente degli Stati Uniti, coinvolto nell’omicidio della propria amante, in Potere assoluto, del 1997, e il ricco possidente sospettato dell’omicidio di una bambina, in Under suspicion, del 2000.

Nel nuovo millennio lo troviamo ancora sullo schermo in ruoli significativi. Solo nel 2001 si impegna in ben cinque pellicole: a partire da ruoli più leggeri come in The Mexican e Heartbreakers, fino alla contagiosa follia de I Tenenbaum di Wes Anderson; poi il rapinatore de Il colpo, di Mamet e l’ammiraglio, comandante della missione, nel dramma bellico Behind Enemy Lines. Conclude la sua lunghissima carriera con La giuria, del 2003, in cui per la prima volta ha occasione di recitare accanto a Dustin Hoffman, suo amico dai tempi della scuola di recitazione, e Due candidati per una poltrona, del 2004, una commedia in cui interpreta un politico egocentrico e dispotico, tanto da risultare simpatico. Vincitore di un Golden Globe alla carriera nel 2003, l’anno successivo, decide di ritirarsi dalle scene e di dedicarsi alla scrittura.

Molto riservato sulla sua vita privata, sempre vissuta lontano dal glamour, dopo il ritiro dalle scene non si sono avute notizie dell’attore, finché il destino gli ha giocato il brutto tiro di mettere letteralmente in prima pagina la sua scomparsa, in maniera impietosa, come solo i tabloid americani sanno essere. Il 27 febbraio 2025 l’attore è stato trovato morto nella sua casa, insieme alla seconda moglie, la pianista Betsy Arakawa, per cause inizialmente sconosciute. Dopo gli accertamenti della polizia scientifica, si è giunti alla conclusione che l’attore sia morto per arresto cardiaco, probabilmente intorno al 18 febbraio, una settimana dopo la moglie, fulminata da un virus letale. L’attore era padre di tre figli, Christopher, Leslie e Elizabeth, avuti dalla prima moglie, Fay Maltese, con cui era stato sposato per trent’anni, prima del divorzio nel 1986.

«Ho sempre considerato recitare come un lavoro, e ogni ruolo era per me un nuovo incarico. Ho cercato sempre di svolgerlo con serietà e professionalità, come ho fatto per qualunque altro lavoro che ho svolto nella mia vita»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – mymovies


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Avatar di Sconosciuto

Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

20 pensieri riguardo “Gene Hackman, cattivo suo malgrado”

  1. Sai che non ricordavo la sua interpretazione del vecchio eremita cieco? Sarà che quel film l’ho visto secoli fa… (ieri quando hai pubblicato una citazione di Bruce Willis, vista via mail e non trovata qui, mi è prese un colpo, sapendolo malato). Certo, è incredibile l’ultima foto: irriconoscibile.

    Piace a 1 persona

    1. E poi ho cercato una foto in cui fosse ancora dignitoso, ma i giornali hanno pubblicato delle foto in cui la demenza è evidente e il decadimento ancora più avanzato. Trovo che sia irrispettoso questo sciacallaggio. Non so se hai letto che qualche reporter ha cercato di scattare foto ai cadaveri in decomposizione, come sono stati trovati dalla polizia. Siamo diventati delle bestie.

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    1. E’ la prima volta, ma siccome prendo da vari siti in qua e in là, probabilmente ne hai letto anche tu, visto che si è parlato molto di lui. E poi avevo pubblicato gli aneddoti su di lui qualche settimana fa.

      Piace a 1 persona

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