Christopher Reeve, la forza di non arrendersi

Il suo nome completo era Christopher D’Olier Reeve, ma per noi sarà sempre Superman, anche se nella sua carriera ha fatto molte altre cose. Nasce a New York, il 25 settembre 1952. Figlio di uno scrittore e di una giornalista, aveva cominciato a calcare i palcoscenici teatrali fin da bambino. I genitori si separano quando ha solo 4 anni, perciò si trasferisce a Princeton con la madre e il suo nuovo compagno; è proprio a Princeton che comincia a recitare, entrando in una piccola compagnia teatrale a soli 9 anni.  Tornerà a New York per studiare alla Juilliard School, dove conosce e fa amicizia con Robin Williams.

Partito per l’Europa, recita al National Theatre di Londra e alla Comédie-Française di Parigi; in seguito, rientrato negli Stati Uniti, prosegue la sua carriera teatrale e inizia anche a lavorare in televisione. È grazie al suo forte carisma e alla grazia del suo portamento che nel 1976 viene preferito a molti altri attori esordienti per affiancare Katharine Hepburn in uno spettacolo teatrale, diventando così grande amico della star. Si racconta che spesso l’attrice parlasse del suo ritiro dalle scene, visto che aveva allora quasi settant’anni, e che Reeve fosse solito risponderle, forse per galanteria, “Miss Hepburn, io non penso che vivrò così a lungo.” Purtroppo la sua frase è stata tristemente profetica.

Nel 1978 debutta al cinema con il film di avventura Salvate il Gray Lady, ma raggiunge la celebrità nello stesso anno quando viene scelto tra moltissimi candidati per la parte di protagonista nel kolossal Superman di Richard Donner, cui seguono altri quattro capitoli. Dotato di un fisico atletico e di una bellezza dai tratti regolari, ma anche di una particolare eleganza nel portamento, era perfetto nel ruolo del supereroe, ma dimostrò poi di saper affrontare anche ruoli di maggior spessore.

Nel 1980 è il protagonista del romantico fantasy Ovunque nel tempo, accanto a Jane Seymour, mentre due anni dopo è l’antagonista di Michael Caine nel thriller Trappola mortale di Sidney Lumet; è un raffinato ed elegante esponente dell’alta borghesia statunitense ne I bostoniani, di James Ivory, del 1984; è un imbranato attore teatrale in Rumori fuori scena, di Peter Bogdanovich, del 1992, ed è un ricco americano in Quel che resta del giorno, ancora di Ivory, del 1993; infine è il protagonista nel remake de Il villaggio dei dannati, diretto da John Carpenter nel 1995. L’anno successivo ha un incidente che gli cambia radicalmente la vita.

Durante un allenamento, viene disarcionato dal suo cavallo e cade, procurandosi la lesione di due vertebre cervicali. Rimane paralizzato dal collo in giù. Superman sembra spezzato, ma saprà reagire agli eventi. È la sua seconda vita. Affronta la sua condizione e ne esce con più forza di quando indossava il mantello da supereroe. Finché può, cerca di pagarsi le cure da solo, ma quando la sua famiglia rischia il lastrico, arrivano molti attori hollywoodiani, fra cui l’amico Robin Williams, che decidono di aiutarlo. Non riesce a stare senza far niente, e non potendo dedicarsi alla recitazione, si impegna in altro: supporta attivamente lo studio dei traumi del midollo spinale e dà vita alla Christopher Reeve Foundation con il fine di aiutare psicologicamente le persone affette da lesioni alla colonna vertebrale, meno fortunate di lui.

S’impegna come attivista in difesa dei diritti dei disabili, sostenendo la ricerca sulle cellule staminali e sulla clonazione terapeutica. Mano nella mano con la sua compagna di vita, fonda il “Christopher and Dana Reeve Paralysis Resource Center”, un ospedale in New Jersey, con l’obiettivo d’insegnare ai disabili a vivere in maniera quanto più possibile indipendente. La sua forza d’animo e la sua volontà sono d’esempio a molti. Con un pacemaker polmonare, inaspettatamente ritorna a recitare. È il 1998 e ad attenderlo c’è il ruolo di Jason Kemp nel remake televisivo del capolavoro di Hitchcock La finestra sul cortile, per il quale è nominato ai Golden Globe. È l’inizio di una nuova carriera, sia pure televisiva. Prende parte al serial The Practice, nel 2003, e fa parte del cast di Smallville, il telefilm che tratta dell’adolescenza di Clark Kent.

Diventa persino regista dirigendo, nel 2004, un film per la televisione, Il coraggio di una madre, e il cartone animato digitale Piccolo grande eroe, che uscirà postumo. Si dedica anche alla scrittura, con la biografia Still Me che diventerà un best seller e vincerà persino un Grammy per la versione audio del suo libro, all’interno del quale protestava contro la politica sanitaria del governo americano. Scrive anche Nothing is impossible: reflections on a new life, in cui racconta, in maniera realistica e senza filtri, il suo percorso di rinascita nel tentativo di trasmettere la sua esperienza anche ad altri nella stessa situazione.

Sicuramente molto sfortunato, Reeve ha però sbagliato anche parte delle sue scelte professionali, rifiutando negli anni pellicole eccezionali. Non volle fare American Gigolo, perché il ruolo lo imbarazzava, e rifiutò Pretty Woman per via di certi screzi con Julia Roberts; rifiutò anche la parte di Fletcher Christian ne Il Bounty del 1984. Si sentiva inadatto alle scene spinte di Brivido caldo, che faranno la fortuna di William Hurt, e non ne volle sapere di interpretare All’inseguimento della pietra verde nel 1984. Non perché si fosse montato la testa, ma perché proprio non si vedeva in quei ruoli.

Nonostante il grande fascino, ha pochissime storie con le donne. Da una di queste relazioni, quella con la modella Gae Exton, nasceranno due figli, Matthew e Alexandra. Nel 1992 ha la fortuna di sposare Dana Morosini, che gli dà un terzo figlio, Will, ma soprattutto sarà fondamentale per aiutarlo ad affrontare la sua tragedia. Disgraziatamente, anche l’uomo d’acciaio si piega. Il 10 ottobre 2004, a 52 anni, viene ricoverato per un attacco cardiaco, conseguente a una grave infezione provocata da una piaga da decubito. Muore al Norther Westchester Medical Center di New York, amorevolmente accudito fino alla fine dalla moglie Dana.

«Un eroe è un individuo normale che trova la forza di andare avanti e sceglie di vivere, nonostante enormi difficoltà e ostacoli che sembrano insormontabili. Una volta che hai scelto la vita, tutto diventa possibile.»

FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – mymovies.it – kataweb.it

Autore: Raffa

Appassionata di cinema e di tutte le cose belle della vita. Scrivo recensioni senza prendermi troppo sul serio, ma soprattutto cerco di trasmettere emozioni.

8 pensieri riguardo “Christopher Reeve, la forza di non arrendersi”

  1. quindi lei gli sta accanto anche dopo la tragedia? grande donna
    io di lui so solo di superman e della tragedia (ironia, l’amicizia con williams altra vita tormentata); mi ha fatto piacere che è riuscito ad avere una carriera brillante anche dopo 🙂

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Paola

Nel mentre aspetto che cadano le foglie

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